mercoledì 11 febbraio 2009

Recensione a sui passi per non rimanere

di Alberto Mori

scheda del libro qui

Nelle passeggiate degli astronauti, il senso della gravità è relativo.
I corpi emanano sospensività pneumatiche in danze dal capovolgimento improvviso
oppure repentini sollevamenti direzionati dopo staticità galleggianti nelle atmosfere
dello spazio cosmico.

Da qualche parte nell’universo la poesia riprende sempre un sentiero interrotto.

Compito d’ astronauti / poeti trovare traccia.
Un punto di transizione verso l’universale, prima di rientrare nella navicella umana.

Così era per “La natura delle cose” nelle amplitudo di conoscenza del verso classico ed enciclopedico di Lucrezio, fino ai “Fourth Quartet” di T.S. Eliot, dove questo punto, è quello decisivo e da tutti noi intoccabile, poiché generazione ininterrotta ed energia
senza sforzo del movimento nel tempo.


Affascina, quando invece due voci si accostino in stretto giro di verso e vadano camminando insieme nella direzione della impemanenza, con gravità abolita e
attraverso la dinamica del comune sentimento della parola per “Sentire il moto
inverso della vita comporsi sotto il passo del tallone”
verso la chimera della lontananza sempre richiamante, sempre presente.


Per questo le traiettorie del corpo lirico sono ben presenti nella plaquette:
“Derivare è provenire” (p. 50) “Ma l’amore è proseguire” (p. 25) “Dove eravamo dimmi”
(p. 18), locazioni di parole temporanee che disegnano movimenti al sentire, il quale
globalmente, nel libro rimane sempre ascolto, poiché esso “sposta” sempre in avanti
l’interlocuzione interiore fra i due poeti ed allo sfogliare progressivo delle pagine, manifesta il tempo delle stagioni. La vanità. L’indistinzione.


Sui passi per non rimanere è nella forma una piccola drammaturgia lirica.
Freme verso la parte attorale del verso e lo fa con sorvegliata calibratura della
tonalità per “abitare insieme alle proprie parole”, come afferma Assiri nelle premesse,
e per attuare questa consapevolezza, modella un corpo poetico che si espone e si dispone.


Alla fine troviamo l’orma cancellata dall’aria durante il cammino,
ma le risonanze delle parole hanno reso fertile la terra della poesia.



Febbraio 2009


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