domenica 27 maggio 2012

News da Adele Desideri

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*Recensione di Adele Desideri a Daniela Marcheschi, Si nasce perché L'anima, Poesie e Poemetti 1995-2003, ZonaFranca, Lucca, 2009, pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Idee e società, 10 gennaio 2012, pag. 51. In allegato
 
*Recensione di Adele Desideri a Aldo Bonomi, Eugenio Borgna, Elogio della depressione, Einaudi, 2011, pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Idee e società, 17 febbraio 2012, pag. 59. In allegato
 
*Recensione di Adele Desideri a Beppe Sebaste, Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne, Laterza, (2008) 2011 pubblicata in  http://narrabilando.blogspot.it/2012/05/su-panchine-come-uscire-dal-mondo-senza.html , 16 maggio 2012
 
*Rassegna Tramontinversi, a cura di Giancarlo Micheli, dettagli in allegato
Lieta con voi
 



Daniela Marcheschi, Si nasce perché L'anima, Poesie e Poemetti 1995-2003, ZonaFranca, Lucca, 2009, pag. 36

La raccolta di poesie Si nasce perché l’anima è un pregiato “oggetto” da collezione: stampata in copie numerate - provvista di una deliziosa copertina creata con un rude, ma elegante cartoncino dipinto a mano - colpisce per la vibratile liricità, per la generosa bellezza dei testi.
L’autrice, Daniela Marcheschi, è una studiosa d’ampio respiro: insigne critica della scrittura italiana e scandinava, ha ricevuto il premio Rockefeller Award per la Letteratura (1996), e il Tolkningspris dall’Accademia di Svezia (2006). È presidente dell’Edizione Nazionale delle Opere di Carlo Lorenzini (Collodi) e Membro del Comitato Scientifico e di redazione della rivista Kamen’.
In Si nasce perché l’anima Marcheschi mostra, con austera levità, vie meditative che attingono dalle antiche fonti orientali, greche, bibliche, e dalla ratio dei filosofi classici e moderni.
Gli enigmi della reincarnazione indo-buddista, Kronos - il dio figlicida e divoratore, gli eroi omerici, l’angustiata Medea, Giona il profeta, Talete, Galileo, Newton e altre figure della cultura mondiale compaiono, in questo libro, quali paradigmi di un racconto sulle origini dell’universo. Origini rintracciabili nella “Musa”, sorgente - vis primigenia, prepotente e misteriosa - di ogni letteratura: “I poeti penetrano la vita, ma/ sono come donne dal grembo grande/ e puntuto/ che, rotte le acque, cercano aiuto/ per partorire.// La musa sapiente/ che tanto in quel ventre giacque/ zampilla allora dal corpo/ e dalla mente turbati,/ però limpidi luminosi/ come la nuvola leggera delle api/ in sciami infidi.//”.
Il “farsi”dello Spirito in un linguaggio che nel suono nobilita il significato - la parola poetica - è, per Marcheschi, anche l’escaton umbratile a cui tutto tende: il fine ultimo, che risente dei dubbi, delle sollecitazioni dell’esistenzialismo di Sartre, di Heidegger. Riluce di essenza divina, eppure è velato - e rivelato - dalle perplessità ontologiche, dalle fragilità etiche dell’uomo: “È tale la luce/ che a volte pasce il fuoco/ e il fuoco a sua volta la governa./ (…)/ È i raggi solari/ la notte, ovvero/ una specie di sangue/ immesso per tutti gli universi.// Anche la mente/ la cerca, ne è pervasa,/ la emana con lingua netta/ - e paziente -/”.
Nell’armonia del verso che manifesta e cela, che intuisce senza categorizzare, si annida, quindi, il senso intimo, plurimo della realtà: “Allora niente/ sarà eguale/ e bisognerà anzi imparare/ un nuovo alfabeto,/ avere un occhio fresco e potente/ per scorgere quelle presenze/ per ridisegnare l’affresco.//”.
Ed ecco che mito e logos, natura e uomo, vita e morte, corpo e anima - come ogni altra antitesi - confliggono, sì, ma acquisiscono, nel confliggere, una specifica ragione d’essere: “Si nasce perché l’anima/ forse non esiste,/ perché il corpo forse non resiste/ a pensarsi da solo://”.
Con un ritmo quieto e melanconico, con una gentilezza d’accenti propria di pochi, Marcheschi illustra un incisivo, salutare itinerario di mappe metafisiche, di confini immaginifici, di sentieri affettivi: “C’è una grammatica del viaggio/ ed io la seguo./ Un inizio e una meta certa -/ (…)/ Mi muove così l’arditezza/ in tutto ciò che vivo e scrivo -/ m’insegna così la mitezza/ verso il mio destino.//”.
Si nasce: perché?
Comunque, si nasce da una donna: “Ma io sono femmina,/ so che cosa significa/ avvertire ogni mese,/ portare una luna intera/ dentro di sé.//”.
Forse è quella la luna, quella la luce riflessa che è necessario sia riaccesa, per “disegnare” una nuova umanità, per ritrovare, infine, un po’ di requie, un po’ d’amore. 

