lunedì 21 luglio 2008

L'Attesa di Pablo Gozalves


Postfazione di Caterina Camporesi

LA POESIA, GRAZIE AL MISTERIOSO INTRECCIO DI SUONO E SENSO, possiede il meraviglioso dono di comunicare l'essenza al di là del suo significato letterale.
Pertanto la musicalità, sottesa ai testi poetici di La Espera, è stata da me percepita e apprezzata nonostante l'ancora poca famigliarità con l'idioma castigliano.
È nel giusto Andrea Zanzotto, quando sostiene che i poeti costituiscono una specie di setta segreta, all'interno della quale si intendono attraverso il comune codice condiviso: il ritmo.
Il lettore può intuire la cifra spazio-temporale nella quale l'opera poetica di Pablo Gozalves si svilupperà già dal titolo nel suo duplice significato di attesa e speranza e dall'incipit:

Una zattera di passaggio incrocia l'orizzonte
lo attraversa nel tunnel che preannuncia la notte.
Nella debole e lenta navigazione della sua orma
la soglia si estende celebrando l'abbraccio.
Poi restano in silenzio,
scompaiono clamorosamente nell'estasi,
nella lontananza necessaria a questa attesa.

Il poeta romantico inglese John Keats, nella sua lettera a George e Thomas Keats del 21 dicembre 1817, ha coniato il significativo termine concettuale negative capability (capacità negativa) per connotare lo stato di passività, inerzia, vulnerabilità, insicurezza, sospensione, idoneo a creare le condizioni favorevoli a fare emergere ciò che ancora è sconosciuto.
Oscurità, silenzio, ombra, esilio, sospensione, smarrimento, estasi sono alcuni fra i tanti stati d'animo che segnano e accompagnano il cammino verso i confini dell'ignoto.
Bion, uno psicoanalista inglese, particolarmente attento alla genesi e allo sviluppo della mente che può “pensare i pensieri” a più livelli di verità, ha ripreso la concezione di Keats trasferendola nel contesto relazionale fra analista e analizzando.
La condizione per raggiungere l'altra sponda del Sé e del mondo è, comunque, quella di potere sostare nella confusione caotica e negli abissi del vuoto “senza memoria e senza desiderio”. Privi del supporto dell'oggetto e della sua rappresentazione mentale e non dotati di una forte capacità di tollerare il dolore mentale e la frustrazione nell'incontro con la contraddizione e l'incoerenza è molto facile imboccare scorciatoie che, portando un momentaneo sollievo, forniscono solo risposte premature.
Tuttavia solo il contatto con la propria verità emotiva profonda e con la realtà che comporta “fare cammino dove cammino non c'è” conduce sia verso l'apertura al mondo, con i suoi infiniti significati potenziali, sia verso il nulla:

Un terzo Occhio
ri-dirige il mio sguardo,
fertile e profondo,
ha la forza di ricostituirmi in un uomo nuovo

Uno più autentico, rivitalizzato;
che mi mette nuovamente al mondo
catapultato dai miei sensi
alla ferita alla quale mi unisco.

Quando la traversata oltrepassando le colonne di Ercole raggiunge la meta, il naufrago si accorge che il percorso, anziché rettilineo, è stato circolare, e la lentezza accompagnata dallo scarto fra l'attesa e l'evento ha riempito di senso l'esperienza. Forse “ si è diretti sempre verso casa” (Novalis) dal luogo dal quale si è partiti per ricongiungersi alla ferita originaria dove, grazie all'esperienza dell'attendere, si ritorna ad investirlo di nuovi significati conquistando in questo modo la possibilità di rinascere come “un uomo nuovo”. La lunga e penosa gestazione del silenzio e le onde che hanno agitato gli abissi hanno donato a Pablo Gozalves sia la parola giusta a dire, sia la cadenza musicale, facendo di La Espera un'opera poetica ove la componente 'intenzionale-razionale' è felicemente coniugata con la componente 'genetico-ritmica':

Nasce una canzone
nello spasmo dove abita il silenzio.
Apertamente squarcia i paramenti
profana lo spazio trattenuto,
per vibrare e risuonare nella matrice
che alimenta questa attesa.

Il contenuto del libro si è presentato simultaneamente all'autore e solo per ragioni organizzative è stato suddiviso in quattro momenti. Così, partendo dalla dimensione metafisica che si manifesta nel primo momento, via via si percorre il processo creativo con un particolare riguardo a quello della scrittura per proseguire poi con le emozioni legate all'attesa dell'innamorato e concludersi con il contesto che fa da cornice all'esperienza vissuta. La dimensione metafisica che sostanzia il primo momento permea anche i successivi.
L'erotismo, secondo Georges Battaille, è la capacità di abbandonarsi alla vita dentro la morte. Nell'amplesso il soggetto, anziché affermarsi, si perde e la comunicazione fra gli amanti avviene attraverso la contemplazione delle loro ferite e del nulla. L'erotismo rappresenta l'epifania del sacro che aspira alla nudità gioiosa che disdegna ogni forma di potere per avvicinarsi all'esperienza mistica dell'estasi:

Desidero circoscrivere i miei passi alla tua ombra
e percorrere il mondo a partire dai tuoi confini.
Lasciarmi andare tra le tue gambe
come cometa intempestiva accerchiando l'infinito.

Inscrivere le mie mani nella tua pelle
come un fantasma,
come esile sospiro che accarezza la notte,
come satiro eccitato nel cielo estivo.

Nel quarto e ultimo momento il tempo si restringe e lo spazio si dilata: La Paz è il grembo e la culla che accoglie e custodisce la fecondazione del nuovo, che contiene il travaglio che porta alla nascita di un io ancora aperto all'avventura nell'incontro con la realtà e con la verità della vita:

È mezzogiorno…
La Paz odora d'asfalto caldo
tra vapori e sudori
la città si dissolve nello specchio.

Uomini di cera abitano vie e strade,
avanzano,
straripano la giuntura delle mani.
Goccia a goccia
si sciolgono all'orizzonte.

Il riflesso delle calamine ghermisce il fuoco.
Io inseguo lo splendore sottile delle selci,
saltando da un angolo all'altro,
per un momento ballo solo,
come trottola
che scende dalle cime.

Il mezzogiorno se ne va con una tazza di caffè forte,
si dissolve in un bicchiere d'acqua.
Io mi nascondo nella penombra delle stanze,
protetto,
per contemplare la vetta innevata
che resta impavida
come se nulla fosse.


Altre poesie e un'intervista a Pablo Gozalves sempre a cura di Caterina Camporesi, si trovano nel numero due di Fili di Aquilone.

Nessun commento: