venerdì 28 marzo 2008

da Parola/parole (Gianpaolo Anderlini)

«Senza profeti il mondo non ha volto»: scolpito questo verso di Anderlini che può essere considerato un po' il biglietto di presentazione della poetica di un autore dichiaratamente interessato al Libro, alla voce di Dio nell'Uomo: «voce che sale dalla breccia aperta, / il profeta trattiene la pesante / mano di Dio e salva il mondo e l’uomo»; «Chi risponde è profeta, non chi parla.»
Endecasillabi pregnanti e intensi di un poeta davvero immerso nei luoghi (in senso spaziale, teologico, narrativo, simbolico…) della Bibbia.


I. La breccia


Nel muro che separa il cielo dalla
terra, l’uomo da Dio (necessario
per trattenere Dio in alto, l’uomo
in basso) si aprono brecce per opera
di uomini che si sentono immortali.

Luce di libertà: generazione
dopo generazione, pietre tolte
con le mani voraci del peccato
e il cielo cade sull’umanità.

Sogni, parole, visioni, silenzi
sottili nel deserto dei pensieri:
voce che sale dalla breccia aperta,
il profeta trattiene la pesante
mano di Dio e salva il mondo e l’uomo,
che corrono sull’orlo dell’abisso
inconsapevoli. Il profeta solo
(per amore degli uomini e di Dio)
chiude la falla con mani operose,
con voce di preghiera che interrompe,
salendo al cielo, il precipizio della
Giustizia onnivora. Tace il profeta
della precaria condizione umana,
solo, attende – ora – parole dal cielo.

Il sole splende (etsi Deus non daretur).



II. Parole e mani

Mi disse: “Vedi”, ed io vidi; “Ascolta”,
ed ascoltai; “Scrivi”, ed io scrissi.
Mi disse: “Mangia questo libro”, ed io
mangiai, parola per parola, tutto.
Mi disse: “Va’, minaccia, maledici”;
mi disse: “Torna, accogli, benedici”,
e le parole mie e le mie mani
si fecero parole e mani sante,
dono dal cielo, sale della terra.

Mi rivelò misteri che teneva
celati nel segreto del suo trono,
parole che si calano, di cielo
in cielo, nei miei occhi fatti lago
per contenere il volto della vera
redenzione (nel tempo della vita,
nel tempo oltre la vita). Poi mi aprì
le labbra ed io parlai senza timore
a sordi che non vogliono ascoltare,
a ciechi che non vogliono vedere,
a muti che non sanno più pregare,
a morti che non vogliono risorgere.

E fui di nuovo solo, abbandonato
ad essere parola per nessuno.
Fui solo specchio che riflette in alto
lo scendere di Dio nella mia
voce. Fui solo un vaso che raccoglie
le lacrime del cielo e della terra.

Fu la luce negli occhi degli oppressi
a mantenermi vivo e non più solo.

Beato il mondo che non ha profeti.


III. Quanti profeti

Di quanti profeti ha bisogno il mondo
per riconoscere l’orma di Dio
che passa ancora? Di’ loro: Di quanti
furono e sono del seme d’Adamo,
inconsapevoli profeti - tutti.

La vita è alito divino, luce
che illumina le tenebre del nulla,
nel volto di ogni uomo che calca il mondo,
profeta consapevole del Dio
che parla nella bocca di chi crede,
di chi non crede, di chi ama od odia.

Parla, uomo, creato ad immagine
di Dio, parla, non tacere, annuncia
al mondo affascinato dalla voce
del Male, annuncia dai tetti dei templi
il nuovo patto fra terra e cielo:
per tutto il tempo in cui risplenderà
il sole sulle fredde albe del mondo,
Dio sarà nelle lacrime amare
delle stelle stregate dall’amore;
l’uomo sarà giudice giusto aperto
al pianto della terra ed al lamento
di quanto ha vita ed è senza diritti.

Senza profeti il mondo non ha volto.



X. Solo parole (Giona)

Prima parola: Va’, annuncia, chiama
al pentimento un popolo straniero,
un popolo diverso che non sa
tornare a un Dio che non conosce ancora.
Va’ lontano dai tuoi cari, nel cuore
pulsante dell’impero universale,
nel luogo dove tutto si fa merce,
luogo dell’amorale mercadante.
Va’ e porta con te solo parole.

Prima risposta del profeta. Mentre
l’occhio di Dio scruta assorto
la città, fuggirò lontano, verso
luoghi remoti che nemmeno Lui
conosce e là mi cercherò un idolo
che non dica parole e che non voglia
salvare il mondo intero. Cerco un Dio
che si occupi di me e del mio popolo,
che non mandi profeti a zonzo invano.

La nave, la tempesta, il grande pesce
che lo tenne tre giorni nel suo ventre:
di nuovo al punto di partenza. Dio
parlò per la seconda volta. Va’,
annuncia, chiama al pentimento gli uomini,
gli animali e le cose; il tempo è breve
per te e per loro: per loro la morte,
la solitudine silenziosa
nel fondo dell’abisso; per te il peso
di non avere aperto il cuore al mondo.

La seconda risposta del profeta.
Andò, parlò, disse solo parole.
Quaranta giorni ancora e la città
sarà distrutta. E la città rispose,
inaspettatamente, senza indugio.

Disse solo parole e se ne andò.

Fuori dalla città siede il profeta,
steso dal sole caldo del meriggio,
prostrato dall’attesa della mano
punitrice del Dio della giustizia.

Forza della parola, debolezza
del profeta incapace di vedere
la porta della salvezza negli occhi
di uomini senza Dio e senza fede.

Chi risponde è profeta, non chi parla.


Gianpaolo Anderlini, nato a Ravarino (Mo) il 27 agosto 1954, docente di Materie letterarie al Liceo Scientifico Formìggini di Sassuolo, è redattore della rivista «QOL», che si occupa del dialogo ebraico-cristiano. Si è dedicato, nell’arco di un trentennio, allo studio di tematiche relative alla lettura ebraica della scrittura ed in particolare del midrash. Ha pubblicato articoli e contributi su «QOL», «Bibbia e Oriente», «Rivista Biblica Italiana», «Orientamenti», «Parola Spirito e Vita» e in diverse opere collettive. Segue e coordina le attività della Scuola di lingua e cultura ebraica di Salvarano (RE).

2 commenti:

ViVi ha detto...

"E fui di nuovo solo, abbandonato
ad essere parola per nessuno.
Fui solo specchio che riflette in alto
lo scendere di Dio nella mia
voce."

Che belli questi versi, capaci di andare in profondità: vi sono molte suggestioni "appenniniche", cioè aspre e limpide, come si ritrovano in Luzi, in Campana...

"Beato il mondo che può aver poeti".
Vincenzo Viola

ciro ferraro ha detto...

Splendido, una sintesi profonda, eccitante.
La forza di una Verità che non risparmia alcun lato della sua completezza.

Ciro Ferraro