Adele Desideri


pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Idee e società, 10 gennaio 2012, pag. 51



 
Aldo Bonomi, Eugenio Borgna, Elogio della depressione, Einaudi, 2011, pag. 137, euro 10

Gli autori del saggio, originale e davvero interessante, Elogio della depressione sono due studiosi di rara sensibilità e consolidata esperienza: Eugenio Borgna, psichiatra e docente universitario, e Aldo Bonomi - sociologo - che si autodefinisce “«medico della mutua» delle comunità locali in preda alle passioni tristi dello spaesamento”.
A prima vista, le discipline della psichiatria e della sociologia possono apparire molto, troppo diverse tra loro; tanto da sembrare per lo meno enigmatica l’idea di connetterle in un volume monografico.
Ma, dopo un’attenta e gradevole lettura, si comprende che le materie in questione possiedono, in realtà, parecchi punti di intersezione: simili nei presupposti teorici e nei metodi, recuperano entrambe, infatti, un linguaggio di natura analogico-simbolica, prediligono lo sguardo fenomenologico ed ermeneutico, respirano nell’identico orizzonte contestuale, tendono verso i medesimi fini.
Proprio partendo dalla depressione, intesa più come indole soggettiva che non come malattia, Borgna e Bonomi analizzano, così, la persona e la società, mentre dialogano, in questo libro, con raffinata generosità, scioltezza d’intuito, paziente competenza.
La depressione - tratto peculiare delle “anime ferite dal dolore” - si manifesta in tre forme: esistenziale, motivata o reattiva, psicotica. La seconda e la terza indicano sofferenze “estreme”, terribili; tutte e tre scaturiscono, però, da una malinconia che spesso diventa anche sorgente creativa. Quella stessa malinconia a cui si riferisce nello Zibaldone Giacomo Leopardi e che per Romano Guardini “è il prezzo della nascita dell’eterno nell’uomo”. Tant’è che, annota lo psichiatra Kurt Schneider, “ci dovremmo preoccupare non di essere stati depressi una volta in vita, ma di non esserlo stati mai”.
Certamente, scrive Bonomi, l’attuale tessuto sociale è causa di infelicità, di insoddisfazione, di rancore: “Le nostre metropoli, (…) luoghi ipermoderni caratterizzati da un massimo di innovazione e da un massimo di mediocrità, sono la nostra Sarajevo quotidiana”.
Una Sarajevo nella quale il “capitalismo personale” - “sintesi (…) di individualismo radicale e controllo capillare” - e la tecnologia dell’informazione - che riduce il corpo a un’arida “macchina per comunicare” - generano “biografie lavorative sempre più erratiche”, fratturano le relazioni interpersonali, ledono il senso del futuro e contribuiscono a diffondere un sentire comune insicuro, fragile sul piano culturale e morale.
L’uomo postmoderno, quindi, per Bonomi, è colpito dalla depressione, essenzialmente perché conduce un insano stile di vita.
L’orfano del fordismo è stato licenziato, o è in cassa integrazione:  “non più integrato e protetto nel super io sociale della classe o della comunità”, è solo, disilluso, disperato.
Lo stressato dal lavoro - operaio o manager - mal subisce l’incessante competitività, il “sovraccarico nervoso” dei ritmi professionali, la mobilità, il pendolarismo.
E il cognitario è soffocato “in un intreccio di corpo e macchina in cui gli schermi dei computer divengono spesso l’unico frame di relazione con il mondo e gli altri”.
Lo stressato e il cognitario sono prigionieri di una “nuda vita”: obbligati a reprimere ogni risonanza emotiva, sia propria che altrui. Alla “nuda vita” si contrappone, poi, la “vita nuda”, dei “miserabili”, degli “invisibili”, delle “anime morte”, dei sempre più numerosi disoccupati, che negli stenti faticano, o muoiono.
In un’epoca così devastata, o meglio, così deprivata, anche la famiglia è teatro di incomunicabilità, di incertezze, di violenze.
Ma c’è, una speranza? E dov’è?
La speranza è nelle comunità di destino e di cura, affermano i coautori. Comunità nelle quali la solidarietà, il volontariato, la “cura civica” sono impegni d’amore, attimi che solo gli occhi del cuore sanno cogliere, e che, invece, i “freddi sguardi della raison cartesiana” nemmeno sfiorano. Comunità nelle quali la povertà induce all’attenzione, il dolore e la gioia all’ascolto, il dubbio educa alla bellezza del mistero.
Non bisogna stupirsi, allora, che san Paolo sia percepito, da Borgna e Bonomi, vicino a Massimo Cacciari, giacché l’apostolo annuncia, nella prima lettera ai Corinzi, che la debolezza è la nostra forza, e il filosofo sostiene che il “fare politica oggi significa dire all’altro che non è solo”.
In Italia, in questo senso, abbiamo avuto grandi maestri, “capaci di accendere nel cuore tracce di speranza”: fra i tanti, Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Enrico Berlinguer.
Contro la razionalità ossessiva e insonne, che fagocita e svilisce le attese,  desertifica i giorni e gli affetti, Bonomi e Borgna non esitano, perciò, a bisbigliare: “depressi di tutto il mondo, unitevi”!.
E mostrate alle anime stordite dalla “nuda vita”, alle anime afflitte della “vita nuda”, altre possibili forme di conoscenza, di esistenza.
Quando incontrate chi vorrebbe “il matto consegnato ai servizi, il clandestino alla questura, il barbone ai dormitori pubblici, i rom all’espulsione e tutti i dannati della terra a un conservatorismo compassionevole e securitario”, depressi di tutto il mondo, sorridete.
Con dolcezza, con ironia, con dignità. Finalmente, sorridete!

