Edizione Raffaelli Rimini 2011
recesione di Maria Liana Celli (altre recensioni qui)
Nel dipanarsi del testo, narrativo e poetico (la narrazione non esclude la poesia), si compie un percorso che è, allo stesso tempo, di perdizione e di catarsi. Ci si immerge nel buio primordiale di una istintualità emotiva e poi, spesso imprevedibilmente, ci si abbevera della grazia di una resurrezione.
È un incedere tra dolore biblico, universale e risalita a tratti più miti e misericordiosi di accettazione di sé e del proprio vivere.
Procedendo nella lettura, la caduta e la risalita, l'urlo e la rinascita, la china, il fardello, l'oscurità e il baluginio e il tremolio di un abbraccio, percorrono ogni espressione.
Le parole, pesanti nel loro peso specifico di senso, di allusione , di evocazione, lasciano orme stagliate, stimmate di fuoco. La loro ricerca, il lavoro semantico compiuto a loro proposito, non é mai disgiunto dall'urgenza del significato: significato e significante “si coagulano”.
Lo studio linguistico, le figure retoriche sapientemente circostanziate e dosate, esaltano il significato di questo viaggio primordiale alla ricerca di sé e, come già detto, di questa perdizione e di di questa rinascita.
Rinascita che non è mai assodata, assoluta e definitiva ma continuamente spostata e rimodulata e perseguita. Perché i confini sono morte e la ricerca, vita.
'Valutando' complessivamente questa poesia, trovo che gli spazi, anche temporali nei quali si muove, regalino un tessuto di intrecci e nodi di ciò che la vita é, nella sua complessità di scenari ampi e, a volte sconvolgenti. Soprattutto credo che essa trasmetta un sospiro profondo, quello dell'umanità intera, sopraffatta, travolta e, a volte, costretta a vivere.
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