Giancarlo Sissa, Autoritratto (poesie 1990-2012), Italic, Ancona, 2015
recensione di AR
«(…) / il prato afferrato alla zolla / e il cane bagnato, senza padrone, / (…) / e addormentata nel sacco la scorta di grano; / (…) / in realtà, qui è la nebbia che ondeggia / lungo il serpente dei fossi» (dalla raccolta Laureola, p. 11); «(…) tanto vale / volarsene, alito / e soffio del tempo» (ivi, p. 14); «mi dico, i sogni dei trent'anni / non sono persi, resto alzato / in cucina, leggo e rileggo / La vita in versi» (ivi, p. 24). Già questi pochi brani ci calano nella poetica del nostro Mantovano: è prepotente la sensazione di essere parti di un tutto, di una natura di sapore modernamente virgiliano («potendo, berrei piuttosto / l'enrosadira dei monti pallidi, / più splendida del mare», p. 27), ma anche intensamente sensuale («la mano fra le cosce, / per l'albume dei suoi occhi / dolcemente nevicanti», p. 25); la consapevolezza di esprimere una umanità fragile (qoheletianamente “vana”, se vuole pensarsi in sé, autonoma e autosufficiente) eppure sempre desiderosa di superarsi e in bilico fra entusiasmo e depressione.
La poesia di Sissa ci accompagna, ci avvolge con immagini catafratte («(…) la tua mano cioè / quel posto dove riposo e amo», Pont Neuf, p. 33), ci provoca («… perché la mente è una scala senza /edificio e con beneficio d'inventario / io sto come la formica attenta / in bilico sulla foglia e senza fretta / senza l'oltraggio di un orario», dalla sezione Così si dice, p. 122; «– che fatica facevano a dire una parola / della tua vita, a fare spazio a qualche / verso? l'ostia sporca stretta fra le dieta / e dandoti forse per perso a un angusto / e cupo paradiso senza misericordia, senza / sorriso – quello che mi dispiace / del tuo funerale è che non te lo / possiamo raccontare, io e Alberto, / ma uno così, che morto nella fossa / non ci vuole entrare lo avresti / preso ben bene per il culo…», dalla silloge Maestro, IV, p. 138), ci spinge verso territori che sentiamo nostri pur non essendoci mai prima entrati: Giancarlo Sissa è un poeta che si espone con parole nude e vere («(…) – trentotto / anni: scrivo, pastrocchio / faccio l'educatore», dalla raccolta Il mestiere dell'educatore, p. 42; «– età stupida – la chiamano / quell'immenso dolore / – o adolescenza – che si trascina / poi la vita in assurda convalescenza», ivi, p. 45) offrendoci storie “minime” o di rilevanza universale con l'onestà e l'incisività di chi ne ha fatto esperienza: «Nella carne cruda della tua ferita spossavo le penombre dello sguardo.» (dalla prosa poetica Porto Corsini, p. 54); «E non si entra due volte / nello stesso cuore» (dalla raccolta Prima della Tac, V, p. 61).
Non ci troviamo dunque davanti a un esercizio di stile, né a mera poesia impegnata o civile, ma al pulsare di una vita in versi, con le sue mille storie, le sue contraddizioni, i suoi amori, i capovolgimenti, le inquietudini, le tensioni-domande all'oltre, al mistero, a un Dio personale sempre ricercato (ma ovviamente sempre nascosto-sfuggente, dato che nemmeno la poesia può dirLo, né tantomeno de-finirLo, al massimo, umilmente, evocarLo): «(…) io sto / nel vortice dell'ombra invece che ruzzola a un buio vento / (…) / questa notte vorrei sognare / immobile l'aratro della morte» (Abisso, p. 7); «proteggimi dallo stupido dolore / che ogni volta chiamo amore e dimmi / in quale vuoto cade il tempo che accudisco» (dalla silloge Autodafé, p. 94); «O Dio delle facili preghiere / non credere alle mie, / nemmeno a quelle vere», ivi, p. 96). Ecco, l'uomo dimostra la sua grandezza quando considera con autoironia la sua pochezza ma non si abbatte, anzi ricerca ostinatamente il dialogo e il confronto, si mette in gioco e lotta, come Giacobbe, persino con l'angelo di Dio.
mercoledì 28 dicembre 2016
giovedì 22 dicembre 2016
Vincitori del Concorso Versi con-giurati
Fara Editore e la giuria della prima edizione del Concorso Versi con-giurati nelle persone di Alberto Trentin, Anna Ruotolo, Edoardo Gazzoni, Francesco Filia, Lucianna Argentino,
che ringraziamo di cuore per l'ottimo lavoro di selezione e valutazione svolto, sono lieti di comunicare la
classifica dei vincitori.