Adele Desideri

Pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Idee e società, 17 febbraio 2012, pag. 59. Dopo il 17 maggio 2012



tramontinversirassegna di poesia a viva voce

Quando:
Dal 15 Giugno al 21 Settembre, ogni Venerdì sera alle 21

Dove:
Presso lo stabilimento balneare Bagno Sauro (Terrazza della Repubblica, 9 Viareggio)

Come:
In ciascun appuntamento della rassegna, un poeta presenterà una sua opera, edita o inedita, attraverso la lettura di una selezione di testi. A seguire, dialogo con il pubblico

Calendario:

15 GIUGNO
Canti d’Apocalisse e d’estasi (Campanotto, 2008)
Angelo Tonelli

22 GIUGNO
inediti
Giuseppe Panella

29 GIUGNO
Settanta volte sete - Siebzig Mal Durst (ETS, Pisa 2006)
Dieter Schlesak

6 LUGLIO
Il libro dell’oppio (Puntoacapo, Novi Ligure 2012)
Caterina Davinio

13 LUGLIO
Il pudore dei gelsomini (Raffaelli, Rimini 2010)
Adele Desideri

20 LUGLIO
Durata del mezzogiorno (Carabba, Chieti 2011)
Antonio Melillo

27 LUGLIO
Abitare l’attesa (La Vita Felice, Milano 2011)
Francesco Macciò

3 AGOSTO
About poetry
Barbara Serdakowski

10 AGOSTO
La quarta glaciazione (Campanotto, Udine 2012)
Giancarlo Micheli

17 AGOSTO
Chi non muore (Campanotto, Udine 2012)
Stefano Busellato

24 AGOSTO
Alchimie d’amore (Campanotto, Udine 2005)
Maria Grazia Maramotti

31 AGOSTO
Romanzo sospeso (inedito)
Gianluca Cupisti

7 SETTEMBRE
L’emozione dell’aria (CFR, Sondrio 2012)
Lucetta Frisa

14 SETTEMBRE
Vagabondages (EuropenDumpLink, Praha 2007)
Elda Torres

21 SETTEMBRE
Poemetto gastronomico e altri nutrimenti (Jaca Book, Milano 2012)
Tomaso Kemeny

Perché:
“Soltanto la perdita di una comunità politica esclude l’individuo dalla umanità” scrisse Hanna Arendt in Le origini del totalitarismo.  Nell’epoca attuale, che pare aver condotto ai loro estremi effetti i fenomeni che l’autrice di Vita activa e de La banalità del male avvertì quali tendenze o prodromi, la poesia, giacché parola che vuole lasciarsi intendere al di fuori e al di là di ogni criterio ideologico (l’ideologia della finanza globale, della società dello spettacolo, delle nuove dominazioni di vecchi o decrepiti imperialismi), è la realtà che ancora può dar vita a luoghi di autentica democrazia e libertà, che ancora può offrire cittadinanza a tutti coloro che non hanno desistito dal proposito di “cambiare la vita” e “trasformare il mondo”.

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