Fara Editore e i giurati del concorso Insanamente 2013
Andrea Parma, Angelo Chiaretti, Caterina Camporesi,
Claudio Roncarati, Guido Passini, Federica Volpe
per la sezione Poesia
Andrea Parma, Angelo Chiaretti, Caterina Camporesi,
Claudio Roncarati, Guido Passini, Federica Volpe
per la sezione Poesia
Alessandra Pederzoli, Alessandro Chiarini, Daniela Mena,
Elisabetta Sala e Luciano Palumbo
per la sezione Racconto
(in particolare dott. Claudio Roncarati)
la premiazione avrà luogo
nell'ambito di esportiamoci
mercoledì 4 settembre 2013
dalle ore 21.00
presso Le Dune di Marina Grande di Viserba
Via G. Dati 19/g, tel. 0541.736427
Classifica Poesia
per la sezione Racconto narrabilando.blogspot.it
Primo Classificato con medaglia
Presidente Repubblica
Grammi – L'Angelo Imperfetto di Paolo Assirelli (Rimini)
Ho apprezzato lo stile elegante ed il tono
discorsivo e lieve con cui il poeta si confronta col tema impegnativo del
trascorrere del tempo e della mortalità dell' uomo. (Claudio
Roncarati)
Questo insieme di
testi mi ha colpito per il suo buon livello espressivo e la sua padronanza del
linguaggio e degli strumenti poetici. Il tema, sviluppato in un modo non
immediatamente evidente, si dipana però all'interno dell'opera in una moderata
follia, che la voce dell'autore sa impugnare con cautela ed eleganza. (Federica Volpe)
L’ANGELO IMPERFETTO
Esistono alberi che non danno fruttiventri secchi che non feconda mai
nessuna
pioggia – o più semplicemente
ci sono sulla terra seni imperfetti, sindattilie,
bocche che scuciono male le parole
labbra di lepre che si correggono a fatica
coi tempi del chirurgo, e le lacrime degli occhi.
Non importa cercare lontano, è dietro casa
il sacco delle botte, il bambino mancato alla
bellezza
e all’ala dell’angelo, il naufragatore del migliore
dei mondi, l’impallinatore di Dio.
O forse sbaglio –
mi capita sovente da un po’ di tempo, adesso –
il bambino è l’angelo, che vola già sui tetti
un occhio azzurro e l’altro grigio
come l’asfalto riflesso della strada, dal piede
torto
possente nell’alzarsi, e lieve nel planare
l’angelo imperfetto
che ancora canta mentre il mondo lungamente tace.
I
RISORTI
Come risorgerà mia madre?
Sarà la vecchia demente che legge
lettere inesistenti (il sole è alto
lei non se ne cura, la macchina dei gesti
gira, e gira) o la ragazza magra
al braccio di mio padre? E di lui
che cosa è stato? La foto mi dice
che sorride – poi, ci vuole un soldo solo
a immaginarlo che parla con le ombre
dove è adesso hanno tutti tempo
il filosofo il fabbro il pescivendolo.
Benigno,lui
attende quella vecchia per curarla -
le darà il braccio, avrà pazienza
c’è un alfabeto da imparare
e l’intera
grammatica di Dio.
Grammi
La
vita di un uomo in fondo
la
misuri in grammi:
un
pizzico di pervicacia
un’oncia
di gloria ( un gesto, una frase )
l’effimera
allegria di un ritorno
e il
resto dei giorni per contare.
Ma il
volto di mio padre io lo ricordo
come se fosse adesso: ha la mia età
come se fosse adesso: ha la mia età
forse
anche meno, sorride e cuoce
le
patate. D’incanto, e per sempre,
la
vita si squaderna qui davanti
come
il sole felice del mattino.
PENSO A PESSOA
Penso a Pessoa –
un tavolino al caffè, una
sedia
la sigaretta ormai solo
cenere
l’attesa di niente,
mentre la luce
esatta dell’Atlantico è
cornice
che basta a sé stessa, e
a quel poco
di mondo che ognuno
conosce
un passero è fermo qui a
terra
a un metro – poi si alza
e sparisce
il tavolo
l’uccellino
la penna
la fine comincia
che ossimoro, che inutile
gioia
06.05.11
(…)
Secondi classificati ex aequo
Gli astri matti di Claudio Pagelli (Rovello Porro, CO)
Claudio Pagelli nasce a Como nel 1975. Autore de L’incerta specie (LietoColle, 2005), Le visioni del trifoglio (Manni, 2007), Ho mangiato il fiore dei pazzi (Dialogo,
2008), l’e-book Buchi bianchi
(Clepsydra, 2010), Papez (L’Arcolaio,
2011). Con opere di Emanuele Gregolin e Gianluigi Alberio pubblica inoltre
alcune plaquettes artistiche (PulcinoElefante, Osnago). Premiato in numerosi
concorsi letterari di interesse nazionale,
sue poesie compaiono in cataloghi d'arte, riviste di settore e siti a tema.
Dal 2004 Presidente dell'Associazione Artistico Culturale Helianto
(www.helianto.it), vive e lavora a Rovello Porro (CO). Per ulteriori
informazioni www.claudiopagelli.weebly.com
Per l’eleganza, l’originalità, l’ironia… e
perché queste poesie sarebbero piaciute anche a Margherita Hack. (Claudio Roncarati)
Questa raccolta,
con le sue voci un po’ matte riesce a creare un testo godibile e con qualche
riflessione molto interessante. Anche se non mancano delle sbavature stilistiche,
il risultato finale è gradevole e leggero. (Federica
Volpe)
GLI ASTRI MATTI
“… nel vuoto che hai lasciato, / come una stella” (Elio Pagliarani)
“stelle, coro primo”
sai che tutto passa
anche questa paura
di rimanere senza luce..
(che poi il buio
è una stella che non si
vede)
“il
canto di frate sole ai tempi della crisi”
qui si suda
da matti, ragazzi,
lavoro ogni giorno
tutto il giorno
neanche un secondo
per la pausa pranzo…
fate voi: otto mondi
di tutti i colori
sospesi in cielo
(per non dire di Plutone
e qualche milione
di comete stralunate)
e come se non bastasse
eccovi a predire abilmente -
“oh guarda, un'altra macchia
sulla
guancia, mi sa che il vecchio
sta
tirando le cuoia”
senza fiducia siete – se la
Terra si rabbuiasse
anche solo per un istante
voi iniziereste – già vi sento –
a parlar male del sottoscritto
“ha fatto il suo tempo, è ora di sostituirlo
con
qualcosa di più moderno –
una
stella elettrica, un incendio in orbita”
ma state pur tranquilli
che io la testa
ancora non l’ho persa,
mica come voi
che strillate ad ogni inciampo
e col fuoco vi bruciate
mentre io, miei
cari, ci campo…
“stelle, coro
secondo”
la stella urta il picco,
scivola
nella
bocca della luce -
ricomincia
come briciola
come
tosse che passa l'aria
senza
il peso della colpa
“cenerentole”
vedi
quel vapore
sopra
il corpo grande del mare?
è
il respiro, il fiato bianco del sole
che
per contestazione
ha
lasciato l’ufficio dei cieli.
(si
dice di una lite sul salario,
di
un dissidio col Grande Capo)
e
ora russa di gusto
gonfiando
la pancia,
la
testa ben affondata
dentro
un cuscino d'acqua azzurra
obbligando
agli straordinari
quelle
cenerentole delle stelle
che
non vantano neanche
il minimo sindacale…(…)
La nave dei folli di Giovanna Iorio (Roma)
Giovanna
Iorio vive e lavora a Roma. Ha tradotto testi
di poesia e di narrativa. Per Einaudi La
Vergine nel giardino di Antonia Byatt. Per Mobydick Dopo Lungo Silenzio, otto poetesse irlandesi. Per le edizioni Via
del Vento i volumetti: Falene di
Eavan Boland; Scene da un bordello di
Medbh McGuckian. Per Trauben Edizioni Testo
di Seta di Eilean Ni Chuilleanain. Ha pubblicato racconti e poesie in
antologie e in volume. Tra le pubblicazioni recenti: 100 storie per quando è troppo tardi, AA.VV. (Feltrinelli); Roma per Roma (Edizioni Progetto
Cultura); Il libro degli oggetti smarriti
ne La forza delle parole, Fara
Editore; Rosso da camera, AA.VV.
Perrone Editore; La mamma è la mamma,
Mondadori; La memoria dell’acqua,
Ghaleb Editore; Mare Nostrum, CFR; In-chiostro, Delta3; L'altalena del satiro in Percezioni dell’invisibile (L’Arca
Felice, AA.VV ). È autrice di narrativa breve per Storiebrevi.it,
il sito della Feltrinelli e dell'ebook Sei
storie adrenaliche (AA.VV.). Per il Cantiere di Radio Rai 3 ha scritto i
radiodrammi: Il delitto dello spazio
misurato, La fine del mondo, L'uomo in ritardo e I sei piani con le musiche del Notturno Concertante.
Redattrice del blog Letterario
“Finzionimagazine”, si occupa di recensioni e di due rubriche fisse: Tempo di
Leggere e Bookatini. Scrive quotidianamente sul blog Amici di Letture e
di Leggerezza. A settembre usciranno la raccolta di
haiku Al cappero piace soffrire
(Edizioni Progetto Cultura) e la silloge Una
Venere nel Tevere (CFR).
