Un Omaggio a Marziale di Mario Fresa
Recensione di Giuseppe Vetromile
Una interessante e piacevole novità dalla mente (e dal cuore) poetica dell'instancabile Mario Fresa,
che oltre a interessarsi proficuamente di editoria e di promozione
letteraria, è prima di tutto un poeta di ottimo livello, e chi segue (e
non solo sui vari siti internet e blog dedicati alla poesia) le novità,
gli incontri, le discussioni e i commenti inerenti a questo mondo così
particolare e delicato, ma pur sempre affascinante, non può non aver
letto o almeno consultato uno spazio poetico del nostro amico Mario Fresa (si veda ad esempio http://edizionilarcafelice.blogspot.com/; http://farapoesia.blogspot.com/;http://poetrydream.splinder.com/, e tanti altri).
La novità di cui parlavamo prima è dunque un libretto interamente dedicato a Marziale, dal titolo, appunto, "Omaggio a Marziale", Edizioni L'Arca Felice. Si tratta di una raccolta di ventiquattro epigrammi, scelti e tradotti dallo stesso Mario Fresa, come cita il sottotitolo. E' un gioiellino letterario, intanto perché Mario Fresa
ci ricorda, con un tuffo nella classicità latina (ed è un bene che noi
tutti si riprenda, di tanto in tanto, una salutare lettura, o
ri-lettura, dei Grandi che ci hanno preceduto, specialmente greci e
latini), un poeta un po' trascurato: leggiamo infatti nelle note che lo
stesso Fresa ha riportato alla fine del libretto, che Marco
Valerio Marziale era uomo d'ingegno, acuto, pungente, che aveva nello
scrivere moltissimo sale e fiele e sincerità, ma non saranno eterne le
cose che scrisse (Plinio il Giovane). C'è poi da considerare l'acume letterario e poetico di Mario Fresa, che ha scelto ad hoc i 24 epigrammi traducendoli in base ad una "interpretatio ludica" dei testi, come egli stesso precisa nella nota finale.
La scelta della rima, continua Fresa nella nota, nasce dall'idea di una costruzione burlesco-sintetica della parola tradotta, nell'ipotesi di un travestimento di trasversale giocosità straniante. Non c'è modernizzazione ma, al contrario, una specie di regressione gioiosamente infantile, in cui lo strumento edonistico del suono tende alla demolizione della presenza, e soprattutto dell'autorialità, dello stesso traduttore-giocatore.
La scelta della rima, continua Fresa nella nota, nasce dall'idea di una costruzione burlesco-sintetica della parola tradotta, nell'ipotesi di un travestimento di trasversale giocosità straniante. Non c'è modernizzazione ma, al contrario, una specie di regressione gioiosamente infantile, in cui lo strumento edonistico del suono tende alla demolizione della presenza, e soprattutto dell'autorialità, dello stesso traduttore-giocatore.
Il libretto, in elegante veste tipografica, è arricchito da due pregevoli "interventi visivi" di Carlo Villa.
26/11/11
articolo apparso sul Blog Circolo letterario Anastasiano
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