da Opere scelte, a cura di Alessandro Ramberti, FARA 2014
recensione di Emilia Dente
Il passo verde
È l’urlo taciuto nel
ventre della bara il respiro
profondo dei versi dalessiani
custoditi ne “Il passo verde”.
L’urlo taciuto che echeggia aspro e dolce nei versi intessuti di malinconica dolcezza, nell’abisso del
tramonto dove l’albero del dolore regge i
sogni a malapena. Antonio, figlio amato, bello per sempre di fronte all’Eterno, attraversa con
leggerezza la melodia dei versi, e
sorride distante, ma mai lontano, perduto e ritrovato concerto di mare verso le sabbie dorate di
Camerota, nell’alito vitale
della poesia, quella poesia che è respiro / tiene in vita / soffia dentro / malinconia di sogni. E
allora, nella rugiada dei versi meglio
è sentirti con me / immergere gli occhi nel cielo / limpido delle terre verdi /
dove siamo nati, Antonio / sussurra il padre, sussurra il poeta, che
riconosce, pure nel buio del più profondo dolore, che il temporale grida dentro le montagne, si arrende a quella Energia
della vita che non si può fermare, e, teneramente ricorda stamane
eravamo / usciti con il passo verde: non temere il buio/ quando arriva l’alba.
E nel chiarore velato dell’alba che faticosa emerge dal buio, il passo verde attraversa il cammino dei versi lacerati dalla vita,
inerpicandosi per i sentieri scoscesi e duri della sua terra, il Sud di miseria e tradimenti, dove
pure l’alba è nuova, come già , anni
prima, diceva il poeta e
scrittore lucano Rocco Scotellaro che D’Alessio, sin
dall’incipit della silloge, chiama
accanto a sé, faro nella tempesta della tormentata scrittura. Si
incontrano così, per questi tormentati sentieri, tanti giovani del Sud, quei
giovani che Sciamano / rondini anonime dal deserto / delle nostre terre / pugni
stretti ai fianchi solchi / sulla fronte portano la dignità / dei sogni avuti
al sole, i giovani che vanno via, come Carmen Giannatasio, usignolo vestito d’umano, eccezionale
soprano, voce limpida dalla terra dei
lupi, orgoglio della terra meridionale, applaudita nei teatri del mondo, o
Giovanna Iorio, scrittrice e poetessa, che, dalle sorgenti delle parole amare della terra meridionale ha fatto sgorgare meravigliosi canti
lirici. Ma anche i tanti giovani che restano, i tanti poeti irpini avamposto nella neve, che hanno posto
il cuore alle radici dell’ulivo, e resistono con la fiducia
che i semi / nell’alito del seno / portano il pane. Negli occhi e nel cuore dei giovani del Sud,
di tutti i giovani del Sud l’onore mai smarrito si colora del verde vitale
dei monti, degli alberi maestosi e della natura, cornice, sfondo e dirompente
essenza dei versi. L’onore e
l’amara forza dei giovani del Sud ha la limpida tenacia dell’acqua che sgorga
dalle sorgenti antiche, il respiro infinito dell’azzurro cielo di luglio nell’alito rovente di una avara zolla d’amore.
Un tormentato ed
amaro canto d’amore e di speranza questa silloge poetica di Vincenzo D’Alessio
in cui l’irruenza del sentire si riflette nella fluente intensità dei versi, e in cui la scrittura non trova il
sollievo della pausa, ma ha l’affanno
implosivo della verità e della lotta. E la voglia, sempre di camminare / nei vicoli affaticati
d’umiltà per sentire ancora, sempre il
passo nascosto del Dio della vita.
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