sabato 12 aprile 2008

Una metantologia silenziosa

recensione a Il silenzio della poesia
di Vincenzo D'Alessio (G.C.F. Guarini)
via Sala 29 - frazione S. Felice
83025 Montoro Inferiore (AV)

Si è tenuto il 16 febbraio 2008 a Francavilla al Mare (CH) un convegno desiderato dalle Edizioni Fara di Rimini per fare il punto sulla Poesia contemporanea e sul valore della testimonianza del Poeta nella società in cui siamo sospinti dall’eccesso di violenza, ingiustizia, indifferenza, protagonismo. Dall’incontro, dove 24 autori si sono confrontati, con diversa filosofia poetica, diverse aree geografiche, diversa educazione poetica, è scaturito un testo omogeneo, forte nei contenuti, audace nelle proposte. Sono questi i libri di testo che i nostri studenti liceali dovrebbero leggere per aiutarsi a progredire nella comprensione della Poesia come forza costruttiva per una società culturalmente non soggetta a quella che Pier Paolo Pasolini definiva: “una cultura livellatrice, degradante, volgare (specie nell’ultima generazione)” (Lettere Luterane, Einaudi 1976 e successive).

Il libro, curato da A. Ramberti, ha una introduzione di Massimo Pasqualone, che è stato promotore ed organizzatore della manifestazione.
Gli interventi contenuti, e le poesie, sono tutti di grande valore comunicativo. Non hanno linguaggio astruso che impedisca al lettore di seguire le orme del cammino che ogni poeta ha faticosamente impresso nella polvere di nostri giorni. Giorni terribili e difficili. Giorni in cui la serenità vacilla ogni istante sotto l’urto terrificante della fine della esistenza portata con guerre e odii razziali; religione e fanatismo; eccessi di produzione ed economia infuriante.
Le voci che si elevano da questo testo mi hanno portato alla mente i versi indimenticabili di Giuseppe Ungaretti della poesia I fiumi, del 16 agosto 1916, sul fronte orientale della Prima Guerra Mondiale, in una Italia, la nostra, sospinta dal furore dell’amor patrio e dalla precaria economia interna che aveva relegato migliaia di emigranti nelle lontane terre dell’America:

(…)
Ho ripassato
le epoche
della mia vita
Questi sono
i miei fiumi

Tutti i poeti contenuti nel libro che stiamo leggendo hanno fatto questa operazione. Tutti hanno fatto confluire la propria acqua, diversa, nell’alveo di un solo corso d’acqua ed il lettore, io stesso, ho sospeso per un attimo intero la mia esistenza e mi sono posto in ascolto, proprio come diceva Ungaretti:

(…)
Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato

“Lettera ai poeti che erano bimbi l’estate dell’80” di Alessandro Seri (pp. 42-43) mi ha dato il senso più alto del disagio dei giovani: giovani che ho alimentato e che mi hanno nutrito in questo viaggiare terra/cielo. Le pochissime oasi incontrare lungo un immane deserto di polvere. Le parole di Seri sono una denuncia vera, sincera, altamente poetica come insonne poesia, quando scrive: “Qualcosa che allora non capivo mi prese dentro come un richiamo, una moneta in gola di cui non poterne dire se non a me” (p. 42).
Seguiamo l’analogia di questo sentimento del tempo con quello del poeta Ungaretti:

(…)
Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch’è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre.

Come non acclamare lo sforzo di una modesta casa editrice che propone al largo pubblico un testo tanto bello e impegnativo? Come non seguire con volontà sincera di lettori la strada, poco agevole, dei giovani scrittori di poesia che, come scrive Guido Mattia Gallerani, “si sforzano per farsi sentire, deve venire al più presto una voce di disappunto verso il silenzio propugnato su di loro, da chi detiene la loro parola nel silenzio di una chiacchiera che solletica soltanto i palati e non le menti” (p. 102).
Sono stupendi i versi contenuti in questa metantologia. Versi carichi di nuove o consolidate potenzialità linguistiche. Versi emergenti o spinti alle analogie con quegli Autori classici che formano lo zoccolo duro della poesia contemporanea.
Sono le poesie di A. Desideri, A. Seri, A. Gnerre, C. De Angelis, C. Di Pasquale, C. Pretolani, F. Amadei, G. Vincenti, G. Giannetti, G.M. Gallerani, I. Radoccia, M. Fanti, O. Rossani, R. Burgazzi, R. Giurastante, S. Cattani, S. Leoni, tutte poste nell’equilibrio del confronto aperto, libero, consolidato, voluto dal desiderio profondo di comunicare il proprio disagio poetico.
L’analogia tra Ungaretti e i poeti di questa raccolta sono tante. A cominciare dall’angoscia voluta da altri, la guerra: combattuta sul fronte del Carso Italo-Austriaco di allora, combattuta nel proprio posto di lavoro/sociale oggi dai protagonisti contro una massa appiattita al consumo dei beni terra/terra. La necessità di una parola “oltre” che parte dall’esperienza personale e si fa ascolto/incontro con chi legge. La sfida ai modelli imposti/calati dall’azione mediatici/visiva/consumatrice, all’incontro con gli autentici modelli poetici fatti soprattutto di silenzio, di parsimonia, di Grazia (intesa come bellezza dell’esistere).
Il silenzio della poesia è nato migliaia di anni fa nella Storia degli uomini. Nasce nella civiltà di ogni luogo quando sposa “un ‘fiato’ che non sembra avere grande importanza” eppure “I veri poeti sono dei fari che possono aiutarci a navigare l’elusiva superficie senza suono che è la lavagna trascendente in cui sta scritto il destino di ciascuno” (A. Ramberti nella quarta di copertina).
Tra i poeti inseriti in questo testo c’è la voce pura e semplice di una poetessa meridionale a noi cara, perché faticosamente sbocciata tra le dure zolle di luoghi arsi, incoerenti, quali sono ancora oggi le società del Sud d’Italia. Parlo di Antonietta Gnerre, firmataria del Manifesto dei Poeti Irpini, unica voce meridionale di questa raccolta di Autori. Il suo intervento qualifica e quantifica gli sforzi che già il premio Nobel Salvatore Quasimodo accennò circa la realizzazione di una vera conoscenza dei Poeti del Sud. Una terra luminosa, profumata, attiva di pensiero e cultura, profanata da forze ctonie di inaudita violenza che uccidono, intimoriscono, depredano le voci più libere della freschezza dell’agire.
A questa autrice, come alle poetesse contenute in questo mosaico di voci libere, va tutta la nostra gratitudine quando declama: “scrivere poesia è un modo di guardare ciò che avviene, prima di tutto nella terra, con una voluta insistita attenzione verso la sofferenza della gente. Sofferenza che accomuna, perché al Sud si vive ancora con l’ingiustizia, con quel senso del tradimento che oggi è anche umiliazione” (p. 49).
Vorrei concludere, per questo momento di ascolto del silenzio di queste belle voci poetiche, riportando ancora Ungaretti della poesia I fiumi:

(…)
Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia.

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