venerdì 26 settembre 2008

Su Padri della terra di Vincenzo D'Alessio


recensione di Carla De Angelis

L’opera I Padri della Terra di Vincenzo D’Alessio è un invito continuo a soffermarsi sulla condizione umana per approfondire il senso della vita perso e disperso nel veloce susseguirsi degli atti quotidiani, che poco tempo lasciano al pensiero.
La prima poesia si fa immagine e ricorda una pittura sita nell’atrio di un palazzo romano: “con la falce nel fieno / e un bimbo in grembo come / nuovo grano”. Da anni non mi stanco di ammirare quel dipinto e mi commuovo, così come mi accade nel leggere le poesie di Vincenzo D’Alessio, dalle cui pagine esce il profumo del pane di Montefusco, la rabbia non celata per la classe politica e la camorra, la continuità tra le generazioni, la memoria, che D’Alessio celebra con la consapevolezza che conservarla vuol dire continuare il viaggio di oggi per procedere con più consapevolezza verso il domani. La sua acuta sensibilità fa sì che ogni poesia sia un evento, un confronto costante con la propria esistenza non disgiunta dal resto del mondo, e specialmente dalla sua terra tanto bella quanto sfruttata. Sensibilità che gli permette di credere nella bontà degli uomini e di non perdere il senso della bellezza e del vivere “vivremo nell’intensa giovinezza / di questa terra antica di oltraggi / sentiremo la pecora e l‘agnello / il volto dei nostri paesaggi / ritorneremo saggi senza lutti”; e ancora: una preghiera a mio padre: “Spingi lontano il grido insabbiato / Rompi l’indugio all’invito del vento / Vai lontano / Lo sento”; una invocazione a Dante: “Dante che pieghi le stelle / al tuo timone riassetti / … / t’attardi nel silenzio di Ponente / mentre ci affidi al mare.”
Per il Poeta D’Alessio anche il gesto più umile e quotidiano diventa poesia, il suo è uno scrivere liquido che si insinua ovunque, ogni verso di questa raccolta meriterebbe di essere citato. Sa parlare di tutto a tutti, sa affrontare le tematiche le più svariate e ci invita a indugiare sulle parole che diventano azioni perché trasudano amore, denuncia e soprattutto speranza.

Roma 24 settembre ’08

1 commento:

Alessandro Ramberti ha detto...

Bellissima recensione, così sensibile e 'appropriata' credo. Anche se non conosco il libro, da quel che traluce dalle citazioni mi pare promettente, quindi complimenti anche all'autore.
Ciao, grazie, auguri da Giovanna Fozzer