non fermarsi alla pelle e
cadere al di là del corpo
come un altro che mi guardi
come l’attimo di luce acerba
che vuole – e smania – farsi giorno
“pensiamo in base al numero di
parole che conosciamo”
così, non resta che spremerle
quelle poche parole perché di
loro – di me – centrifughi l’essenza
e la rassegnazione ad essere
finalmente sé stessi…
(che nessuno domani mi racchiuda
sommariamente
nel prima e dopo di un nome)
[ Adalgisa Zanotto vive a
Marostica. È coniugata e madre di tre figli; lavora presso un Ente Pubblico.
Collabora con gruppi di scrittura creativa e laboratori di poesia. È attiva in
associazioni impegnate nel volontariato sociale. La passione per la scrittura l’accompagna
da sempre, “scompagina la sua vita, accresce la sua libertà, allunga i passi
del cuore”. Suoi racconti e poesie sono inseriti in diverse antologie. Ha
ricevuto vari riconoscimenti e segnalazioni: ultimamente ha vinto la sez.
Racconto del concorso per opere brevi Rapida.mente 2015
con pubblicazione premio nella omonima antologia; il suo racconto La fessura è stato selezionato
dal concorso Come
farfalle diventeremo immensità e pubblicato nella antologia La mia sfida al male
(Fara 2016). Il suo testo Scremature
è inserito nel libro Uno
scarto di valore a Bardolino (Fara 2016). Fresca di stampa la raccolta di
racconti Celestina
(Fara 2016). ]
un appena respiro
che dica il coraggio
dell’incontro
nel silenzio
perché si dia al cielo
un’altra pagina
che dica il nome
dell’avvenuto luogo umano
scorre ovunque
quel sapore di versi – appena
fremito in aliti puri –
mani da poco ospitate
da ormeggi incerti
dell’andare segreto
muto s’impunta lo sguardo
sulla riva del tuo amore
ancora dice
il rammendo di reti
in rotolo di maree bianche
come la pioggia
il bene
si rovescia su tutti:
bagna la terra che ancora
odora muove
chiama così vicina
che la sento respirare
e fatico prendere sonno
(…)
del ricordare
Compro oro
tu capisci me
aspetta tempi peggiori
poi torna e oro pago di più
io prego che arriva peggio
così io starò meglio
oggi vendo a ventitre al grammo
domani ventisei anche ventisette
tu prega venga peggio
Il pescatore di Valle e l’escursionista
Rimescola le parole
con le mani le reti,
rimescola gli sguardi
con le possenti braccia
il fiocinino.
Nel disordine della Natura
mi dice esserci sempre un ordine
che impone l’ora del lavorièro
nella fredda calaverna
feconda e desiderata.
C’è un’acqua così bassa!
Vorrei percorrerla a piedi nudi.
È forse la mia fossa?
L’orizzonte è l’unico che vedo oggi
giorno tiepido,
calmo e leggermente salato.
Nella Valle tutto
è il contrario di tutto.
Concorso
Necessario è un corso di sopravvivenza
alla pioggia battente,
al freddo delle scuole spoglie di tutto
anche dei crocifissi.
Ogni concorrente un numero,
che resti un segreto s’intenda
da custodire in un busta
da sigillare con cura.
In quella busta
una vita di sogni e di speranze
che scrivo a te.
