Mariangela
De Togni, Frammenti di sale, Fara
Editore, Rimini 2013, pp. 56, € 11,00.
recensione di Rosa Elisa Giangoia di prossima pubblicazione sulla rivista Satura
Questa nuova silloge di Mariangela De Togni,
suora orsolina e musicista, che ha ormai alle spalle oltre una dozzina di
raccolte di liriche, è la continuazione di un’incessante salmodia (vocabolo che
è anche il titolo di una lirica, p. 45) che percorre tutto il suo dire poetico,
in cui la sensibilità dell’autrice penetra nello spirito profondo della natura,
nelle sue pluralità fenomenologiche di mare, terra, aria, flora e fauna, per
percepire con immenso stupore (“Rimasi come sospeso / nello stupore della
meraviglia”, Ho
inciampato nel giorno) le sensazioni di manifestazioni del divino ed
esprimerle attraverso parole che abilmente costruiscono le liriche, sempre
pervase da una soffusa musicalità.
Questa penetrazione della natura in tutta la
sfaccettatura delle sue manifestazioni fa sì che nel dire poetico di MariangelaDe Togni avvengano incontri ed intrecci di aspetti diversi che espressivamente
nelle liriche si traducono in un variegato ed abile gioco di sinestesie, in cui
si combinano soprattutto i piani percettivi, con particolare attenzione ai nessi
dei cromatismi con i piani fonici, in cui la valenza sonora del lessico sa
creare effetti di armoniosa musicalità.
In questa consonante penetrazione delle realtà
naturali l’animo dell’autrice trova risonanze e corrispondenze che i versi
delle liriche sanno trasmettere al lettore in una concentrica dilatazione di
immagini e di sensazioni che permettono di attingere progressivamente alla
percezione dell’infinito, percezione che attrae in una dimensione di acquisizione
del divino, capace di donare sensazioni di pace e di beatitudine, che nascono
proprio dal possesso di un senso di sicurezza nei confronti del trascendente e
dell’eterno. In definitiva l’unitarietà ispirativa di queste liriche comunica
una visione della realtà naturale, percorsa ed animata da una rete di sottili
fili d’infinito e d’eterno, che riescono ad attrarre e coinvolgere il lettore.
A legare la sfera terrestre
a quella celeste è soprattutto il fatto che la natura, epifania divina della
sfera celeste, è pervasa dalla bellezza. La bellezza, d’altra parte, è il
mistero che platonicamente eleva dal piano terreno al mondo celeste (“nello
stupore / della bellezza / d’una goccia di rugiada”), anche tramite le realtà
apparentemente più piccole ed insignificanti. Ma la bellezza non è che un
aspetto del più ampio manifestarsi del mistero, o meglio dei misteri, che
pervadono e si nascondono nella natura e che solo lo sguardo vigile, attento ed
indagatore del poeta sa percepire, anche se non risolvere (Dove nascono gli angeli), per il fatto che la realtà naturale attende il suo teleologico compimento,
per cui “Non è silenzio d’assenza
/ quello che scorre / fra le mura del chiostro”.
In qualche modo, però,
le presenze misteriose si materializzano nella percezione degli angeli custodi.
Uno di loro, sceso sulla Terra, dice: “E mi incamminai / sulle strade degli
uomini. / Capiranno, vedendomi, / che sono l’angelo loro custode? / Raccoglierò
nell’anfora / dell’eterno / le loro pene, le loro gioie, / le loro infantili
paure. / Li guiderò finché / un’altra aurora sorgerà / più splendente del sole:
/ la beatitudine.” (Ho inciampato nel
giorno).
Oltre a quella
degli angeli custodi, pochissime le presenze di persone nelle poesie di
Mariangela De Togni, innanzitutto la madre, già luminosa nella gloria eterna (A mia madre) e poi Yara, la giovinetta vittima di un atroce, ancora insoluto
delitto (A Yara), e forse una persona
amica (Sei tornata), a conferma del
fatto che il mondo è popolato solo di comparse in attesa del loro compimento
nell’eternità, come ci ha insegnato e dimostrato nella sua narrativa Flannery O’
Connor.
La silloge si
conclude con una lirica molto significativa, Perdonaci Signore, in cui la poetessa fa dono della sua voce a
tutti per chiedere al Signore perdono dell’umana inadeguatezza a comprendere
proprio questa dimensione di incompletezza terrena che troverà il suo
completamento nell’eterno, situazione per gli uomini difficile da accettare e
da capire (“ad indicare l’approdo / rimane il cielo la sola meta / a dirci l’infinito”
Il cielo).
Proprio per
questa sua visione di saper collocare la dimensione nella vita terrena in una
prospettiva di attesa di compimento, espressa con liriche di forte suggestione
emotiva, Mariangela De Togni riconferma la validità della sua voce poetica.
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