Splendide poesie drammatiche, capaci di
denunciare e sensibilizzare senza diventare mai retoriche. Ha ragione il poeta
a ricordarcelo: è sempre presente il rischio che la nave dei folli possa
salpare ancora. (Claudio Roncarati)
Il duro viaggio
di un’umanità alla deriva sulla nave dei folli, che a volte lascia sulla
spiaggia una perla, è raccontato in versi nitidi che condensano dolore,
solitudine, speranza. (Caterina Camporesi)
Premio,
di questo testo, la volontà di creare un elaborato coerente, e soprattutto
l'idea, molto originale, che poteva sicuramente essere svolta e trattata in un
modo migliore, ma che sviluppa a suo modo uno stile in linea con il tema
trattato. (Federica Volpe)
La nave dei folli
“Consuetudine medioevale all’inizio della primavera nelle
Repubbliche Anseatiche, tutti i pazzi, i diversi, i giullari, gli squinternati,
compresi eretici, liberi pensatori e prostitute irregolari, venivano a forza
imbarcati su una nave priva di timone alla deriva. Il vascello veniva poi trascinato al largo e affidato alle
correnti ascendenti che lo accompagnavano immancabilmente al Nord, nel Baltico,
fra i ghiacci.” (Dario Fo, Il Matto
e la Morte)
“Io non parlo secondo Dio, ma come se fossi un folle.” (San Paolo)
1.
La nave dondola
al largo scarpone senza lacci
legno senza timone.
Ero una bambina
nuvola in una bottiglia
caduti in mare occhi
che sanno nuotare per ore.
Ecco la nave dei folli
disse la donna
la voce tagliata
dal gelo del vento
parole sgorgate
dal petto.
Ecco la nave dei folli
salpa a primavera
gabbia di derelitti uccelli
senz’ali
mendicanti donne uomini
solitari.
Ecco la nave dei folli
gabbia che ci attende tutti
negli angoli bui
passato che torna a riva
nel lampo improvviso di un dente
d’oro
nella bocca della zingara
uno specchio d’acqua
cattura allodole.
Ecco la nave dei folli
mia silenziosa bambina
in rotta verso i ghiacciai
con i lacci sciolti
ombra che avanza
ventre gonfio che sfiora
il molo.
2.
Ero una bambina senza parole
aggrappata alla ringhiera
la bocca sulla pelle del mare
dolce bacio d’acqua salata
guardavo i gabbiani e scesi a
frugare
a beccare un’ ombra.
La nave dei folli
scalzi storpi straziati
camminano sui carboni ardenti
sulle pietre che hanno dentro
le voci.
3.
Il primo a parlare è
il matto.
Si torce la lingua
ha in bocca una spugna
imbevuta d’aceto
una smorfia di carne
appollaiato sull’albero
uccello risorto attaccato alla croce
della nave dei folli
urla ai gabbiani
dalla torre di legno
un crocefisso tormentato
sulla gente assetata
s’aggrappa alla voce
tre giorni per risorgere
dice suo padre.
Avvicinati bambina
Dimmi: chi ti ha mangiato
la lingua, dimmi
chi è stato?
- Il gatto.
Dimmi chi ha messo
il pesce in gabbia
- Il ratto.
Portami polenta fritta, io sgrano
il rosario di parole
sulla nave dei folli.
(…)
le voci.
3.
Il primo a parlare è
il matto.
Si torce la lingua
ha in bocca una spugna
imbevuta d’aceto
una smorfia di carne
appollaiato sull’albero
uccello risorto attaccato alla croce
della nave dei folli
urla ai gabbiani
dalla torre di legno
un crocefisso tormentato
sulla gente assetata
s’aggrappa alla voce
tre giorni per risorgere
dice suo padre.
Avvicinati bambina
Dimmi: chi ti ha mangiato
la lingua, dimmi
chi è stato?
- Il gatto.
Dimmi chi ha messo
il pesce in gabbia
- Il ratto.
Portami polenta fritta, io sgrano
il rosario di parole
sulla nave dei folli.
(…)
Terzi classificati ex aequo
Trittico di Domenico Cipriano (Guardia Lombardi, AV)
Domenico
Cipriano è nato nel 1970 a Guardia Lombardi, in provincia
di Avellino. Già vincitore, per la poesia, del premio Lerici-Pea per l’inedito
nel 1999, ha pubblicato la raccolta Il
continente perso (Roma, Fermenti, 2000; 2a. ed. 2001), con introduzione di
Plinio Perilli e nota del musicista jazz Paolo Fresu (libro vincitore del
premio Camaiore “Proposta” 2000 e segnalato al premio Eugenio Montale 2000).