(…)
I. classificato
Accecate i cantori di Angela
Caccia (Cutro, KR)
[ Angela Caccia,
funzionaria in un ente pubblico, matura la giusta dose di frustrazione che si
sublima poi in qualche squarcio di creatività. Abita una zona del meridione
molto legata alla tradizione – la sua Calabria Saudita – che cura morbosamente
le radici e… perde il fiore, i tanti talenti di cui brulica. Qualcuno, di
larghe vedute, disse veni vidi vici, in questo suo piccolo mondo, vagola vive
verseggia. Ha vinto, fra gli altri, il concorso Insanamente
2012. Con Fara ha pubblicato le raccolte pluripremiate Nel fruscio
feroce degli ulivi (2013) e Il tocco
abarico del dubbio (2015). Web: ilciottolo.blogspot.it ]
morire più volte
non è stato vano
se il lupo si è placato
non è stato vano
se il lupo si è placato
non fermarsi alla pelle e
cadere al di là del corpo
come un altro che mi guardi
come l’attimo di luce acerba
che vuole – e smania – farsi giorno
“pensiamo in base al numero di
parole che conosciamo”
così, non resta che spremerle
quelle poche parole perché di
loro – di me – centrifughi l’essenza
e la rassegnazione ad essere
finalmente sé stessi…
(che nessuno domani mi racchiuda
sommariamente
nel prima e dopo di un nome)
nella giuntura di mattonelle
la quadratura perfetta in cui
si estasia la ragione e – così –
la quadratura perfetta in cui
si estasia la ragione e – così –
invoglia a percorsi misurati
direzioni vincolate – e noi –
prigionieri del suo labirinto
ma i quadri più belli sono
le finestre, piccole sinapsi
tra un dentro e il fuori
lottano il vento con l’ulivo
fuggono i passeri – minuscoli
fiati di tepore – l’udito è al tuono
tra nuvole legate a filo grosso
e s’appicca un raggio – cade a taglio –
come di verità che non si imbriglia
(…)
direzioni vincolate – e noi –
prigionieri del suo labirinto
ma i quadri più belli sono
le finestre, piccole sinapsi
tra un dentro e il fuori
lottano il vento con l’ulivo
fuggono i passeri – minuscoli
fiati di tepore – l’udito è al tuono
tra nuvole legate a filo grosso
e s’appicca un raggio – cade a taglio –
come di verità che non si imbriglia
(…)
«“Accecate i cantori e / un
po’ di futuro si farà remoto”, verso spiazzante ed enigmatico perché, pur cechi
i cantori continuano a cantare (si pensi ad Omero) e forse accecati cantano
meglio, cantano con più forza e il loro canto si estende lungo tutta la freccia del tempo e lo
dilata. Allora è questo dilatarsi
del tempo che si ottiene con la poesia, quasi la disperata ricerca di quell’attimo in cui passato,
presente e futuro sono un tutt’uno. Stemperare con le parole lo sgomento umano,
raccogliere quelle in penombra che non fanno più male, ci dice il poeta alla
ricerca di quella verità che non si imbriglia ma anzi attraverso la poesia si
fa più vicina e accessibile.» (Lucianna Argentino)
«La
memoria personale diventa parola e si fa interrogazione sul senso dell'esistere
e del poetare, in cui un sottofondo drammatico attraverso con un'unica
inesausta tensione tutti i test e li rende compatti nel loro dialogare.»
(Francesco Filia)
«Fin
dal titolo siamo, a mio avviso, catapultati nel discorso della memoria, della
scelta di ciò che va preservato, dell’appiglio a cui aggrapparsi mentre la
vita, le cose, l’altro scivolano. A contrasto il poeta propone la cura degli
affetti, che si sostanzia anche nella fodera messa a protezione della memoria.
A condizione che si corra il rischio di portarsi appresso le parole del poeta “perché
si facciano parole dentro”.» (Alberto
Trentin)
II. classificati ex aequo
Canti di carta di Rita
Stanzione (Roccapiemonte, SA) v. pagina del libro
[ RitaStanzione, nata a Pagani (SA), vive a Roccapiemonte. Dopo una formazione
pedagogica, ha continuato gli studi nell’ambito delle scienze. Docente di
scuola primaria, scrive poesie su varie tematiche, non trascurando elementi
fantastici, onirici e visionari. Si diletta anche a comporre haiku e qualche
aforisma. Ha ottenuto importanti riconoscimenti in concorsi letterari nazionali
e internazionali. Sue raccolte di poesie: L’inchiostro
è un fermento di macchie in cerca d’asilo Libreria Editrice Urso, marzo
2012; Spazio del sognare liquido ed.
Rupe Mutevole collana Heroides, maggio 2012; “Versi ri-versi” Carta e Penna
editore, novembre 2012; “Per non sentire freddo” ebook Editrice gds Diffusione
Autori, dicembre 2012; È a chiazze la mia bella stagione Libreria Editrice Urso, marzo 2013; In cerca di noi (Collana viola, Movimento UniDiversità, Bologna, dicembre 2016). Sue poesie sono pubblicate su riviste e
siti di letteratura nazionali e internazionali (tradotte in inglese e altre
lingue).]
