lunedì 20 gennaio 2014

Su AA.VV., La memoria e l’attesa Poesia a Grumello

deComporre Edizioni, 2013

recensione di Vincenzo D'Alessio

L’antologia per me costituisce un dolce multistrato, per dirla in termini pasticcieri una torta millefoglie, dove la crema unisce gli strati rendendoli soffici. Nel nostro caso i poeti Graziani, Mori, Nasr, Sansonetti, Villani e Zanotti costituiscono gli strati con le loro composizioni. La Poesia è la crema che amalgama le loro poetiche. Il luogo deputato in questo caso, per meglio dire sodalizio di pensiero, è stato fondato a Grumello nel cremonese. Artefice di questa amicizia condivisa è Giacomo Graziani che apre con l’eponima introduzione l’opera.
Gli autori sono “Molto diversi uno dall’altro, se non addirittura inconciliabili, (…) un libero gruppo animato dall’interesse per la poesia”, così scrive Silvio Aman nella postfazione a questa Antologia poetica. Il senso della pubblicazione è la divulgazione della poesia come mezzo insostituibile per affrontare una parte della realtà che ci circonda, anche in tempi angusti come quelli di questo inizio XXI secolo.
Abbiamo scelto, per ora, le poesie di Alberto Mori (già incontrato nella raccolta Esecuzioni, FaraEditore, 2013) ché le sue performance declinano spazi e tempi diversi alla costante ricerca dell’attenzione partecipata da parte di chi legge: una vera e propria provocazione a cogliere la bellezza dell’esistente attraverso il verso: breve e tagliente. Il Nostro si affida al pensiero filosofico di Emanuele Severino per tenere al guinzaglio le malvagie bestie che da sempre divorano il futuro non solo poetico: “Poco altro / Baule richiuso / Car Wash finito / Il fermaglio d’oro per il pacco banconote / Sudore sotto le ascelle / Zelo Buon Persico / Dall’altra parte della strada” (pag. 36).
L’apparire, questo è il meglio della civiltà contemporanea. L’avere il più possibile è il raggiungimento finale di ogni essere umano, oggi. E il poeta che fa? Sogna?! Non a caso l’idea e la provocazione della “poesia a strappo” appartiene al Nostro. Egli in una lunga intervista rilasciata a Michele Luongo, direttore della rivista Via Cialdini dichiara: “Dal 1995 [questa idea, ndr.] rende pubblica la poesia attraverso l’affissione delle poesie assemblate in blocchi strappabili e posizionate su pannelli nelle piazze e nei luoghi d’Italia sensibili a questo gesto libero e disinteressato che permette al lettore di prendere con sé quanto incontra con gli occhi.”
Quanti sono i lettori di poesia nella nostra terra? Abbiamo tradizioni eccezionali di poeti e poesia ma gli occhi che seguono questi “strani soggetti” sono troppo, troppo pochi. La necessità di leggere è un “vizio assurdo” per un popolo sempre preso dalla sopravvivenza personale e familiare e dalla fuga costante dagli inganni della politica e dalla furia di chi possiede di più. Proprio questi ultimi avvertono meno la necessità di arricchirsi d’Arte poetica.
Alberto Mori è, in questa antologia, il menestrello che avverte: “Così siamo quello che memoria compone e parola rivela”. Egli conosce, però, i limiti della parola che bene ha evidenziato il filosofo Emanuele Severino nel testo Oltre il linguaggio (Adelphi, 1992) e che è difficile raggiungere il segreto della rivelazione in poesia attraverso “spazio e tempo”. Faccio mie le parole della postfazione di Aman nell’indicare al probabile lettore la strada da seguire per intuire la creatività poetica del Nostro: “Alberto Mori, poeta della totale dissoluzione lirica, volto a inscenare con grande maestria la parola (…) Il punto di massima riduzione fino alla soglia del nulla, tramite presenze in negativo o quasi aniconiche, si trova nel pezzo composto da questi soli due versi: La casa di fronte scompare / restano occhi per nebbia assente” (pag.103).
Il ricorso agli occhi, uno dei sensi umani, come telecamere delle vicende che ci scontrano con il reale, oltre le immagini dei luoghi e della memoria: “corpo sensoriale delle azioni”, è l’invocazione all’incontro di altri occhi (leali), con i quali intessere il cammino pur breve dell’esistere che ci accomuna: “Nei sobbalzi l’IPhone appeso in mezzo ai seni / sfiora ed accende schermate” (pag. 35).

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