Nel 2010 ha pubblicato Novembre (Massa,
Transeuropa, prefazione di Antonio La Penna), raccolta nella rosa finalista al
premio Viareggio 2011. Una silloge dedicata al terremoto dell'Irpinia del 1980,
con accluso il cd di Pippo Pollina Ultimo
volo. Orazione civile per Ustica. Ha pubblicato inoltre libricini da
collezione, quali: L’assenza (Pulcino
Elefante, 2001), La pelle nuda delle
stelle (Ibridilibri, 2008), L’enigma
della macchina per cucire (Edizione L’arca Felice, 2008). Ha pubblicato il CD di jazz poesia Le note richiamano versi (abeat records, 2004). Organizza
premi, eventi poetici e musicali, collabora con artisti e attori, con varie
riviste e associazioni culturali, codirige la collana poetica “Pietre vive”. Ha
ricevuto numerosi premi. Web: www.domenicocipriano.it
Versi limpidi,
intensi, intrisi di empatia narrano le dolenti vicende dell’emigrazione forzata
di un uomo, nato nel Sud negli anni trenta. La poesia lo riporta in vita
simbolicamente nel paese che
ancora non lo riconosce figlio. (Caterina Camporesi)
Trittico con introduzione
per Felice Fischetti e una poesia sciolta
Intro.
Ti riesumo stasera scrutando
nella piazza il simulacro
della tua generazione
con il sipario aperto tra
luci spente per la recita.
Parole ampliano la visuale
di fronte al mondo consumato
i cocci si ricompongono piano:
rafforza la tua simbolica presenza
Poesia nata dagli occhi spenti
della tua silenziosa assenza.
1.
S’infrange il cuore vermiglio
garrisce la vita, il suo appiglio
riarso nel vago, il lago imbrattato
dal canto d’uccello che tocca
collima con l’acqua il suo becco.
Stordito dal fremito deraglia
il pensiero in un borgo
dal parlare volgare, le cime
più nette di alberi alari
gli uccelli elementari volano
più alti del sogno: schiudono
il becco al tuo gremito regno.
2.
Intro.
Ti riesumo stasera scrutando
nella piazza il simulacro
della tua generazione
con il sipario aperto tra
luci spente per la recita.
Parole ampliano la visuale
di fronte al mondo consumato
i cocci si ricompongono piano:
rafforza la tua simbolica presenza
Poesia nata dagli occhi spenti
della tua silenziosa assenza.
1.
S’infrange il cuore vermiglio
garrisce la vita, il suo appiglio
riarso nel vago, il lago imbrattato
dal canto d’uccello che tocca
collima con l’acqua il suo becco.
Stordito dal fremito deraglia
il pensiero in un borgo
dal parlare volgare, le cime
più nette di alberi alari
gli uccelli elementari volano
più alti del sogno: schiudono
il becco al tuo gremito regno.
2.
Lasciamo che dormano
i morti della nostra anima
non turbino i giorni
con le loro tenebre.
Gli uccelli beccano il pane
nell’inverno dei cuori
lasciamoli al freddo
con le briciole salate
fino all’ora avida del tempo
che dona volto nuovo
strappando il pendolante lembo.
3.
Tornerai qui dove sei nato terra
paese che ti disconosce figlio
non sa del tuo pascere le vita
dei grandi uccelli che invadono
i tuoi tigli, i ginepri fioriti
le rose vermiglie nascoste
tra le parole antiche, espressioni
nette a sconvolgere ogni segno,
le fratture della transumanza
che porti in giro nelle tue parole
isole lontane, dove il mare duole.
Felice
Fischetti è nato a Guardia Lombardi nel 1931 e morto nel 2005. Nella vita è
stato “carrettiere e contrabbandiere nell' Italia degli anni Quaranta, minatore
in Belgio e in Francia, soldato della Legione Straniera in Algeria” ed operaio
in una fabbrica della Barriera di Milano, per poi finire, a causa di disturbi
mentali, nel manicomio di Collegno. Ha pubblicato in vita, la raccolta di
poesie dal titolo: “Versi del Pensiero Mistero” che ebbe apprezzamenti da
Natalia Ginzburg
Con-senso al mondo
di Ulisse Fiolo (Campolongo Maggiore, VE)
Ulisse Fiolo: Mira (VE) –
17/01/1972. Da qualche tempo trasferito a Campolongo Maggiore (VE). Licenziato
ingiustamente e da anni senza lavoro e in causa sindacale contro l’ex coop. di
servizi in ULSS13 a Dolo (VE). Vive di musica, ma campa di umili lavori.
Co-fondatore, con l’amico poeta Gian Pietro Barbieri, del nucleo-resistenza-poesia LaDuraMadre per letture musicate, specie
in ambiente. Pubblicazioni: Per
(semplice) respiro, Ed. Prometheus 2000; Nove poeti esordienti, campionature di voci locali, Ed.
Diapason&Naima 2002; Sarà-jevo?
