lunedì 7 novembre 2022

Peste e guerra di Paolo Fabrizio Iacuzzi a Firenze e Pistoia 11 e 11 nov 2022


FIRENZE, Palazzo Medici Riccardi, Via Cavour

GIOVEDì 10 NOVEMBRE ORE 17.30
Filiberto Segatto e Michele Brancale 
 


PISTOIA, Libreria Lo Spazio, Via Curtatone e Montanara 20
VENERDì 11 NOVEMBRE ORE 18.00
Filiberto Segatto e Augusto Iossa Fasano


presentano il libro di 

Paolo Fabrizio Iacuzzi

PESTE E GUERRA
La poesia non salverà la vita 
(Interno Poesia 2022)

 

Giovedì 10 novembre 2022, nella Sala Oriana Fallaci di Palazzo Medici Riccardi (con ingresso in via dei Ginori 8), alle ore 17.30; saluti della consigliera delegata alla Cultura Letizia Perini, presentano Filiberto Segatto e Michele Brancale.

Venerdì 11 novembre 2022, nella Libreria Lo Spazio Pistoia, alle ore 18.00; saluti di Benedetta Menichelli (assessore alla Cultura e all'Istruzione), presentano Filiberto Segatto e Augusto Iossa Fasano.

Poesia come malattia virale, rivolta e ribellione del linguaggio alle imposizioni di potere che lo attanagliano. Ma anche poesia come storia sotterranea degli esclusi, dei vinti, dei sommersi, dei diversi, dei caduti in mare a poche miglia dalla meta. Come il timoniere di Enea, Palinuro, la sua tomba inquieta: come Io, la ninfa che si “leva” e si staglia contro la violenza che la calpesta. “Peste e Guerra. La poesia non salverà la vita” è l’inedito viaggio con una bicicletta Bianca, immagine di resistenza o meglio di resilienza di una scrittura poetica nell’arco di quarant’anni: dalla guerra di Bosnia a quella dell’Ucraina, dall’Aids al Covid-19, dalla violenza alla discriminazione sessuale. Paolo Fabrizio Iacuzzi concepisce la sua bicicletta come fosse la nave Argo, assemblando e smantellando brandelli della sua poesia e della sua esperienza intellettuale, trasfondendo il suo sangue e quello della sua famiglia dentro la Storia: una sorta di autofiction epica e corale. Un libro Arlecchino, un libro Frankenstein: una prima parte composta da versi scelti dalla vasta produzione di uno dei maggiori poeti della sua generazione e una seconda che mette in scena il dialogo con il suo interlocutore-curatore-inquisitore, il giovane poeta Michele Bordoni. Non un monologo, non la storicizzazione di una carriera poetica giunta al suo punto di massima altezza. Semmai una restituzione al mondo della voce che, prima inspirata, viene ora espirata nella condivisione e nel contagio dei valori della poesia, del potere delle immagini e della forza dei colori. Una celaniana “svolta del respiro” che non salverà la vita solo perché il suo compito è quella di renderla possibile.
 

Tribunale delle Ortensie


Giorni vicini al solstizio d’estate. Nel Piano di Furia 
sedato dal dolore. E lui in piedi davanti al tribunale 
delle Ortensie. Baffi arricciati in su per inquisire. Così 
è arrivata la bella stagione. Col puntaspilli alle spalle. 

Ficcate nel suolo le Annabelle. Le bianche idrangee 
femmine in questo contesto. Quelle belle porzioni 
di cervello issate sulle spade. Intelligenze franate 
lungo la ringhiera del bastione che ora si affolla. 

Per giudicare il corpo. Quel suo corpo infilzato da 
spade. Per apporvi bucato il cartamodello da sarto 
col bisturi e fili. Discendendo lui da antichi cerusici. 

Per quelle tavole di anatomia che avrebbe redatto 
con dovizia imposta da parole. Ortensie immense 
assise al fuoco. All’ombra del vecchio cerro malato. 


