Attualità: ''Sui passi per non rimanere'' - Fara Editore
di Luigi Ciamburro Discutiamo di poesia con gli autori Alessandro Assiri e Chiara De Luca
D: Sui passi per non rimanere è una raccolta lirica originale, sperimentale, in quanto vi si alternano i versi di due poeti: Alessandro Assiri e Chiara De Luca. Come nasce l’idea di quest’opera, che rapporto c’è tra voi e come è stata decisa questa struttura “amebea”?
CHIARA DE LUCA: In realtà non c’era un disegno preciso inizialmente. Alessandro ed io ci siamo incontrati nella poesia, nella scrittura. Come spesso avviene se somigli a ciò che scrivi, siamo diventati amici anche nella vita. Amici nel senso antico della parola, che implica quel cercare insieme l’autenticità del discorso, condividendo esperienze e ricordi, confrontandosi rispetto a quanto si ritiene davvero nostro, prezioso e importante. A un certo punto, complice la distanza, che ci induceva a scrivere per comunicare, ci siamo ritrovati a parlare in versi. E per molti aspetti sembrava l’unico modo per poter mettere a fuoco determinate cose che ci stavano a cuore. Da parte mia questo è conseguenza del fatto che ho iniziato a scrivere per dire quel che altrimenti non riuscirei, per riandare a memorie e sensazioni all’apparenza rimosse, cui solo in poesia riesco a dare forma.
Poi nel tempo abbiamo visto che cresceva un discorso, si apriva un dialogo.
Credo che la comunicazione virtuale abbia i suoi pro e i suoi contro. L’aspetto negativo, spesso portato alle estreme conseguenze nella società attuale, consiste nel pericolo di assecondare la virtualità dell’esperienza, favoriti dall’opportunità di nascondere gli occhi e i gesti dietro uno schermo. Inventandosi, modificando a proprio (s)vantaggio il peso delle parole, compiacendosi nel sentirle risuonare. Senza considerare il loro riverbero, il loro potenziale metamorfico, nutrito dall’ampia libertà intepretativa – non supportata dagli elementi non verbali del discorso – di chi le accoglie. In questo senso il virtuale ha cambiato in negativo il nostro modo di comunicare. Alessandro ed io ne abbiamo sfruttato i pro, specie l’immediatezza, la velocità nel valicare le distanze. Continuando però a misurare il peso delle parole, custodendone la verità, preservando al contempo tutte le caratteristiche di una lettera scritta del passato: la cura formale, la rilettura e riflessione prima di inviare…
E pian piano ci siamo accorti che questo insieme di scambi in versi e pensieri sarebbe potuto diventare un libro. Ci abbiamo lavorato, come sempre si fa con la poesia, ed ecco sui passi per non rimanere.
ALESSANDRO ASSIRI: Sui passi per non rimanere, nasce da una comunicativa spigolosa, di due persone che oltre che essere amici nella vita, scoprono di riuscire a dirsi in versi, due amici che cercano di impararsi nell'urgenza di comunicare all'altro un emotività sgorgante. Durante la stesura del libro Chiara non era un interlocutrice privilegiata, ma unica destinataria possibile.
D: Le poesie di questa raccolta sono state composte via sms, in treno, aspettando il bus, facendo la fila al supermercato… Sembra proprio che la poesia debba lottare contro i ritmi frenetici dell’ odierna società…? Secondo voi è giusto definire la poesia come “linguaggio del contropotere?”
CHIARA DE LUCA: Non saprei… la bellezza e la verità hanno un grandissimo potere. Ma d’altro segno. Non sarà mai il genere di potere che potrà guidare il mondo, né contrastare il moto di ciò che ci schiaccia, il vuoto di quel che cerca d’uniformarci. Può solo aiutarci a (r)esistere, a non smarrirci del tutto. La poesia non lotta contro i ritmi della società, non ne tiene conto. Ha un suo ritmo che la impone. Questo avvenire all’improvviso, inattesa. È la sua prerogativa, qualsiasi andatura e movimento stia seguendo la tua vita. Non puoi mai sederti alla scrivania e decidere quando. Ci sono momenti in cui la poesia si nega e si sottrae, e tu la chiami, perché avresti tempo e quiete per accoglierla e ascoltarla. Ma non avviene. E momenti in cui un verso ti assale, qualsiasi cosa tu stia facendo, ovunque tu stia andando. E se non lo fermi subito svanisce, lasciandoti un senso di perdita. Per questo si gira armati: di moleskine, foglietti, quaderni, in modo da non perdere quell’attimo che è la poesia.
A me accade spesso mentre corro ai giardini. Allora devo rigirare i versi nella testa, senza pensare ad altro, finché non sono tornata a casa e posso scriverli, fermarli. Oggi tra i vari strumenti che abbiamo a disposizione per catturare un verso c’è anche la memoria del cellulare. Io lo tengo sempre accanto quando dormo, perché i versi che arrivano nel dormiveglia o nel sogno sono spesso i più belli, ma se non li trascrivi subito, al mattino non ne resterà traccia. Però non abbrevio, non taglio, non condenso. Scrivo e osservo le parole nella loro interezza, come quando le traccio su un foglio.