Diario di viaggio, AUTeditORI 2004; Pagine
Scritte, Mira (VE) 2007; Brónse e
seménse (scàmpoi de diaèto), Edizioni d’If 2010; Il ricatto del pane, antologia sul senso del lavoro, Ed. CFR 2012; Fragmenta – antologia vol. II, Ed.
Smasher 2013. www.facebook.com/UlisseFiolo72
Ho scelto questa
silloge di poesie perché le ho trovate pure nelle immagini riportate e al tempo
stesso curate nel modo di riproporle. Testi molto empatici che mi hanno colpito
e una certa dose di spregiudicatezza che a mio avviso rendono tale silloge
molto interessante. (Guido Passini)
I folli sentono che li comprendo?
È cominciato tutto
ad un campeggio
estivo con il prete –
ero alle medie, 13
anni forse:
c'era una ragazzina
che tutti quanti
non consideravano,
aveva strani segni
di traverso
sulla carne dei
polsi,
le si vedeva
l'assorbente sporgere
dai calzoncini
corti –
occhiali spessi,
non parlava mai;
si chiamava Serena,
ma non lo era
affatto.
Dopo un poco iniziò
a disegnare cuori
sul mio nome
in lista di corvée,
mi stava
appiccicata – muta – addosso
quand'ero con gli
amici:
sentivo che
soffriva e non l'ho mai
respinta, anche se
un giorno
ho inventato una
storia con un'altra;
volevo desistesse,
invece uscì di
testa: cancellò
i cuori ed il mio
nome, tirò rami
addosso alla mia
tenda, pianse.
Ricordo solo che
alla fine venne
un'ambulanza per
portarla via:
è matta, poverina,
ripetevano tutti –
nel silenzio
dei prati sotto il
sole, in mezzo ai monti;
a me invece è
rimasto
il dubbio che l’amore
non corrisposto sia
la malattia,
e mi davo la colpa
d’essere stato
troppo buono, il solo
che non la derideva
e la capiva
nel suo bisogno di
autentico affetto.
Da allora, io espio
–
perseguitato dalla
mia innocenza:
il dramma si ripete
all’infinito,
mentre i miei
sentimenti
nessuna mai li ha
ricambiati ancora;
una volta, ho
creduto fosse amore:
invece era il
furioso
abbarbicarsi di due
solitudini;
finì nel peggior
modo
possibile, e
ricaddi ancora e sempre
nel vuoto da cui
vengo,
e a cui ritorneremo
– il vero grembo.
Le cose che io
solo so di te
I fremiti che hai
quando ti addormenti
nell’ansia in cui
il tuo cuore spesso inciampa,
il ridere che fai
nel dire “bœh?”
nel tuo dialetto
misto – di frontiera;
il tuo dimenticarti
tutto aperto –
cassetti porte
sogni braccia e cuore,
la frangia
spettinata dall’amore
e il ravviarla
subito – arrossendo;
i tuoi gilé
annodati alla vita
e i maglioncini a
collo sempre alto
per timore di
essere scoperta,
nel pudore dell’essere
ammirata;
il tuo dàrmiti
intera in ogni stretta,
le tue mani come
ali nel parlarmi,
i tuoi gesti d’uccello
– il passo-volo,
la musica che fai
quando ti muovi;
la tua voce che
accoglie terra e cielo,
il tuo sfuggirti e
rincorrerti in versi,
il timido non
esserti all’altezza,
come una bimba che
non riesce a reggersi;
il profumo di pane
dei capelli,
il latte dei tuoi
seni – miele estivo,
la bionda origine
della tua pelle
negli esili sorrisi
che elargivi;
l’Oriente che hai
negli angoli degli occhi
e il Nord che
soffia azzurro dalle iridi,
la bocca languida –
sensuale e ròsea
e il tuo bacio –
viaggio oltre le stelle;
le vette degli
zigomi e delle anche
e la valle dell’Eden
del tuo ventre,
il
prender la mia vita nella tua
come
si mette carne nella carne;
il tuo sentire
estremo – travolgente,
il tuo amare tutti –
come odiarli,
i tremori segreti
di famiglia,
la gioia
insuperabile dei figli;
il tuo adorare il
mistero di Proust,
il tuo scolpirti in
me nelle carezze,
l’essere
indescrivibile che ho amato
e che ora in ombra
di memoria vive.
(…)
Maggio di Mauro Nastasi (Cattolica, RN)
Mauro Nastasi è
anestesista-rianimatore e – dopo precedenti esperienze lavorative a Bologna e
Imola – attualmente presta servizio presso gli Ospedali di Riccione e Cattolica
dell'AUSL Rimini. Ama la lettura e il cinema e talvolta scrive.
