giovedì 5 aprile 2018

Giorgio Barberi Squarotti un anno fa

di Vincenzo DAlessio & Gruppo Culturale “F. Guarini”



Il noto critico letterario, poeta e saggista, Giorgio BARBERI SQUAROTTI era nato a Torino nel 1929 e ivi si è spento il 9 aprile 2017 lasciando nella letteratura italiana moderna e contemporanea una “vasta orma”.
Noi lo vorremmo ricordare ad un anno di distanza memori dell’incontro avuto ad Avellino poco prima della sua scomparsa su invito del chiarissimo professore Carlo Santoli, direttore della rivista di studi sulle letterature e le arti europee Sinestesie, per delle lezioni da tenersi nei licei del capoluogo irpino.
L’umanità che trapelava durante gli incontri con i giovani rivelava la grandezza civile e l’estesa cultura maturata nel corso degli anni di insegnamento nella sua città natale: dialogo limpido accessibile a ciascuno senza acribia.
Oggi ne facciamo sincera memoria, da questa difficilissima terra del Sud, con una poesia scelta dalla raccolta Da Gerico (Guida Editori, 1983) con introduzione di Ciro Vitiello, diario minimo dei suoi molteplici viaggi e metafora del viaggio finale che ognuno di noi dovrà compiere, come si legge nell’introduzione: «(…) Tutti gli “io” si smarriscono nello stravisamento ondoso della composizione poematica, l’io che è fittizio, e l’io che è doppio, quale duplicato, nella circonferenza del sogno, in una previsione definitiva di una irreversibile fine» (pag. 4).

Dietro il vetro

Da dietro il vetro non si udiva nulla
anche se il vento piegava biade e rami
e la pioggia a onde dalle basse nuvole
blu e la ragazza spersa per lo spazio esiguo
dal cielo insieme con qualche travolto uccello nero
subito confuso con le foglie
strappate e i lievi abiti chiari che in fretta si attorcevano
a tronchi e vortici d’aria e acque: il silenzio
profondo dietro i vetri, non ci sono
risposte, è quasi buio fuori dove forse
è una mano quell’ombra bianca che si agita
contro la finestra, nulla da nominare, nulla più
da inventare per popolare le tenebre interiori
di coppie un poco nude, di messaggeri minacciosi, di
odes pour la reception de la couronne
in Campidoglio, di fiori che s’aprono tra fruscii
e gemiti nel buio, di lance e fiaccole,
di musiche altissime da una balera in mezzo ai salici,
quasi in riva al fiume, che si può lentamente fare scorrere
in mezzo alla pianura, fra le nuvole
dei moscerini, lunghe erbe tenere
da cui vengono bisbigli, brevi risa, un po’ d’affanno,
c’è qualche auto come abbandonata,
una luce rossa di luna nelle acque
nere.

(Santarcangelo di Romagna, 16 giugno 1979)

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