recensione di Marco Scalabrino
Solo per un attimo accantonati questi emblematici stralci dall’odierno lavoro di Carla De Angelis, registriamo su esso le puntuali osservazioni di Stefano Martello. Scrive Martello: “la poesia … non si attorciglia nella fretta di comunicare, ma filtra le tante cose e, alla fine, in dieci, quindici parole ritrovi l’essenza. Ogni parola, ogni virgola viene vagliata con cura, in un processo di analisi del corpus dello scritto ma anche dell’animus che lo sottende.”
Ribadite tali accurate considerazioni e annotato il tocco da re Mida di Alessandro Ramberti, provetto manager della riminese FaraEditore, due sono le “dimensioni” della scrittura di Carla De Angelis che mi pare governino ogni altra: quella del sogno e quell’altra del futuro.
Dimensioni che, piuttosto che essere disgiunte, antitetiche, contrapposte, si lambiscono, si inseguono, si intersecano, contrappuntate da ripetuti riferimenti al termine “sogno” o dalle coniugazioni del verbo sognare, dal sostantivo “futuro” e da azioni sorrette da verbi coniugati al tempo futuro o che implicano una proiezione verso il futuro; dimensioni incalzate dal vortice della vita che ti prende, che esige di essere vissuta giorno dopo giorno con lo sguardo proteso al domani; dimensioni espresse in un lessico comune che tuttavia, in virtù di poesia, si ammanta di un ordito lirico: “la certezza di avere sognato; briciole … che a volgere lo sguardo / fanno più leggero il futuro; tornerò … pulirò … plasmerò; un altro sogno sulla strada; particelle di terracotta / utili a ricostruire il sogno; non è un sogno se ancora ottobre / si veste d’estate; sfoglio l’abisso che separa / realtà e sogno; alcuni giorni sono un regalo / dei sogni predati alla notte; sempre inizio un quaderno nuovo; piovono ancora cose da fare, continua a fare doni la vita”.
Alice, nella nota di Stefano Martello: “in questo libro si parla di vita, di un percorso di crescita desiderato e non realizzabile, di giornate che riservano sorprese buone e cattive”, nei versi di Carla De Angelis, “dall’inizio di questo viaggio / scorro la strada in cerca / del filo che accorda / mente e cuore”, “ho incontrato il mio gatto / era immobile”, “ansia / di non ritrovare l’uscita”, la si riconosce, (bellissima, colorata, “profumata” la copertina), seppure l’immagine non ne mostri l’intera figura, sottosopra. Basta, però, ruotare il libro di 180 gradi, basta il “vento leggero del paese” e per incanto Alice, la piccola Alice, è ora nel senso giusto e il mondo, il nostro mondo, è esso capovolto. Ed ecco le meraviglie alla rovescia nel paese della nostra Alice! Eccolo il mondo dei “bambini soldato [e] dell’uomo bomba, del cibo nella spazzatura [e] dell’acqua che si perde, delle carrette del mare” [e del] terrore della rapina”; il mondo [che] “ti ha rubato gioventù ed allegria, [in cui] non basta un clic sul telecomando”. Insomma “un inganno vestito a festa”.
Eppure, come nel celebre film, su tutto domina la soundtrack dell’ “arcobaleno fra cielo e terra”, del “puro arcobaleno”, quell’over the rainbow che “riveste il viso che brilla”, che ha affascinato e tuttora affascina in quell’immaginario wonderland i ragazzi e le ragazze di più generazioni. “Una moltitudine / piena di speranza”, una moltitudine destinata ad essere per sempre giovane, come la Nostra, malgrado le “rughe sulla fronte”, le “mani stanche”, il “segreto di una solitudine soddisfatta”.
Nessun commento:
Posta un commento