recensione di Nicola Vacca pubblicata in nicolavacca.splinder.com
Come lettore di professione ricevo ogni giorno molti libri. Nei plichi che il postino mi recapita trovo un infinito numero di opere prime. Con onestà intellettuale devo dire che di fronte a un esordio letterario mostro sempre molta cautela.
Dalle nostre parti si pubblica troppo e si legge poco. Spesso arrivano sul mio tavolo libri di nuovi presunti scrittori e poeti che hanno troppa fretta di fare il loro ingresso nel mondo delle patrie lettere, senza magari curare prima la loro formazione. Il risultato è davvero disastroso: libri inutili senza un’anima, uno spreco di carta d’inchiostro che gli editori possono risparmiarci. Magari preoccupandosi anche di alleggerire il lavoro del critico letterario, che quotidianamente riceve al suo indirizzo infelici esordi letterari, con lettera servile d’accompagno, nella quale si prega vivamente di prendere in considerazione il nuovo talento di turno.
Per fortuna che questa regola consolidata ha la sua brava eccezione. Sono convinto che incanterà il lettore forte e attento di poesia l’opera prima di Marco Bogliani. Nottambuli (Fara editore, pagine 50, 10 euro) è un libro che si alimenta di un’oscurità pensante, quella della notte in cui il poeta si rifugia per dire la vita.
Il poeta affida al nero della notte le sue epifanie:«>tutto si tace / la notte / scagli chi è puro / la prima parola / noi siamo selvaggi / diciamo a versi».
Bogliani intinge la penna nell’inchiostro della notte e il suo fare poesia si trasforma, come per incanto, in un’atmosfera suggestiva che sprigiona incendi e soprattutto dona a tutti i nottambuli come lui una parola dinamitarda che tiene tutti svegli.
Questa straordinaria densità della parola che sa evocare, incantare e immaginare è la forza del poeta insonne che ad occhi aperti entra nel cuore delle sue notti per guadagnare una pace interiore, prima che la luce dell’alba arrivi con le sue dannazioni.
Davide Monopoli, nella postfazione alla raccolta, scrive che Bogliani è un poeta che sa uscire allo scoperto e attesta l’urgenza di una scrittura che corrisponde a una necessità: scrivere poesia è un tentativo per uscire dall’inferno, di dare forma ad un urlo primordiale.
Bogliani è consapevole della sua condizione di nottambulo. Esplora con il cuore di poeta la notte, perché sa che il suo silenzio custodisce le parole incandescenti. E in qualche modo “a margine della notte” si compie quel mistero della vita sul quale l’uomo è solito interrogarsi nel vuoto delle apparenze. Creatura distratta alla luce del sole, spesso si accontenta di decifrare soltanto la superficie del codice terrestre.
Franz Kafka sosteneva che chi scrive di notte è il padrone del mondo. L’universo nottambulo di Marco Bogliani sprigiona incendi di verità che sarebbero piaciuti al grande scrittore praghese.
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