La poesia è sempre dialogo. Si presuppone sempre la possibile presenza di un tu, qualcuno che ci leggerà e ascolterà. Averne la certezza, sapere che c’è già una persona cara che attende una risposta, in rete, o via etere, o all’altro capo del filo, pronta ad accoglierti e capirti, ti aiuta a interrogarti con più intensità, sincerità, senza bisogno di indossare maschere, difese. Senza costringerti a tradurti, spiegarti. E acquisisci coraggio dal sapere che non sarai solo ad affrontare ciò che ti scoprirai dentro. Perché qualcuno sta chiamando la tua poesia insieme a te.
ALESSANDRO ASSIRI: Poesia è un ritmo, un suono, un urlo, compito del poeta è radunare il disperso, e compito di ogni parola è destinarsi all'ascolto, "linguaggio del contropotere" mi piace poco, diventa come poesia civile, alla quale preferisco sempre la civiltà della poesia.
D: Da dove proviene quel fondo di nostalgia presente nelle poesie e perché la scelta di un linguaggio quasi ermetico?
CHIARA DE LUCA: Difficile rispondere… la nostalgia viene da lontano… è nostalgia del bello e del bene, di quello perduto, ma più ancora di quello mai avuto, di quello “intuito dalla negazione”, con “mani di selce che aprono / a poterlo sfregare” (De Luca).
Credo che la nostalgia per ciò che non si conosce, eppure si sa, in “questo sapore scondito / di festa mancata” (Assiri), “la nostalgia di un luogo / mai visitato nel cambiare” (De Luca), sia la più intensa, la più tormentosa. Ed è anche ciò che più spinge con forza all’azione e alla ricerca.
Più che frutto di una scelta, il linguaggio è stato necessità. Fino a qualche tempo fa scrivevo in modo più “chiaro” e diretto, mi sforzavo, forse, per poter essere in potenza compresa da chiunque. O così pensavo. Ma la poesia, il suo linguaggio, si trasforma ed evolve con noi e la nostra interiorità sulla base dell’esperienza. Circa due anni fa un evento ha cambiato me, la mia vita, la visione forse più fiduciosa e in fondo ingenua che avevo del mondo e dell’altro. E mi ha fatto al contempo comprendere che non c’è bisogno di sforzarsi per aderire alle istanze di chi ci sente, perché chi vuole ascoltare riuscirà a comprenderci comunque. Allora sono scesa senza difese in quei territori interiori che stavano tanto in fretta mutando, tra luci e ombre, frugando tra macerie, accogliendo immagini più inquiete, angosciose, talvolta oniriche, che scopro e decifro nel momento stesso in cui si di-segnano nei versi sul foglio. Seguendo un ritmo interiore che avverto, assecondando il darsi meno immediato, forse più formalmente involuto della parola esplosa.
ALESSANDRO ASSIRI: Credo che scrivere appartenga a una forma di lontananza, così come ogni immagine altro non è che una falla della presenza, probabilmente la nostalgia deriva da questo. Il linguaggio usato credo non sia particolarmente ermetico, ma appartenendo a una sorta di intimita assoluta, " sui passi per non rimanere" potrebbe avere anche questa chiave di lettura
D: Qualche critico letterario dice che oggi la poesia viene coltivata da molti, forse troppi, ognuno ha una sua raccolta segreta nel cassetto; ma i lettori sembrano una specie in via di estinzione. Siete d’ accordo?
CHIARA DE LUCA: In effetti talvolta sembra che tutti abbiano una raccolta più o meno segreta nel cassetto… Ciò che spesso chi scrive non comprende è che la poesia ha bisogno di tempo, umiltà e infinita pazienza. E che la lettura, curiosa, onnivora, incessante, attenta è la più efficace palestra, il più grande arricchimento per migliorarsi e trovare la propria vera voce inconfondibile. Se tutti quelli che scrivono acquistassero almeno un libro al mese, la poesia sarebbe il settore trainante dell’editoria italiana !
ALESSANDRO ASSIRI: Mi piace pensare che nei cassetti di tutti dimorino sogni di scorta, per quello che riguarda i lettori, le acque in cui naviga la poesia le sappiamo tutti, penso sia necessario accompagnare in giro le proprie parole, renderle nomadi, porgerle, questo la poesia dovrebbe oggi fare senza supponenza, senza cattedre. Solo così si può creare una necessaria civiltà della lettura.
D: Alessandro Assiri e Chiara De Luca cosa fanno nella vita oltre a scrivere poesie?
CHIARA DE LUCA: Dopo una serie di svariati lavori di cui ricordo poco, nell’ottobre del 2008 ho aperto una casa editrice di poesia italiana e straniera contemporanea che si chiama Kolibris (www.edizionikolibris.eu). Così oltre a scrivere poesia… leggo, traduco, recensisco, impagino, propongo, porgo e diffondo poesia. Con incursioni nella traduzione tecnica e legale per arrotondare. Perché il bello e la verità non influiscono neppure sul potere d’acquisto.
ALESSANDRO ASSIRI: Alessandro ha un agenzia di rappresentanza di calzature e si occupa di moda da 25 anni
Report On Line
L'informazione (che) aiuta la vita
Nessun commento:
Posta un commento