lunedì 1 febbraio 2010

News letterarie di Adele Desideri


Amici, di seguito segnalo alcuni eventi

*recensione di Adelio Valsecchi a Non tocco gli ippogrifi (di Adele Desideri, Campanotto, 2006) in
http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2009/11/27/dio-un%e2%80%99assenza-che-si-fa-musica/#more-26943

*recensione di Adele Desideri a Mario Luzi, Lasciami, non trattenermi. Poesie ultime, Garzanti, 2009 pubblicata ne Il Quotidiano della Calabria, 4 settembre 2009, rubrica Idee e società, pag 50, in allegato

*Scrittura e impegno, incontro con autori che interrogano la realtà di oggi. Reading e testimonianze. Relazione di Padre Paolo Barani (ofmconv). Teatrino dei Frati Minori Conventuali, Piazza S. Francecso 5, Faenza, 13 marzo 2010, dalle ore 9.30 alle ore 18.30, ingresso libero. Dettagli in
http://www.faraeditore.it/scritturaimpegno.pdf

A presto

Adele Desideri

Mario Luzi, Lasciami, non trattenermi. Poesie ultime, Garzanti, 2009, pag. 154, euro 19,00

Lasciami, non trattenermi è una raffinata raccolta di poesie di Mario Luzi (1914-2005), curata con eccellente attenzione filologica da Stefano Verdino. Comprende settantuno liriche, composte tra 2002 e il 2005.Una buona parte di queste - affidate dal poeta, per la trascrizione, a Caterina Trombetti - sono già apparse in riviste, giornali o antologie. Ma vi è anche un nutrito gruppo di inediti “assoluti”, “approvati” da Luzi per mezzo di “segni di rilievo e di evidenza d’autore”, che Verdino ha potuto recuperare nelle agende vergate dallo scrittore fiorentino durante i due anni finali della sua vita. Dattiloscritti o autografi, quindi, di estremo valore letterario e storico.

E “Lasciami, non trattenermi/” è anche l’incipit della sua probabile ultima poesia, scritta poco prima del 28 febbraio 2005, giorno della morte. Il verso richiama le parole che Gesù ha rivolto - nel contesto del Vangelo della Resurrezione - a Maria di Magdala. Non si sarebbe potuto scegliere un titolo migliore per questa silloge, che rappresenta una sorta di confessione spirituale, priva di attenuanti, nell’ora imminente della dipartita. Luzi sviluppa qui - con calibrata e singolare liricità - un canto sommesso che, in ogni componimento, nasce come dal nulla, quale un sussurro. Poi si accende, si gonfia, si alza di tono, diventa chiaro e cristallino, volteggia tra diversi timbri e ritmi, per ritirarsi infine e tornare a sussurrare nelle chiuse perfette, che suggellano il senso compiuto, la forma ottimale.Restano nell’anima del lettore un’ansia indefinita e il desiderio di ascoltare, ancora e sempre, la voce mirabile del maestro.

Luzi era un uomo di fede. Una fede ossimorica, afflitta da dubbi, levigata dalla dialettica tra Croce e Resurrezione, nella quale tuttavia le luci e le ombre dell’esistenza trovavano comunque un significato: “trasalì/ nell’ignoto sole/ il grido resurrexit/ ed era ancora/ in me, nel punto/ cruciale del mio grembo/ che avveniva il bene e il male.//”. Così, forse presentendo che i suoi giorni volgevano al termine, egli ha scritto: ”ecco cede la lena,/ la forza mi vien meno,/ sì, sono io/ quel grumo/ che crolla a piombo sul selciato…/ Oh Dio del mondo/ quando sarò rinato?//”.

Eppure la riflessione sulla vita "umana - “(…) mirifico sequestro -/” - non è mai intimista, si risolve piuttosto in un dettato che diventa espressione della coscienza collettiva: “Cresce, frana/ su di sé/ la storia umana,/ ne ingoia la polvere o il sentore/ una memoria oscura,/ fa sì/ che non sia stata vana./ Ma rimorde la memoria,/ la sua piaga non si sana (…)/”.

Viene in mente, in alcuni passi, il Turoldo dei “Canti ultimi”, nei quali il servita dialoga a tu per tu con Dio, e a Lui confida inquietudini, speranze e dilemmi. Per Luzi, come per Turoldo, l’Eterno è una presenza tanto certa quanto - a tratti - lontana, quasi inaccessibile: “E lui, creatura/ oscura, tutto sa e tutto ignora.//”. Una presenza, tuttavia, continuamente cercata e desiderata: “Devo non interrompermi, però,/ salire ancora, in un punto,/ è scritto, lo ritroverò.//”.

Ed anche per Luzi - come per il frate di Corsia dei Servi - il creato è una sublime metafora ontologica, la sua prepotente bellezza inchioda l’uomo nella trappola del dualismo tra il contingente e il metafisico: “O mente che non ignora niente/ occhio che vede tutto questo,/ e noi/ che quell’occhio lo guardiamo/ abbacinati, ciecamente.//”.

Luzi, d’altronde, si sente parte della natura, del suo ciclo stagionale: “Vivi e guardi, teste non sei/ ma parte (…)//”. E la natura stessa è una manifestazione gloriosa del trascendente: “E noi nel suo antico ventre,/ nera e celestiale cova.//”.

Ma, lo si è detto, la fine era prossima. L’anziano poeta - ancora attivo come intellettuale e illustre cittadino italiano (Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica, lo aveva nominato nel 2004 senatore a vita) - ne era consapevole. E in una lunga lirica - dalle venature accese e tenere - ha reso una senile, appassionata rivisitazione del proprio rapporto con la moglie, un registro preciso di congedo, che evidenzia aspri conflitti, dure incomprensioni e acuti sensi di colpa: “Ciò di cui ho bisogno/ infine è di perdono./”.

Era in arrivo dunque la “Nera Signora”: “è un’alba notturna./ Oh vorrei essere pronto e pari/ a coglierla.//”. Il tempo era scaduto. “Lasciami, non trattenermi/ nella tua memoria/”: una frase rivolta a sé stesso, alle persone care, alla realtà mondana?

Sicuramente uno di quei momenti nei quali i grandi spiriti della Storia toccano l’infinito, quasi forse lo “vedono”, e lo offrono, attraverso la loro arte, a tutta l’umanità.

Adele Desideri («il Quotidiano della Calabria», 4 settembre 2009, rubrica Idee e società, pag 50)

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