venerdì 3 gennaio 2014

Su Ore di luce strangolate da clessidre di Franca Fabbri

FaraEditore, 2013

recensione di Vincenzo D'Alessio


Ogni qualvolta leggo una raccolta di poesie, oggi leggo: Ore di luce strangolate da clessidre della poeta Franca Fabbri, mi rivolgo l’interrogativo: perché scrivere poesie ?
Credo fermamente che la Poesia è un rimedio unico alle sofferenze, all’abisso dell’eternità che ci accomuna al genere umano e alla Natura, alla gioia di trasmettere il valore profondo della più bella e riuscita delle invenzioni umane: la parola.
Il valente critico letterario, poeta e scrittore di teatro, Massimo Sannelli ha più volte argomentato sullo Stile ostile e sul valore dell’idea rispetto allo stile: “Lo stile è vanità e l’idea è seria. (…) Diamo tutto ad un’idea. Potremmo anche morire per un’idea” (in Trentinolibero, 2013). Richiama ancora il valore insostituibile dell’idea il contributo letterario apparso sulla rivista «Forum Italicum» (2013) del professore Toni Iermano, dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, che reca il titolo “Mourir pour des idées, Eleonora e Napoli” ne Il resto di niente di Enzo Striano: “Tutti non facciamo che attendere. Mentre questa città bellissima ai nostri piedi va accendendosi di luci.”

Ho fatto queste premesse per avvicinarmi ai versi sciolti contenuti nella raccolta della poeta Fabbri, essi scandiscono cronotopi il viaggio dalla quotidianità mutevole all’assoluto regno dell’ombra di quella vita che tutto confina in pace (dall’esergo a questa raccolta). L’idea del Tempo domina e sovrasta ogni composizione. Scrive la poeta: “Temo l’orologio / che implacabile avanza, / che decide cosa farò, dove andrò, / se c’è ancora tempo per me (Che ora è, pag. 51). Ed è in questa poesia che viene ripreso il titolo della raccolta: “Così mi fa vivere / ore di luce, / frettolose, o lente, / come strangolate da clessidre” (pag. 52).
Nella similitudine dello strangolamento delle ore c’è l’immagine della stretta ampolla della clessidra dove si sforzano di passare i granelli della finissima sabbia che bene si accostano alle ore, all’operato degli uomini, all’esistenza di ogni essere vivente. La quotidianità riversata nel dialogo con il lettore. L’intimità famigliare, gli oggetti quotidiani (“le stanze, i cassetti, / il letto, le piante”) i sentimenti (“c’è qualcosa / che ricorda l’amore / nell’odio”), riversati nel rigo breve, tagliente, ricco di similitudini, metafore, metonimie (“l’aria / isterica”), antitesi (“mio marito / (…) che durante il suo funerale / suonerà / il Celebre largo di Haendel”. Una costruzione labirintica dove la personificazione del circostante, degli animali (“Sulla scogliera del mare / singhiozzano i gabbiani”), sottostà alla veridicità micidiale del trascorrere.
“Dal ponte / tra le pagine scritte / nell’acqua del fiume / vedo galleggiare / le mie” (Dal ponte, pag. 39). La lezione della scuola eleatica prende corpo nel panta rhei e si eleva con l’ausilio del testo de Il cielo in una stanza (pag. 55, La pianta del poeta) e nelle opere pittoriche solenni di C.D. Friedrich, romantico viaggiatore nel tempo.
“Un poetare che appare come il racconto di un perenne agitarsi tra sofferenze vissute, con un lutto nello sguardo da cui potersi finalmente liberare, per librarsi, come conferma l’analista: nel volo cerchi la luce, il respiro libero, senza il peso del mondo”: in questo modo definisce la poetica della Nostra, nell’introduzione alla presente raccolta, il critico Marcello Tosi.
Musica, poesia, versi dedicati alla figura femminile, bisogno costante di trasmettere le ore di luce terrena vissute con grande intensità, con spirito critico e con la consapevole ironia che governa il Tempo.

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