vi segnalo alcuni eventi:
*Cosa c’è quando c’è la poesia? Certezze e ambiguità del nostro tempo. Dialogo intorno a libro di Francesco Napoli, Poesia presente in Italia dal 1975 al 2010, (Raffaelli 2011), con Francesco Napoli, Ermanno Paccagnini, Milo De Angelis, Adele Desideri, Roberto Mussapi, Antonio Riccardi, Alessandro Rivali. Centro Culturale di Milano, via Zebedia 2, 3 febbraio 2012. Per il video, link:http://www.cmc.milano.it/Programma.asp?IdCategoria=4&IdEvento=6237#appro
*Recensione di Adele Desideri a Gilberto Isella, Mappe in controluce, Book Editore, 2011, pag. 132, euro 14. In allegato
*Recensione di Adele Desideri a Franco Loi, Educare la parola, a cura di Giuseppe Mari, La Scuola, 2011. In allegato
Lieta con voi
Adele Desideri
Gilberto
Isella, Mappe in controluce, Book
Editore, 2011, pag. 132, euro 14
Gilberto Isella, critico sottile e pungente, in
questa raccolta di poesie si dimostra artista capace di coniugare l’armonia, il ritmo dei classici greci e latini a un linguaggio assolutamente
metaforico, ricco di profetici neologismi, di parabole dal sapore futuristico,
di assonanze - e dissonanze - spettacolari.
Mappe
in controluce è dedicato a Saturno, il dio esiodeo che mangia i
propri figli, e che, quindi, crea e annienta.
Eppure Saturno non è il protagonista del libro: ne
è solo il motivo ispiratore. Primo attore, infatti, è il pianeta globalizzato:
una sorta di Torre di Babele
costruita con i precari materiali dell’individualismo, del relativismo valoriale,
della standardizzazione tecnologica.
Vincenzo Guarracino, altro valido poeta e critico
letterario, nella prefazione al volume di Isella sceglie il seguente incipit: “Un protagonista (o un
colpevole) c’è sempre. Anche qui, non diversamente da ogni altra cosa o
situazione dell’essere e della vita”.
Ebbene, il colpevole, in Mappe in controluce coincide con il protagonista: è l’uomo, il
colpevole. L’uomo che adora false divinità, l’uomo che si
inchina, per poi programmarne la distruzione, al “Dio-pianeta saturo, saturo per esaurimento./”.
Isella
propone immagini apocalittiche, drammatiche visioni nelle quali i “dispersi”, i
sopravvissuti, cercano vie d’uscita comunque occluse: “occhio per occhio spettro per spettro/ o re di
bastoni per re di denaro/ lo sguardo scoronato inzuppa il vetro/ su lui fa
schermo un altro sguardo amaro// (…)/ col chiodo inverso ogni chiodo è
compatibile/ rete di cloni in un solo reliquiario//”.
La sua scrittura - permeata da un’acuta tensione
etica - sussulta nelle frequenti sincopi ironico-satiriche e si protende verso una ricerca metafisica ansiosa e malinconica: “Forse continua a vegliare su di noi, i
melanconici./ Forse la sua ombra cammina con ostinazione intorno ai mortali,/”.
“In controluce” Isella studia
“la mappa” che illustra il sentiero della salvezza: tuttavia, la prima è oscura
e il secondo irrintracciabile. L’esito non è felice: ciò che resta è una
paradossale, mortifera, confusione.
I miti antichi, e quelli
biblici in particolare - da cui Isella attinge copiosamente – sono, d’altronde,
codici di lettura fecondi, e l’autore vi si rivolge, nella speranza che
qualcuno ancora sappia ascoltarli e, soprattutto, interpretarli: “vela
d’orbace issata sul pontile/ vibra col sangue di Caino molesto/ dal dì che
ignara un’ampolla si ruppe/ e l’acre fluido si sparse su Abele//”.
L’informe moltitudine contemporanea, però, è stordita
dagli effimeri stimoli consumistici della “società liquida”; non sente e non vede. Non ha quiete,
né più verbo: “continua tu nel quadro a strisce e spettri a rigirare/ la larva
appesa al chiodo di una diva senza età// o per spazi d’insonnia le veline a
sparpagliare/ ronzanti sul miele ambiguo della tua identità// prova a ricuperarle
nel miracolo di un volo/ plana sul telecomando, chiedi che tempo fa//”.
I poeti e gli artisti, invece, scrutano negli abissi
inconsci dell’umanità, per ritrovarvi l’archetipo che allude e turba, l’oracolo
che indica l’impervio cammino, il sogno che illumina la realtà quotidiana. La strada,
insomma, di un’autentica libertà: “sole nero che il poeta ricalca/ sul cielo
impassibile del canto/ povero dire o dir quasi niente/ meglio allora in soli
tizzi umani/ sillabare basso il cuore infranto//”.
Il miraggio, l’oasi refrigerante,
si incarna - per Isella - in una semplice, curiosa, domanda, per ora priva di
risposta: “ma che farà ma che farà mai Orfeo?//”.
