martedì 23 gennaio 2007

Il santo non è puro (di Ivan Nicoletto)


31 dicembre 2006, Santa Famiglia/C 1Sam 1,20-28; 1Gv 3,1-2.21-24; Lc 2,41-52

Nel periodo liturgico del natale tutto ci sembra imbevuto di santità.
Santi sono tutti i protagonisti che lo animano: Simeone e Anna, Elisabetta e Zaccaria, Maria e Giuseppe, Giovanni e Gesù…
Noi siamo spesso abituati a pensare che ‘santo’ equivalga ad un essere puro, incontaminato, esente dalle ambivalenze e dalle contraddizioni che invece segnano la nostra esperienza umana… Credo sia un’idea che tradisce del tutto il senso della santità. Il natale celebra invece l’evento dell’immersione di Dio, in Gesù, nella dinamica evolutiva della coscienza umana, tessuta di slanci creativi ma anche di resistenze e di arroccamenti. L’incarnazione avvia un processo di abbattimento dei muri di separazione che noi eleviamo fuori di noi e che introiettiamo dentro di noi: opposizioni fra umano e divino, fra sacro e profano, fra bene e male, fra me e il diverso da me…
La prima realtà che il Dio nascente viene ad abitare è proprio la famiglia, che da Caino e Abele ad oggi rappresenta il luogo dove la massima vicinanza può scatenare tante forme di violenza o di colpevolizzazione, di abuso o di inganno, di intolleranze…
Nell’ambivalenza dei tempi e dell’anima che stiamo vivendo rispetto alla famiglia, sono mischiati segnali dissolutivi e creativi. Da quest’anno, ad esempio, negli Stati Uniti le separazioni per la prima volta hanno superato le unioni matrimoniali, ma dall’altro le legislazioni di molti paesi occidentali hanno approvato o stanno approvando dei patti di unione civile che contemplano la possibilità di convivenza di coppie di ogni tipo, che vanno a diversificare la tipologia dei nuclei familiari così come li abbiamo conosciuti finora…
Quale può essere il messaggio che la festa odierna della santa famiglia rivolge alle società oramai multietniche e multiculturali nelle quali viviamo? Che tipo di famiglia potrebbe essere quella inaugurata da Gesù, quella che lui sta facendo nascere attraverso le nostre esperienze, convivenze, interazioni?
Credo esista una propensione tutta umana di assicurarsi contro la perdita e l’instabilità della vita attraverso la costruzione di tante forme di relazioni esclusive e possessive, che vanno dal nucleo famigliare fino ad includere le appartenenze razziali, politiche, religiose, culturali…
Dalle testimonianze evangeliche, scopriamo con sorpresa che Gesù fuoriesce da tante consuetudini tradizionalmente attribuite alla famiglia. Avvertiamo un salto di qualità inedito rispetto ad ogni ambito chiuso e autosufficiente. Mi pare che l’elemento innovativo più importante e rivoluzionario che egli immette nella coscienza umana sia l’allargamento dei rapporti fino a farli coincidere con l’estensione dell’Amore del Padre suo verso tutte le creature.
Il movimento avviato da Gesù conosce relazioni privilegiate di amore che iniziano da Maria e Giuseppe, si estendono ai discepoli, e a Giovanni, quello prediletto, si allargano all’amicizia con Maria, Marta, Lazzaro… Tuttavia desidera estendere una rete comunionale virtualmente senza confini, come un sole la cui luce va ad illuminare ciascuna creatura… Con una predilezione per coloro che in quel tempo erano esclusi ed emarginati dal rapporto con il divino: donne e bambini, poveri e ammalati, stranieri, miscredenti e impuri, irregolari, assetati di liberazione e di giustizia, evasi dalle prigioni dell’ordine costituito… essi per primi capteranno la vibrazione vitale che irradia da Gesù.
È uno spirito, quello cristico, che disfa le separazioni e che scalza principalmente coloro che si sentono giusti, le persone apposto, perbene, sazie di se stesse… Essi saranno i primi ad opporsi al suo desiderio di offrire felicità e amore là dove ancora non c’è, a contrapporsi all’entrata di Dio in zone non familiari, ad ordire la sua cattura e la sua eliminazione violenta…
L’evangelista Luca ci preannuncia il germe di questa nuova stagione dello spirito nel brano evangelico che abbiamo ascoltato. All’età di dodici anni, nel tempio, rivolto a genitori angosciati che lo hanno cercato ovunque per tre giorni, egli risponde: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo essere nelle cose del Padre mio?” Risposta che rimbalza nell’altra, quando durante una conversazione con i suoi ascoltatori, sua madre e i suoi fratelli lo cercano e lo rivendicano per sé e lui, ancora, a rispondere: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che entrano nell’orbita dell’ascolto e della pratica della Parola di Dio”. Saranno ancora gli angeli, al sepolcro, a dire alle donne che lo cercano: “Chi cercate? Perché cercate l’Aperto in un sepolcro chiuso, il Vivente tra i morti?”
L’apostolo Giovanni, nella seconda lettura, specifica che la relazione vitale di figliolanza fra Gesù e il Padre è lo stesso Spirito d’amore che è stato effuso nei nostri cuori, l’inesauribile Sorgente che genera tutte le sue parole, i suoi gesti di liberazione, i suoi sguardi. Il Padre, che è anche Madre, è la Presenza immanente ai processi creativi in atto nell’evoluzione, in ciascuno di noi, che ci guida verso il compimento del nostro specifico e personale destino.
Nelle scene evangeliche noi scopriamo così che le cose del Padre possono anche non essere le cose imposte da un io di gruppo, di popolo, di chiesa, di partito, di stato, ma dallo Spirito amante e sconfinante che mette in crisi le prospettive codificate dalle prassi e dalle convenzioni umane. È un Padre/Madre che respira in corpi che si aprono all’imprevedibile, si fa strada nelle relazioni che sanno accogliere la vicinanza dell’altro da sé, perfino del nemico, della morte, fino a riconoscerla, ad assumerla…
… Sono prospettive, respiri, pulsazioni stra-ordinari, che ci allargano il cuore, ma sono anche gestazioni ardue, spesso smentite da un vento che soffia all’incontrario, pervaso da fondamentalismi, da pensieri unici e omologanti, da giudizi arroganti, da esclusioni spietate…
Invochiamo su ciascuno e su tutti noi lo Spirito di relazione, lo spirito sorgivo del Padre, che anima Gesù, che ci apre gli uni agli altri, perché possa trovare spazi accoglienti nei nostri corpi, possa renderci molecole dell’Aperto, possa aprirci alla sorpresa di un nuovo sentire, di cieli nuovi e di terre nuove…

(meditazione di Ivan Nicoletto, monaco camaldolese)

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