Commento critico di Antonietta Gnerre a
La Fata e il Poeta di Rossella Luongo
Fermenti Editrice, Roma 2007
La raccolta La Fata e il Poeta della poetessa Rossella Luongo avvocato avellinese con la passione per la parola scritta, apre le prospettive dell’immaginazione con un parlare asciutto ed essenziale, che va insieme senza forzature, con una capacità espressiva metamorfica e visionaria, che mi ricorda tanto i versi della poetessa Gilda Musa. La struttura metrica della Luongo è caratterizzata dall’endecasillabo interrotto e ripreso nel verso successivo per mezzo di enjambement. Poesia dove prendono corpo metafore, sinestesie, e tanti suoni di parole che si rompono nei grumi pietrosi di un linguaggio apparentemente spontaneo. Linguaggio che nasconde un’armonica intesa di pulsazioni ed emozioni vere in tutte le sezioni della raccolta (Il mio paese, Mamma, Notturno, La Fata e il Poeta, Colorando, Primavera, Metafore e Favole, Giovani, Dedicato a, Il tuo tramonto nel mio mare, Alfè). Tante sezioni di “fogli vulnerabili”, che non battono però come condanna, bensì come una meta che si manifesta attraverso l’intensità esistenziale. Infatti, sottolinea Di Stasio “(…) nella sua piccola cosmopologia tascabile, l’autrice rimane muta e loquace, trasparente ermeticamente chiusa, in modo da irretire le parole e da costringerle in un ductus stretto e oscuro, per alcuni tratti, per altri così diritto e regolare da sfiorare l’esemplarità”, perché solo chi sa dove si trovano le sue radici può allungare i rami. Una poesia quella della Luongo, che scivola lungo i rami dei suoi sensi, attraverso i quali la parola poetica suggerisce di ascoltare i suoni delle vere emozioni che vivono intrecciate come sempre al dolore. «Mi / ritrovo / argilla cruda / senza forma / ma duttile / di pensiero / ancora mi piego / alle ginestre / senza parlare / come arbusto / sul lago» (p. 34).
Il dolore della parola come suono di quell’essenza che ci nutre oltre gli spazi assordanti della realtà: «Sento il mio settembre / nelle ferite rimarginate del corpo» (p. 76). Un percorso poetico profondamente dinamico che si inginocchia al vento delle vita per divenire guida per un nuovo cammino. Una meta poetica che lacera pagine d’amore grazie ai rapporti, agli affetti e a tutto ciò che consente di riconoscerci dentro la sua storia umana: «Ti vedo solo oggi / in questi primi raggi / sul campo di grano / cui s’inchina il melograno /(…) ti voglio bene solo oggi, mamma» (p. 16).
È una poetica quella della Nostra che non teme d’inoltrarsi nei sensi e li esplora con passione. Una passione che si apre docilmente all’espressione del canto come un mistero che si realizza e si fonde nell’immagine della realtà: «Nel nostro giardino / ti vedo lilium / accanto a me / bocciolo di rosa / mentre il sole / ci accoglie / nei tepori di marzo» (p. 70).
Scriveva Gilda Musa: «Dal giardino tornavo e fra le dita / una rosa tenevo, il gambo avvolto / in un lembo dell’altrettanto rosa / grembiulino antimacchie» (la poesia di Gilda Musa è antologizzato in Notizie in Bianco e Nero, Sciascia 1983, con prefazione di Giacinto Spagnoletto).
Non mancano le ombre e i trasalimenti in questi bei versi della Luongo, come in tutti i componimenti poetici, perché nulla è perfetto sulla pelle delle nostre vite, ma di sicuro i rami di Rossella riusciranno a comunicare e a trasmettere quella familiarità e leggibilità di suoni per uno stile e per un opera prima degna di pubblicazione.
antoniettagnerre@gmail.com
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