Cara Gladys,
mi scuso per il ritardo con il quale rispondo al dono del tuo bel libro, ma ho voluto assaporarlo con calma, cogliendone l'intima essenza. Come sempre le parole mi avvolgono: una lunghissima sciarpa di seta, fluttuante nel vento della sera. Mi lascio catturare dall'ottica visionaria, dalla lama di luce che attraversa l'oscurità e fa emergere il dettaglio, dilatandolo fino alla sua perfezione. La brevità delle liriche è simile a un percorso iniziatico, a un cammino, meglio un guado che attraversa il fiume del divenire.
Ci troviamo così a prestare attenzione al suono dei nostri passi, a interiorizzarne l'eco, per poter tessere un dialogo con il poeta.
È la danza che lo sguardo compie sull'architettura delle parole fino a rendere l'enigma visibile. Tutto è pervaso da una gioia sottile – Pascoli dice… le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggera – è vero, in questo libro vibra un'energia di luce che, per chi conosce Gladys, corrisponde alla sua persona.
Gladys emana luce.
Vorrei poter ascoltare le sue liriche nella lingua primaria, scandite dal suono della sua voce, fissare le vertigini che, come per il Battelo Ebbro di Rimbaud, si formano, per poi riemergere in assoluta condivisione alla pag. 95 e riprendere il cammino avvolta da un “vento di gigli”.
Miracoli, epifanie, tutte le liriche del libro contengono un messaggio, un segreto riferimento al dolore trasformato in speranza, in progetto.
Nella lirica La mia nostalgia mi riconosco come in uno specchio, i corpi astrali si confondono e avviene la totale fusione… grande potere del poeta GRANDE.
Chiudo il libro con il rimpianto di un addio, ma lui è di là, solido, compatto. Un vento d'anima lo sfoglia ed esala dalle pagine odore d'oceano e di pioggia recente, un aroma di gelsomino e di verde.
È mio, ora mi appartiene.
Con tanto affetto e ammirazione
Maria Pia Moachini
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