Come la casa il volo e le stanze
Abbiamo avuto poi
certezze incrollabili come la casa
il volo e ogni stanza
dove il peso ci è scomparso
la costola è sulla costola
si è scoperta a te
È adiacenza di passaggi
è un fatidico incontro
Apparteniamo al filo
del tempo perso nel tempo
Afferrami: la voce si lega al tuo nome
e tutti i suoni che s'inventa
sono zampilli, sono
il giro intero dell’acqua
Tu l’impalpabile del suono
Così fermo il vento si è zittito
per la tua voce
migrata come un viaggio di entroterre
tra invisibili montagne
e sculture morbide
del rosa – quale aurora nuova mi racconti?
Assentire di chiome
movimenti sussultori
tu mi rotoli dentro
sull’orizzonte del diaframma
Voce,
sfioro il suono
tiro le corde a me
corpo e aria
epidermide oltre la pelle
un caldo tremante
nella notte ingenua che non sa di addii
– ma è lo stesso moto
che porta l’universo chissà dove?
Come la casa il volo e le stanze
Abbiamo avuto poi
certezze incrollabili come la casa
il volo e ogni stanza
dove il peso ci è scomparso
la costola è sulla costola
si è scoperta a te
È adiacenza di passaggi
è un fatidico incontro
Apparteniamo al filo
del tempo perso nel tempo
Afferrami: la voce si lega al tuo nome
e tutti i suoni che s'inventa
sono zampilli, sono
il giro intero dell’acqua
Tu l’impalpabile del suono
Così fermo il vento si è zittito
per la tua voce
migrata come un viaggio di entroterre
tra invisibili montagne
e sculture morbide
del rosa – quale aurora nuova mi racconti?
Assentire di chiome
movimenti sussultori
tu mi rotoli dentro
sull’orizzonte del diaframma
Voce,
sfioro il suono
tiro le corde a me
corpo e aria
epidermide oltre la pelle
un caldo tremante
nella notte ingenua che non sa di addii
– ma è lo stesso moto
che porta l’universo chissà dove?
(…)
«Amore e poesia, l’andirivieni dell’anima dall’infinito
al quotidiano, dalla luce del sole alla lampadina potremmo dire assieme alla
poetessa ed è proprio in e di questi elementi che le poesie della silloge “Canti
di carta” trovano l’humus della propria ispirazione. La poesia usata come
chiave di lettura della realtà e scandaglio, per la sua capacità/possibilità di “insinuarsi tra il tempo e l’essere”, dell’effetto
che la realtà ha sul nostro animo. E il tempo appare con un volto duplice: come
nemico e come alleato, che si lascia trasformare in “sillabe impagliate” là
dove anche l’aggettivo nella sua doppia accezione di protezione e di
imbalsamazione ci conduce all’ambiguità dell’esistenza umana a cui la poesia
cerca di dare luce.» (Lucianna Argentino)
«Pare esserci, discreta eppure
inconfondibile, la voce della distanza in questa silloge, quasi si volesse
ricollegare la trama disfatta, il disegno strampalato che, fuori da ogni
garbuglio, si mostra per quell’assenza di ordine che è. Ricollegare attraverso
la memoria, attraverso la parola, non certo riannodando legacci causali;
ricollegare attraverso gli sguardi le ombre dei nostri passaggi “negli enigmi
dei lampi / prima della pioggia”.» (Alberto Trentin)
Sussurri e respiri di Adalgisa
Zanotto (Marostica, VI) v. pagina del libro
un appena respiro
che dica il coraggio
dell’incontro
nel silenzio
perché si dia al cielo
un’altra pagina
che dica il nome
dell’avvenuto luogo umano
scorre ovunque
quel sapore di versi – appena
fremito in aliti puri –
mani da poco ospitate
da ormeggi incerti
dell’andare segreto
muto s’impunta lo sguardo
sulla riva del tuo amore
ancora dice
il rammendo di reti
in rotolo di maree bianche
come la pioggia
il bene
si rovescia su tutti:
bagna la terra che ancora
odora muove
chiama così vicina
che la sento respirare
e fatico prendere sonno
(…)
«Una raccolta in cui affiora potentemente il
tema dell’incontro umano incapace di essere detto, di avere nome, di farsi
parlare per quella cosa che è: la cosa che è finita, la
cosa che manca o che (ac)cade, in figura di morte. Procede, il poeta, per
successive indomite approssimazioni, guidato da un altrove opaco, incompleto e,
perciò, bello e capace di donare senso:
dietro luccica qualcosa / che giunge da
altro
e’ Verso luogo/cosa che il poeta invita a
tendere incessantemente per sentirsi di casa / da qualche parte.» (Alberto
Trentin)
«Sussurri e respiri ha il ritmo di una narrazione che sa portare
dall'incipit a una chiosa sospesa. la voce è limpida ma sa richiamare il titolo
della raccolta, dando il senso di un fiato che è effluvio sulla pagina.
