mercoledì 14 ottobre 2009

Su Storie minime di Maria Pina Ciancio

Esercizi di stile

13/10/2009

Il "ritorno" poetico di Maria Pina Ciancio

Scritto da: Gabriele Ametrano alle 07:05

di Michele Brancale


storieminime.jpgL’acuta e umanissima sensibilità di Anna Ventura interpretò il tema del distacco in questi termini: “Non chi parte ma chi resta parte davvero”.
Maria Pina Ciancio, al contrario di quelli che sono partiti, è nata in Svizzera ma è poi tornata nella terra d’origine, la Basilicata, dove oggi vive. Basilicata o Lucania? Già nella scelta del nome della regione, si coglie il tema di fondo del suo ultimo e intenso bel libro di poesie, dal titolo Storie minime (Fara editore), con il quale conferma il suo notevole talento letterario e la sua scrittura, libera dal versificare barocco e autoreferenziale. E il tema di fondo è lo “spaesamento” ( “Lo spaesamento, ecco cos’è: /  un tempo in cui le mani non sanno più/ se stringersi a pugno / o fermarsi / distendersi a ramo sul cuscino”). La scelta semantica sottolinea la dimensione esistenziale di quella realtà che è “il paese”: nel mondo urbanizzato, dove dal 2007, più della metà della popolazione mondiale vive nelle città, questa dimensione che assurge quasi a parametro bucolico nelle regioni dello sviluppo storico, ha altrove e in modo diffuso i tratti scarnificati delle pareti scolorite, delle fessure nei muri, delle strade vuote e battute dal vento, dei paesi da cui troppi – per mille motivi -  sono partiti e pochi sono restati partendo davvero, cercando un senso, per quelle strade, al loro restare lì.  E’ significativo che aleggi tra questi versi lo spirito solare e sfortunato di Rocco Scotellaro che cantò e interpretò col suo vivere l’emancipazione del paese e dei suoi abitanti, semmai pensando a un rientro di chi era partito quando quelli che restavano erano comunque tanti. E tuttavia già lui fece esperienza dello spaesamento, quel “capostorno” rimasto a metà, assopito a Pozzuoli. Partì anche lui, ma questo è un tema che esula dalla ricerca di Ciancio. La domanda di fondo è: “Che senso mi do in questo luogo dove – per mille motivi speculari a quelli di coloro che sono partiti – devo restare?”. La risposta è forse più presente nel precedente La ragazza con la valigia (Edizioni Lieto Colle), partita e ora ritornata. Ma qui, nelle Storie minime, Maria Pina non lo dice. Prima ci sono quelle strade dove alla porta si bussa per aprire sapendo che ci apre il fantasma di chi ci era ieri, talvolta quelli che ci hanno generato ed amato. E’ lo spaesamento perché gli altri abitano nella nostra testa ma non li posso abbracciare, se non con il cuore. “Voglio vivere nel mondo, non dietro un muro, voglio vivere nel mondo, non dentro la mia testa”, cantava, non molti anni fa, un artista sensibile come Jackson Browne. “Mi abitano i paesi spopolati / e il vento la luce che scorre in un istante / e frana nella crepa dei calanchi / nella carne” scrive Ciancio. Altrove osserva: “I nostri paesi sembra che a volte non hanno più sguardo. Li attraversi di giorno, di notte, al mattino presto, tra le case chiuse, le piazze spopolate, nei vicoli che sanno ancora di neve, e senti nell’aria la lama lucida e spietata della resa… Ci siamo dimezzati”.
E’ un libro bello quello di Maria Pina Ciancio, perché, oltre ad essere ben scritto, è composto di pagine che non fingono, che sono vere. E’ la testimonianza di chi cerca sé negli altri e per fuggire il demone spaesante del ricordo, deve prima guardarlo in faccia per giungere a cacciarlo, dissiparlo. Diciotto i testi, di cui due prose e quattro poemetti.


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