recensione di Vincenzo D’Alessio
scheda del libro qui
Quanto tempo è trascorso dalla lettura dei versi dell’ultima raccolta della Musio? Quattro anni?! A me sembrano molti di più. Rammento la sua prima raccolta pubblicata dalla stessa casa editrice in Antologia Pubblica, del 2005: sembrava che la farfalla potesse distendere le ali in tutta la sua ampiezza. Ma il tempo è intervenuto a stancare quelle ali prima del volo. Così la farfalla, senza saperlo nemmeno, ha preso a librarsi nell’aria solitaria della casa dov’è nata, dove ha lasciato il bozzolo del suo sonno, dove rimangono i riflessi delle molte persone che l’hanno abitata.
“Un destino di parole / (…) / mi metto a riscriverle / queste assidue memorie / senza saperlo nemmeno”(pag. 23). Ma una poetessa (la farfalla) può saziarsi di così poco? Non le bastano le ali della realtà, occorrono le ali della fantasia, dei ricordi, degli affetti mancati da poco. Tutto questo concorre a scrivere le sofferte poesie che compongono la raccolta: versi che si spezzano sulle chiuse, parole che da sole implicano una fatica e la ricerca del portamento poetico, la fragilità della fanciulla che poco a poco entra in contatto con il disagio del deserto solitudine. La fedeltà alle lettera, se non sbaglio era Montale che lo diceva, così resta la poesia della Nostra: “(…) / un muto / alfabeto / fatto di affetto / amore” (pag. 27); “(…) fedele / al tavolo / scrivo”(pag. 26).
La poetica vera della Musio però è altrove: nella felicità dei contatti umani, nelle figure femminili che hanno denominato la sua esistenza, nelle cose chiamate per nome, nella campagna e nei lavori contadini, in quel tempo scomparso troppo in fretta, anche la voce del mare. La nonna, la madre, i compagni di scuola, gli amici meridionali. Sì, la scuola, merito delle prime armi della poetessa, antica officina polverosa, mondo colorato. Il cammino della poetessa è inverso, innocente, quasi a ritroso: “(…) / strano specchio / ci guarda / diventare piccoli / senza un’anima” (pag. 39).
Il dolore è una macchia sulle ali. Un peso sul cuore. L’amico Stefano scomparso. La grande pazienza di affrontare il dolore e la morte. Ossimori, assonanze, “inesistente punteggiatura” (pag. 60). Ancora un volo per questa mite farfalla . Ancora un sollevarsi dalle stanze del silenzio e della solitudine. Speranze cercate nel lettore: “(…) / ora amico mio / è anche un po’ la tua” (pag. 60). E l’invito sincero che sgorga alla fine della fatica intrapresa: “(…) aiutami a non farmi soffrire” (pag. 61). Noi leggiamo i suoi versi che dureranno, speriamo, come l’ora dell’infinito.
Gennaio, 2010
giovedì 28 gennaio 2010
Su Senza saperlo nemmeno di Enrica Musio
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