Una silloge che ha
catturato la mia attenzione soprattutto per il senso di libertà che ha concesso
alla lettura. Seppure parliamo di temi a volte difficili da gestire o da
prospettare senza essere banali, ho trovato questi testi ampi e cosa che
personalmente prediligo nella poesia l’apertura che il lettore può dare al
testo che non presenta un tema fine a sé stesso ma può essere letto in più di
una chiave interiore. (Guido Passini)
In
particolare per La nave in bottiglia,
un bel componimenti ermetico, che sarebbe piaciuto a Søren Kirkegaard ma anche
a Sigmund Freud, che in quelle navi in bottiglia avrebbero visto il senso del
soffocamento e contemporaneamente la capacità di evadere attraverso il sogno.
(Angelo Chiaretti)
Maggio
Le litanie si sollevano
Tra le nuvole d’incenso
Il chierico legge le preghiere
E il prete sonnecchia
Sognando altari d’oro
E agnelli di Dio
Di mandorle e marzapane
Dalle finestre lo sbattere d’ali
Di alcuni piccioni straniti
Dal suono delle campane
Distrae per un attimo
Lo sguardo sognante
Della signora in nero
Che aspetta la sera
E maledice la notte
La sua solitudine corposa
E le lenzuola fresche di bucato
La strada al di fuori è un budello insensibile
Che porta a nord e a sud
E soprattutto da nessuna parte
I platani in file longitudinali
Regolano i movimenti del vento
È maggio solatio
E le rose rosse di uno sconosciuto balcone
Baciano i piedi di creta
Di una improbabile Madonna
I demoni sono seduti tra le panche
A cospargersi il capo di cenere
Aspettando il momento in cui finalmente
Un errore del chierico segnerà la fine
E l’inizio di un gioco sensuale
Durante il quale prete e donne
Santi e beati giocheranno perversi
Alla ricerca della felicità
I demoni hanno malinconici occhi
E membra deformi
Qualcuno li vede e stupisce
Altri ignorano le abnormità
Una candela si spegne ed una s’accende
Il gioco delle luci
Anima le stazioni del rosario
Le preghiere sono dense come le volute di fumo
E gli intervalli di silenzio
Sono riempiti dal rumore del martello
Che inchioda Cristo alla croce
Non sangue né urla
Non pianti né parole vaganti
Ma un clangore metallico
Che spacca le ossa
Quando finirà questo dolore infinito
E quando gli angeli torneranno a giocare coi demoni
Scambiandosi baci e carezze proibite
Quando la luce splenderà di nuovo
Quando
Il prete si sveglia da un sonno durato
Un pater un’ave un gloria
E distratto rifugia la mente
In un sentiero infantile
La visione del chierico lo turba un istante
Fino a quando l’oscura quotidianità
Non risorge dalla sua pelle cadente
Il sole tramonta nella sacrestia
Lasciando ombre di luce
E trasformando i crocifissi dorati
In lacrime di fuoco
Al chierico ricordano i dannati
Le immagini del dolore eterno
Che turbano le sue notti
Gesù mi salvi
Sembra gridare
Dalle pagine di un catechismo
Studiato a memoria
E mi protegga dal male
Guarda le nuvole che si intrecciano
Ai rami dei platani
E si sorprende con le lacrime agli occhi
Pensando per la prima volta
Al mistero della morte
Gesù mi salvi e mi conservi il cielo
Il prete ascolta paziente
I miei peccati
E indaga curioso tra le pieghe
Degli errori quotidiani
E’ dura la via della salvezza
Che passa tra ostie e ampolline
Legata alla fragilità
Dei propositi di non peccare più
L’assoluzione giunge propizia
E il chierico solleva lo sguardo alla croce
Finalmente degno
Tra i platani
Le urla dei fanciulli
Annunciano la sera
L’aria è tiepida tra gli echi e le rincorse
E il futuro si nasconde ancora
Nel verde di collina
E’ maggio solatio
E una città di mare si sveglia
Al limitare dell’estate
Torpida e sazia
Profumata di rose e di sabbia
(…)
Quarti classificati ex aequo
Codice Contadino di Vincenzo D’Alessio (Montoro Inferiore, AV)
Vincenzo
D’Alessio è nato a Solofra (AV) nel 1950. Vive a Montoro Inferiore (AV).
Laureato in materie letterarie all’Università di Salerno, ha ideato il Premio
Nazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra”, ha fondato il Gruppo
Culturale “Francesco Guarini” e la casa editrice omonima. Ha pubblicato
diversi saggi di archeologia e storia locale e le seguenti raccolte poetiche: La valigia del meridionale (1975),
Un caso del Sud
(1976), Oltre il verde
(1989), Lo scoglio
(1990), Quando sarai lontana
(1991), L’altra faccia della luna (1994),
Costa d’Amalfi (1995), La mia terra (1996), Ippocampo (1998), D’amore e d’altri mali (1999), Elementi (2003), Versi
di lotta e di passione (2006). La raccolta Figli
(2009) è dedicata al figlio Antonio,
prematuramente scomparso. La silloge
Padri della terra è inserita nell’antologia Pubblica con
noi 2007 (Fara) che raccoglie le opere dei vincitori dell’omonimo concorso,
mentre La solitudine dell’iceberg è
stata inserita, sempre per i tipi di Fara, in Creare mondi,
antologia dei vincitori del concorso Pubblica con noi 2011. Con l’opera La valigia del meridionale e altri viaggi
(Fara 2012) ha vinto la targa GAL Partenio per “la poesia dedicata alla terra
irpina”.
