domenica 5 giugno 2011

Mario Fresa. Ritratti di poesia (15)




Raffaele Piazza


Nell’incantata e immaginosa terra poetica di Raffaele Piazza si respira quella forma di docile distacco silenzioso che Leopardi definisce (Zib., 4 marzo 1823) sprezzatura: si tratta di quell’alato, sovrano atteggiamento che tende a nascondere «l'arte», e che vuole dimostrare «ciò che si fa, e dice, venir fatto senza fatica, e quasi senza pensarvi». Nasce, allora, una meraviglia che scaturisce da un’apparente mancanza di sforzo, da una naturalezza che sembra generare le azioni e i pensieri come se questi partissero da un movimento di sospesa inconsapevolezza, in cui la presenza autoriale si smorza e regredisce fino a diventare un’automatica registrazione di luoghi e di situazioni finalmente sottratti all’intenzione e al desiderio di chi osservi.

Impercettibili e sempre ambiguamente modulanti le tonalità e le atmosfere delle poesie di Piazza. Esse appaiono e dispaiono con rapidi e sfumati movimenti, e sono irresistibilmente spinte, in ogni istante, a percorrere imprevedibili strade o ad accogliere, e a proiettare, sibillini affioramenti dell’inconscio. L’inedito che qui si propone procede per sequenze brevi, di straniante ed enigmatica alterità; le scene e le situazioni ritratte sono còlte da un senso di morbida e chiaroscurata evanescenza che sembra trasportare la verità delle immagini da una dimensione «fisica» e realistica a un livello di stupìto e rarefatto onirismo: il passaggio da un evento all’altro è sospinto da un gioco di continue dissolvenze che rendono il discorso inquietamente mobile e cangiante; e l’estenuata delicatezza della figura femminile, sfuggente protagonista della narrazione, rende ancora più vaporosamente liquida e «trasmutante» la misteriosa progressione del racconto poetico. Trepidamente instabili, ma sempre retti da quella strana, «superiore» sprezzatura di cui prima si scriveva, questi versi sono magicamente incanalati in un fiume trascolorante, capace di ricreare un mondo esemplare, attraversato da un ciclico «eterno ritorno» in cui tutto cambia e in cui «tutto si ricompone»: uno spazio nel quale, d’improvviso, convergono e coincidono l’assolutezza e la transitorietà di tutte le azioni, e il restare e lo svanire di ogni pensiero.




Alessia e il libro di poesia


Scrive con vaga grafia, Alessia,

nell’aria disadorna senza fiato,

inchiostro rosapesca come l’estate

o l’inoltrata primavera.

Scatta il volo di un gabbiano

e trasale Alessia azzurrovestita

nell’aria vegetale della consecutiva

attesa. Sulla scrivania I fiori del male,

sua lezione per la vita e la

scrittura accade dalle mani affilate

come un bagliore Alessia

alla trentesima poesia

del suo libro per la vita,

pioggia a cadere esteriore

sulle cose senza tempo in segno

di vittoria. A destra il mare

a sinistra una nube bluastra

gioca a farsi ragazza o cavallo.

Epifanie del nulla, a poco a poco

tutto si ricompone, ecco lo squillo

del telefono, la voce di Giovanni.


È il 1984 attesa sgretolata ecco

il primo appuntamento

ci sono il parco, la panchina e le labbra

da baciare.




Raffaele Piazza (1963) vive e lavora a Napoli presso l’Università Federico II. Ha collaborato e collabora a numerosi periodici letterari («Galleria», «Portofranco», «Hebenon», «Lo scorpione letterario», «Poiesis», «Lunarionuovo», «Mito», «Schema», «Erba d’Arno» e altri). È redattore della rivista «La Mosca di Milano» e scrive sulle pagine culturali del quotidiano «Il Mattino». I suoi libri di poesia: Luoghi visibili (1993), La sete della favola (1994) Sul bordo della rosa (1998). La sua raccolta più recente è Del sognato (2010).













1 commento:

roberto matarazzo ha detto...

raffaele piazza, gran poeta che sa bene districarsi tra ispirazioni e intelligenza delle idee..
r.m.