Ancora, Milano, 2009
Questo saggio di Marco Dalla Torre ci apre una bella finestra su un aspetto importante della poetica di Antonia Pozzi: il suo amore per la montagna, non solo per quanto riguarda semplici trekking o passeggiate solitarie, ma praticato anche in modo “impegnativo” grazie a note guide alpine come Oliviero Gasperi, Emilio Comici, Joseph Pellissier. L'Autore è molto empatico nel proporci i numerosi passaggi in cui l'eco delle esperienze montane di Antonia, con tutti gli archetipi di cui l'ascesa stessa è pregna, è pulsante. La breve vita della poetessa, tormentata e agognante a un assoluto inattingibile, trova nei soggiorni e negli incontri montani una relativa sosta dell'anima che quasi controbilancia il dinamismo fisico che le scalate comportano. Dalla Torre non si limita ad anlizzare il corpus poetico, ma spazia a tutto campo negli epistolari, nelle fotografie (altra possione della Pozzi), nei documenti e nei ricordi di chi ha accompagnato, anche occasionalmente ma significativamente, il cammino di Antonia (al liceo, all'università, nei soggiorni montani, appunto).
«Io mi vorrei tuffare a capofitto / nella fluidità vertiginosa; / vorrei piombare sopra un duro masso / e sradicarlo e stritolarlo, io, / con le mie mani scarne»: così si esprime la Nostra in Vertigine, scritta a 17 anni, come Dolomiti che si apre con questi versi vibranti: «Non monti, anime di monti sono / queste pallide guglie, irrigidite / in volontà d'ascesa. E noi strisciamo / sull'ignota fermezza: a palmo a palmo, / con l'arcuata tensione delle dita / (…)»
Fra le tante che arrichiscono questo libro, particolarmente significativa l'analisi che Dalla Torre dedica alla poesia La roccia (pp. 71-2) ma, come si è appena detto, queste pagine ci offrono davvero una miniera di sensazioni e suggestioni che tutti gli amanti della poesia (spesso, chissà perché, amanti anche della montagna) sapranno apprezzare.
Nella poesia Per Emilio Comici, risalente a pochi mesi prima del suicidio («Ciò che mi è mancato è stato un affetto fermo, costante, fedele…» lascia scritto ai genitori), troviamo questa splendida terzina in chiusa: «Il tuo sangue che sogna le pietre / è nella stanza / un favoloso silenzio.»
Quel silenzio che Antonia desiderava per i suoi resti, sepolti alle pendici della Grigna, protetti da tre massi.
A lei dedica la poesia 3 dicembre «Vittorio Sereni, che seguirà attentamente la quattro edizioni mondadoriane [delle poesie di Antonia]» (p. 102).
Il libro raccoglie in appendice una trentina di poesie di montagna: un “riassunto” certo non trascurabile della poetica di Antonia Pozzi che Marco Dalla Torre sa sviscerare con acume e, direi, con l'amore di chi pratica la roccia.
Alessandro Ramberti
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