Palinuro Mariupol 

Palinuro l’amico d’infanzia. Trasfuso in noi 
per virus nasale. Se il nocchiero per teatro 
si cela dentro un anagramma. Per questo 
nuovo esodo col grande caduto insepolto. 

Fosse comuni e lapidi non scritte. Mai erette 
nella terra nuda. Grigioverde senza le toppe 
di colore. Taras Bulba tornato dopo la peste 
per il tempo dell’Apocalisse. Per i trent’anni 

di stragi dalla Bosnia. Per le donne che una 
dice la violenza ci spezza. Ma nascondiamo 
il computer con la foto del nostro amore. 

Col nostro cuore indomito. Mentre passa lei. 
E Frida già trasfonde il sangue dal cartellone 
per tutti. Sommersi nel teatro di Mariupol.

“Si capiva fin da subito che l’intervista si fosse già trasformata in qualcosa di più, quasi in un teatro dove le figure dei due personaggi diventano altro, protagonisti di una tela o di un quadro d’antan.” (Michele Bordoni, dall’introduzione)

“Nonostante il volume sia composto di testi selezionati dalle sei precedenti raccolte, alle quali si aggiunge una settima sezione inedita, non è tuttavia un’antologia. A tutti gli effetti è, invece, una nuova rapsodia epico-lirica, che fa tutt’uno con prefazione e dialogo e che, perciò, rinnova e dilata fino all’auto-epistemologia il modo di costruzione del libro e lo stile compositivo del verso, tipici da sempre dell’autore pistoiese.” (Gabrio Vitali, “Il Manifesto”) 

“Componimento unico, unico ecosistema ogni volta straziato e consolato; fotografia d’un moto incoercibile che i versi ha sbriciolato in trucioli crepuscolari, in cesure-punti-cicatrici, reso le parole e i sintagmi tessere di mosaico recuperate ai fanghi del tempo, alle distruzioni, alle rovine, alle infamie della vicenda umana, e rimontate sbieche. Qui si va avanti a frasi mozze come colpi di vanga che scavano la fossa, per la sepoltura e/o per la riesumazione, per tutte e due le cose insieme.” (Angelo Airò Farulla)

“La tensione gnoseologica fondamentale della poesia di Iacuzzi possiede sempre una sfumatura metafisica, per cui la reale risoluzione delle diversità sociali è possibile soltanto nell’eschaton, nei tempi ultimi. Metafisico e a tratti surrealistico è il linguaggio che, ancora, cresce sul contrasto e sulla diffrazione.” (Alberto Fraccacreta, SuccedeOggi)  

“Si tratta di una sorta di unicum, di un procedimento personalissimo e anomalo, le cui ascendenze storiche e letterarie diventano di non sempre facile decrittazione, ricche come sono di criptocitazioni, quasi si trattasse di un elenco di geroglifici che solo un illuminato Champollion sarà in grado di interpretare tramite la rivelazione della stele di Rosetta.” (Pasquale Di Palmo, “Ytali”)

Paolo Fabrizio Iacuzzi vive tra Firenze e Pistoia, dov’è nato nel 1961. Nel 1996 ha pubblicato Magnificat (I Quaderni del Battello Ebbro); nel 2000 Jacquerie (Nino Aragno Editore); nel 2005 Patricidio (Nino Aragno Editore); nel 2008 Rosso degli affetti (Nino Aragno Editore); nel 2016 Pietra della Pazzia (Giorgio Tesi Editore); nel 2018 Folla delle vene. Il museo che di me affiora (Corsiero Editore); nel 2020 Consegnati al silenzio. Ballata del bizzarro unico male (Bompiani Editore). La silloge Fiabucce per una madre è pubblicata nell’antologia Sospeso respiro. Poesia di Pandemia, a cura di Gabrio Vitali (Moretti & Vitali 2021). È presente in diverse antologie ed è tradotto in altre lingue; nel 2021 è stata pubblicata in francese la sua antologia Le Pavillon vert et autres poèms (Voix Vives – Al Manar). Sito web: http://www.paolofabrizioiacuzzi.it

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