martedì 27 gennaio 2009

Su Carminasincronici di Sebastiano Adernò

recensione di Vincenzo D'Alessio

La voce di Sebastiano Adernò, inclusa nell’ Antologia Storie e versi pubblicata da FaraEditore a conclusione del concorso Pubblica con noi 2008, è racchiusa nella raccolta Carminasincronici. Quanta dolcezza compare nei carmina amatoria è noto al grande pubblico per quei Carmina Burana scritti nel XII secolo e tramandati nel corso dei secoli successivi dalla più nobile Letteratura. Questi “sincronismi” poetici del Nostro autore sicano non sono da meno nell’accentazione conferita a un verso corto, svelto, musicale. Una raccolta matura, colma di immagini, che conferisce agli occhi “il peso” del ricordo, del confronto con “la notte” (pag. 186) .
“il tramonto da questa stazione del sud / (…) / perché ora, mentre dal treno/ scorre il paesaggio/ col peso sugli occhi / delle tue ultime parole / sovrimpressiono sentimenti sul finestrino/ (…) / e mi sfugge il presente / nel sentire questo andare avanti” (pag. 186) Sono tra i più bei versi dell’intera raccolta. Sono la poesia vera che sale nel cuore con la passione del sangue e nella mente con la forza del Paesaggio (interno ed esterno). In aiuto vengono i versi di un poeta tanto caro del quale “la forza degli occhi” è stata l’eredità più grande lasciata alla Poesia degli Ermetici. Parlo del nostro conterraneo Alfonso Gatto, di cui si celebra il primo centenario della nascita quest’anno, che bene ha sottolineato questa forza “meridionale” solare che gli occhi della Poesia hanno per il mondo degli Uomini: «Il paesaggio “rapito all’atto del vedere” è diventato “quello che si aspetta / di vedere per caso aprendo gli occhi”: un paesaggio dentro l’uomo.» (Intro: alla raccolta Rime di viaggio per la terra dipinta (A. Gatto, Mondadori, 1969).
L’amore permea l’intera raccolta. Le parole emergenti: pozzo, luna, chiodi, fanno da sfondo alle metafore ancorate alla civiltà contadina e alla Natura nella sua veste pura di madre “userei il tuo profilo / per fendere la terra” (pag. 173) – “allargo il palmo della mano / ora che il vento ci trattiene per i capelli” (pag. 175) – “e poi che la foglia / intercede sul dorso presso ogni sole” (pag. 200). Questa è poesia che nutre lo spirito di ogni lettore, si ancòra alla tradizione degli Autori siciliani, ne trasfonde l’armonia che governa “settembre”, il mese caro a tanti poeti (oggi anche di più), “perché / gli acini rilascino lo zucchero” (pag. 200) . Versi omogenei, di una poetica magmatica, saturi “di una profonda inquietudine dell’io” (Massimo Pasqualone), come quel vulcano isolano che tanto ha affascinato la Letteratura di ogni epoca. Un viaggiatore assetato di luce, questo è Adernò, che concede a noi tutto l’entusiasmo della lettura e l’asprezza nel tenerci avvinti alla sua poematica quando ci indica: “m’indistingue d’essere stato parte / di una qualsiasi felicità” (pag. 200).

Gennaio, 2009

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