martedì 11 marzo 2008

Navigare nello specchio


recensione di Arianna Ioli pubbicata in Exitime, n. 5 marzo 2008, Libri e cultura


Lo specchio non è solo metafora di noi stessi. È altro. È ciò che rinvia al mondo che si riflette alle nostre spalle e ciò che sta dietro allo specchio stesso. È lo spazio ove è necessario navigare, lo Specchio poetico a cui empaticamente allude Ramberti curatore della bella raccolta. Quattro coppie di autori si “commentano” l’un l’altro: originano da mondi poetici lontani, eppure ambiscono alla comunicazione estrema, irresoluta, al limite, a volte, dell’indicibile. Uno dei fili rossi che li tiene uniti è il camminare, topos o metafora che dir si voglia dello scrittura (il poeta è un flaneur insieme disincantato e appassionato), un andare, che nella sua circolarità è un ritornare a se stessi e alle forme misteriose della memoria: “I passi che facciamo sono le idee che abbiamo” (Bottura), “Scrivere non è / tornare indietro / non è mettere il cuore / in pace” (Padua) “Correnti calde trasportano / pensieri sfatti, trafitti” (De Falco). La scrittura riflette la sofferenza del mondo e lo sconforto di una sete mai appagata di vita vera: “è così semplice terminare con un morso di morte che viene voglia di continuare con un sorso di vita” (Parato). Il dolore è tangibile, ha una fisicità che nutre le parole e le inarca, mentre introduce alla dimensione della carne emaciata, pelle di un vuoto dell’anima: “la mia vita / una corda /di carne” (Romano).

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