Adele Desideri
Pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Libri e
letture, 24 ottobre 2011, pag. 25
Franco
Loi, Educare la parola, a cura di Giuseppe
Mari, La Scuola, 2011, pag. 151, euro 9
Franco Loi ha pubblicato, nel 2011, la raccolta di poesie Angel de aria (Aragno) e il libro-intervista, a cura di Giuseppe Mari, Educare la parola (La Scuola).
In Angel de
aria - già preceduto da L’angel, in 4 parti, Mondadori,
1994 - l’autore conferma la scelta
di un dialetto milanese innovativo eppure rispettoso della tradizione popolare,
mentre impreziosisce lo stile
fortemente lirico con schegge d’ironia, timbri quasi “angelici”, memorie appena sussurrate.
Ma in Educare la parola Loi offre al lettore, oltre alla sua toccante vena
artistica, qualcosa in più: la saggezza
dell’uomo maturo di sentimenti, la ricchezza delle acute riflessioni
filosofiche, la negazione di ogni ideologia, la denuncia della frequente ipocrisia
politica, il fecondo dialogo con gli adolescenti, l’umiltà e la coerenza nelle
problematiche questioni religiose: insomma, il pacato racconto della sua stessa
vita. Una sorta di manifesto esistenziale, sintesi dei
temi cari allo scrittore: in primis
la costante “aspirazione alla giustizia sociale” e un moderno umanesimo
corroborato da letture mirate, approfondite.
Loi, provato dalle
vicende della Seconda Guerra Mondiale e da un’innata repulsione verso il
fascismo, aderisce, sin da ragazzo, al marxismo e al Pci. Se ne distacca, poi, in quanto l’uno “non si
lascia declinare in chiave spirituale”, e l’altro gli appare, in realtà, antidemocratico.
Lavora come ferroviere, quindi come impiegato alla Rinascente. Infine, nel ‘60, entra in Mondadori in qualità di curatore
della rassegna stampa. Qui, nel ‘70, Vittorio Sereni lo scopre poeta, e ne
promuove subito le prime pubblicazioni.
Il resto va da sé:
prestigiose consulenze, eventi, nuove edizioni e sempre poesie, in un dialetto
milanese efficace, vibrante: “Quando cominciai a scrivere in milanese, feci una
scoperta: non seguivo più la logica della parola ma i suoni”.
D’altronde, è pur vero che “in piazzale Loreto i
fascisti parlavano italiano e il popolo, milanese” e che la lingua della gente
comune di Milano è proprio “melodica e scorrevole come un rigo musicale”.
Anche grazie all’amicizia con padre Turoldo e agli
incontri con don Milani, la
spiritualità di Loi si caratterizza, intanto, nel segno di un’adesione
critica al cristianesimo (“Sono religioso ma non «chiesastico»”) e di una colta ingenuità: “Oh Dio,
perdona il mio dimenticare,/ perdona i mancamenti, quegli smarrimenti/ che mi
prendono nel disamorarmi,/ (…)/ e, Dio, perdona la febbre della mente,/ (…)/ perdona
questo mio sordo addormentarmi,/ ché io sono orbo nel fosso del mio male/ e i
tuoi spintoni soltanto mi fanno svegliare/”.
Anziano - non “vecchio” - Loi piace ai giovani, per le
sue tesi schiette e prudenti, lievi e ferme: “Non è il sesso, ma l’uso del
sesso senza amore, la mancanza di conoscenza e controllo del sesso da parte
dell’uomo così come la pretesa di sentirsi come Dio attraverso l’uso logico
della conoscenza, il vero peccato originale”. E per i suoi interventi contro il
“«pedagogismo libresco»”, che provoca nella scuola la “riduzione d’ogni materia
a sillogismo scolastico” e l’incuria nei confronti della complessa personalità
dello studente.
“Educare alla parola”, significa, allora, per Loi, indicare la
dimensione della conoscenza e dell’interiorità, la rinuncia del sovrappiù, l’accoglienza
del Trascendente. Significa “far capire che il mistero non si supera con la
razionalità, ma con il potenziamento del nostro spirito”, affinché la parola e
i suoi molteplici rimandi, nel silenzio, sgorghino “come l’acqua da una
sorgente”.
Loi preferisce la serenità, sia come poeta che come
uomo. Pure quando l’ombra lo sfiora. L’ombra, che forse bisognerebbe sapere guardare
con trepida attenzione: “Camminare
con l’ombra è necessario/ come al respiro il corpo o la notte/ il fioco della
luce, alla canzone/ il greve delle note o della voce…/ L’ombra mia cara della
vita il peso,/ questa stupidità che ci consola/ come degli occhi il sonno
nell’attesa/ o l’aria tra il pensare va leggera”.
(Trad. in italiano dei
testi poetici a cura di F. Loi)
Adele Desideri
Pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, rubrica Libri e
letture, 14 novembre 2011, pag. 25
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