Quanta emozione nel leggere questi versi e sentirli
scivolare addosso nel sudore che cola lungo la schiena o fra le dita delle mani
grattugiate dalla dura terra, che dunque non riescono piu' ad accarezzare
dolcemente un volto femminile! E pensare, poi, all'ipocrisia arcadica di chi
volle farci credere che i pastori/contadini sono poeti discesi dal cielo. (Angelo Chiaretti)
Codice Contadino
Dio,
dammi una zappa!
Non un trattore
accecami nella luce
del sole fammi colore
portami l’acqua:
la beva la terra che
spacco, vestimi di grano
per non andare lontano
fai partorire gli
animali
latte di mucca lana
di pecore Ungi la falce
ché mieta il frumento
raduna il vento
sulle nostre aie Domenica
verrò all’altare a
pregare!
***
Il perimetro che indosso
è stretto quanto si aspettano
Ho sempre evitato la ricchezza
preferisco l’onestà civile
come la chiocciola
nel pollaio di mia nonna:
accolgo i pulcini sotto
le ali e becco chi li tocca.
Implode la parola di Vincenzo Gabrielli
(Montefiore Conca, RN)
Vincenzo Gabrielli nasce nel 1976 a Rimini, ma rivendica con
orgoglio sangue ascolano nelle vene. Dopo una non-laurea in Lingue e
Letterature Straniere all’Università di Urbino (finisce gli esami ma non
scriverà mai la tesi), dal 2004 lavora all’AUSL di Rimini come Assistente
Amministrativo. Si distrae con il cinema, i libri gialli e la musica
indipendente. Scrive poesie a tempo perso immaginando di fare colazione con
Sylvia Plath, Sandro Penna ed Eugenio Montale.
Il ritmo è forte, estremamente incisivo; un
metronomo di battute sincopate, implacabili nelle pause e nelle riprese.
Asfittico nel tema, recupera ossigeno negli echi del decadentismo poetico. (Andrea Parma)
Implode
la parola
ad
un pensiero insano ―
S’avvelena
il sangue
sulla
ruggine
delle
tue lune passate
e
disillude la stagione
di
questa luce nuova.
Resta
fra le mie dita
un’istantanea
sovraesposta.
***
Un demone
distratto
trafigge
a caso
le
mie viscere
con
la sua lancia:
scaglie
di pensieri
fendono
veloci
la
superficie della mia anima
ormai
nuda
e
un dolore nuovo
mi
spinge oltre la soglia,
a
naufragare
sulle
spiagge aliene
di
quel che è stato.
Ferino
è l’urlo
che
sale al cielo
dai
miei pugni serrati:
impossibile
sfiorare
la
corda segreta
che
d’altri
fu
il compiuto abbraccio ―
Quale
condanna
intravvedere
il brillio
del
tuo prezioso nucleo,
irraggiungibile
meta
per
le mie dita lontane.
***
Esplose
le orbite
si
riallineano i pianeti
in
questo nuovo sistema ―
Priva
di luce
la
mia parte di volta
memore
di un sole
lontanissimo
e mai avuto.
(…)
Segnalati con sola pubblicazione nel blog farapoesia
Autismo giocoso di Thuy Lan
Francesca Ritondale (Milano)
Thuy Lan Francesca Ritondale di orgini vietnamite vive a Milano dove
frequenta la seconda media, suona il violino e pratica scherma.
Ho scelto di votare
questa poesia perché mi ha emozionato. Una poesia che porta una ventata di
freschezza ad un tema che spesso viene lasciato a sé. Complimenti all’autore
capace di toccare un tema cosi in maniera semplice, snella e convincente. (Guido Passini)
AUTISMO GIOCOSO
Mi ritorni in mente…
Io allora sapevo già scrivere,
tu appena parlare.
Disegnavi però.
Nell’aria,
su un foglio,
quei piccoli segni tracciati
eran per me
poesia.
Come quelli di un gatto
rifulgevano i tuoi occhi
al vedermi.
Dicevano di te che avevi la mente altrove
e stavi chiuso in te stesso
come in una fortezza vuota.
Un giorno,
inaspettatamente,
apristi un varco
e mi facesti
entrare.
Disegnavi farfalle,
angeli,
e ridevi,
sovrano incontrastato
di quel tuo ovattato mondo.
