lunedì 9 luglio 2012

Su Aliti di amaranto di Lorenzo Vessichelli

Edizioni Il Chiostro, Benevento, 2012

recensione di Vincenzo D’Alessio & G.C. F.Guarini

Lorenzo Vessichelli, poeta beneventano, ha pubblicato una nuova raccolta di poesie dal titolo Aliti di amaranto, prodotta a cura della Società “Dante Alighieri”, sezione di Benevento, a febbraio di quest’anno. Un’anfora panatenaica d’olio sacro consegnata al Nostro per alimentare la fiamma perenne della lampada poetica. Il gesto antico del dono, alla Musa della poesia, per ingraziarsi il viaggio e il ritorno.

Il Nostro è un cantore d’antica progenie. Ha prodotto, oltre alle tante raccolte poetiche, volumi sulla storia locale di Benevento; ha composto ed eseguito musiche sacre; ha realizzato premi letterari, di giornalismo, di teatro ed ha fatto parte, in qualità di presidente, di Giurie dei Premi Nazionali di Poesia. Questi e molti altri meriti hanno segnato la lunga esistenza di Vessichelli, professore di lettere in vari istituti scolastici sparsi nella nostra penisola.

Quest’ultima raccolta poetica è, come accade in diverse altre sue raccolte, un diario di viaggio, codificato come un diario di bordo, di date , di luoghi e di avvenimenti reali sulla mappa geografica, immaginifici nella mente del poeta. Come un novello Eroe, l’Ulisse dei nostri giorni, il poeta invita il lettore a seguirlo lungo le tappe di questo viaggio dell’anima, nel mare periglioso dell’esistenza terrena, quotidiana. Il treno ha sostituito la barca antica. Le città come Lovere, Pesaro, Bergamo, Milano sono i porti d’approdo o di sosta per dissetare gli occhi dell’eroe viaggiatore.

Quanto dolore e quante perdite è costato il viaggio ad Ulisse. Quanti dolori e quanti ricordi si muovono nei versi della raccolta del Nostro. Tutti richiamano l’Amore mai raggiunto. L’Amore per la madre, figura immane ed immanente, scomparsa anzi tempo. L’Amore per una compagna, desiderata ed evitata, come divinità scontenta. Il viaggio: fuga dal conosciuto, dal perturbante, per raggiungere un rinnovamento, una nuova esistenza, nuovi miti. Bene scriveva l’ottima poetessa Giuseppina Luongo Bartolini del Nostro, nella introduzione alla raccolta : “Interludio di un pupazzo di fango” (datata, 1989) a proposito del viaggio:

“Miraggi e fate morgane vincono sempre, con le loro folgorazioni e liquide evanescenze, gli occhi stanchi, allucinati di colui che non rinuncia alla ricerca della sorgente, unica abilitata a dissetarlo, a rinnovarlo in nuova pelle d’uomo. Al sogno della rinascita. Ma è onnipresente, per assonanze e dissonanze, la consapevolezza della vanità di tutto il cammino.” (pag. 6)

Il poeta alimenta, da anni, la propria poetica al percorso del viaggio e della musica: due connotazioni inalterate che infondono armonia alle varie composizioni poetiche. Versi brevi, dove l’enjambement domina, privi di rima, assemblati a secco come mura megalitiche. Una corazza che il lettore deve attentamente seguire nei solchi che il fuoco dell’anima ha lasciato: “Silenzio… / unico protagonista / solitario ora / dell’immane / tragedia / del vivere!” (pag. 47)

Il diario poetico, dell’eroe trafitto dal Tempo, si apre agli occhi del lettore attento e narra il livido di quell’amaranto che segna la scia del racconto: “Ora la mia mente / simile a mattatoi / sferza il suo furore / contro mani omicide… / L’umanità / colleziona soltanto / pagine d’odio-terrore…” (pag. 119)

In tutta la raccolta l’Io narrante affiora, come ego, poche volte. Si affida con più fiducia alla Natura, al circostante, alla grandezza del Dio Salvatore, che guida il genere umano, cieco e dissoluto, verso la salvezza, a cui anche il poeta aspira indegnamente: “Frantumo tempi / in viaggi di pensieri / decretando ore di cose / slabbrate tra loto…” (pag. 118). Il loto, fiore della dimenticanza, dell’oblio felice, dell’abbandono dell’Io dolente nell’abbraccio dell’immensità senza tempo. Tutta la raccolta vibra in questa direzione: lasciare l’otre dei venti incontrollabili per approdare ad una terra del ritorno, conosciuta e desiderata, non priva però di pericoli in agguato: “ … E la terra! … / Granelli di sabbia / dissacrano l’amore” (pag. 119).

L’Amore, sembrano dirci i versi inclusi in questa nuova raccolta di Vessichelli, è l’unica fiamma vera rimasta a brillare nel destino dell’eroe e dei mortali.

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