Nell’aria,
su un foglio,
quei piccoli segni tracciati
furon per noi
poesia.
Dicevano di te che avevi la mente altrove
e stavi chiuso
in te stesso
come in una fortezza vuota.
Non sapevano che quella tua risata,
che a tratti
scoppiava,
allegra e
improvvisa,
nell’aria,
destava dal sonno della pietà
le anime vuote altrui
e a me,
tua prima compagna di giochi,
scaldava e colorava
il cuore.
Disordinatamente di Marco Mastromauro
(Verbania, VB)
Marco Mastromauro è nato a Verbania. Vive a Novara , lavora a
Vercelli. Ha pubblicato poesie sulla rivista "Alla Bottega" e, dal
1995, ha collaborato al trimestrale di cultura e arte "Contro Corrente. È
autore delle raccolte di poesie: Anime
confinate (Milano Libri, 1992), Cuba
(Ibiskos, 1995), Memorie da un pianeta
(Contro Corrente, 1997), Eros, Trinidad e
altre poesie (Oppure, 2000), Fraintendimenti
(ebook - Prospero Editore, 2013). Sue liriche sono presenti in alcune
antologie, e alcune sono state pubblicate, in passato, su alcune riviste.
Interessante
l’uso della ritmica, irregolare e musicale assieme; quasi una canzone con
immagini romantiche e insieme taglienti sotto traccia. (Andrea Parma)
Disordinatamente
Disordinatamente ancora
qui vicino ignaro del domani
se pure come assente dal gorgo
ma vigile nell'oro che si sgrana
dal sole mattutino
fino a questo territorio di polvere
e trasbordo
un cuore traballante che silente
vaga altrove e non si sana
perché sale alla gola inavvertitamente
e poi subito giace
in dormiveglia sognante
di me si compiace
suo unico tesoro.
Dismisure
Trasognando di nuovo
rimani seduto fra tepori di nuvole:
è mattina, il risveglio, mormorio
dissonante, viene, lento,
scalcinato silenzio benedetto
da ordini prevedibili, invocazioni
esiliate in piaghe di dimenticanza.
Ti circonda, ti raggira, anima
avversaria d'ogni titubanza e
parola, l'angelo assetato, luminoso,
caracollante su queste vie
che si prolungano a dismisura
tra ordinari impedimenti
e visioni mirabolanti…
Compassionevoli
Dimoriamo compassionevoli
su questo letto che dà rifugio
alla notte dove radice d'ostinazione
enorme sta sopra le membra
e cresce in tronco antico
verdeggiante freschi licheni:
non ci siamo arresi alla malasorte
e al dispiacere perché di noi è
questo fragile soprassedere
all'informe trama d'incomprensibili rotte
senza vele né timoniere,
perché non altrove, non al buio viene,
dell'amore, il suo rassicurarsi in te
che illudi
sgomitolando ogni giorno, ogni ora,
un "forse" sospeso,
incessante, da ingarbugliate attese.
Dicembre 1998 - Giugno 2013
Conficcata nella stanza
roverella sottile
fiamma che si spegne
sotto la cenere del pensiero:
ecco sorrisi disadorni
occhi socchiusi
profili reclinati…
Di te, madre
che per mia fortuna ti rinserri
e tramuti,
ho trattenuto storie,
allegre noncuranze,
gentili parole.
---
Filtra riverbero sulla sua fronte.
Lui resta, piedi sulla terra,
a Santa Rita devoto, e
mi affronta risoluto
ignorando avvisaglie
che il mutevole cielo
ci riserba.
Del padre, che è stato vanto,
al tempo, poco o tutto, ho ceduto:
l'osservo, esitante, mentre nient'altro
rassicura se non dimenticanze,
rimpianto che non dice il tanto che tra noi,
ora, resta alla fonda.
Come ti vedo
Come ti vedo, tra gli sguardi
e i balenìi di un rosso appena
tramontato, che solletico alle dita
dei tuoi piedi sottili sull'erba
luccicante e alata, che solitudine
imporpora le guance e punge e
trasalisce: non disperarmi,
non darmi voce, chiudi
questo brillìo in te, oscurami,
dammi pace.
Fino a Te
Avvezzo a scombussolati timori
alle finzioni dei prodigi quotidiani
ai colpi inferti da involontarie
apprensioni… Mi rispondo che sì,
il putiferio s'è ammassato da tempo,
nell'oggi e nel domani, non avendo
negato promesse, chiuso spiragli,
ostacolato intromissioni. Così
mi appello al Tuo silenzio, al vuoto
che la Tua assenza mi ha lasciato.
Mi aggiro tra gli scherzi di un destino
inumano e spero, spero senza alcuna
misura, mi ostino a perdermi
fino a Te e al mio sogno di pellegrino,
ad estenuarmi d'arsura.
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