L'allitterazione leggera dialoga in contrappunto con una sillabazione
irregolare dando il senso di un respiro talvolta percorso da tossi e spasmi
andando così a sancire una buona risulta della funzione significante di
espressione e contenuto.» (Edoardo Gazzoni)
III. classificato
Circostanze certe di Colomba Di Pasquale (Recanati, MC) v. pagina del libro
[ Colomba
Di Pasquale insegna diritto ed economia all’I.I.S. E. Mattei di
Recanati dove risiede.
Con Del Monte Editore ha pubblicato
Viaggio tra le parole nel 2006 e con Nicola Calabria Editore Una vita altrove nel 2007. Nel
2008 con Fara pubblica Il resto a
voce. Nel 2010 presso Genesi Editore ha pubblicato Dulcamara
con prefazione di Vivian Lamarque. e con Fara Editore Il mio Delta e
dintorni con prefazione di Vivian Lamarque nel 2014 (due
ristampe). È presente in diverse antologie letterarie e ha conseguito numerosi
riconoscimenti sia per la poesia edita che inedita. ]
del ricordare
Compro oro
tu capisci me
aspetta tempi peggiori
poi torna e oro pago di più
io prego che arriva peggio
così io starò meglio
oggi vendo a ventitre al grammo
domani ventisei anche ventisette
tu prega venga peggio
Il pescatore di Valle e l’escursionista
Rimescola le parole
con le mani le reti,
rimescola gli sguardi
con le possenti braccia
il fiocinino.
Nel disordine della Natura
mi dice esserci sempre un ordine
che impone l’ora del lavorièro
nella fredda calaverna
feconda e desiderata.
C’è un’acqua così bassa!
Vorrei percorrerla a piedi nudi.
È forse la mia fossa?
L’orizzonte è l’unico che vedo oggi
giorno tiepido,
calmo e leggermente salato.
Nella Valle tutto
è il contrario di tutto.
Concorso
Necessario è un corso di sopravvivenza
alla pioggia battente,
al freddo delle scuole spoglie di tutto
anche dei crocifissi.
Ogni concorrente un numero,
che resti un segreto s’intenda
da custodire in un busta
da sigillare con cura.
In quella busta
una vita di sogni e di speranze
che scrivo a te.
(…)
«È una poesia dell’evidenza
quella della raccolta “Circostanze certe”, uno “stare attorno” alle certezze
del mondo - opposte alle occorrenze, occasioni – quasi (o senza un “quasi”)
dentro quei famosi “scorni di chi
crede che la realtà sia quella che si vede” ( come raccontava Eusebio…). Una
poesia che non dà scampo esplorata nei tre perfetti movimenti “del ricordare”, “dell’indagare”
e “dell’abitare” (tante sono le sezioni dell’opera). Ma l’evidenza serve per “nell’atterrare evitare di cadere”, perché
tra un pane lievitato, una visiera di un casco, un taccuino e un finestrino si
affaccia - invece - il guizzo dell’avvento, di qualcosa che si guarda con occhi
agnostici per poterlo, appena in tempo, credere con la fede totale di un
profeta, afferrare e trattenere come un miracolo meritato “[...] qualcosa di
caldo, / di eterno”.» (Anna Ruotolo)
«La narrazione si fa panorama e scansione di
luoghi. Non tutti i panorami sono da cartolina, il ritmo lo dichiara e avanza
caricando l'attesa di uno scioglimento certo. Dove tutto è chiaro perchè
attinge da un immaginario condiviso e reperibile. è una lettura che permette di
riconoscersi.» (Edoardo Gazzoni)
Altre opere votate
Della violenza di
Fabio Orrico (Rimini) v. pagina del libro
FabioOrrico è nato a Rimini dove vive e lavora. Ha scritto alcuni libro di poesia,
l'ultimo dei quali Strategia di
contenimento è uscito nel 2005 presso Giulio Perrone Editore. Nel 2015 per
i tipi dell'editore Echos è uscito il romanzo Giostra di sangue scritto a quattro mani con Germano Tarricone e
l'anno seguente, in formato ebook, il romanzo Il bunker (ErosCultura).
«Un
dettato potente, con un tessuto narrativo che tende all'epica e all'apertura
mitopoietica. L'io lirico, in questi versi ampi e al tempo stesso controllati,
interagisce con il coro di una voce comune, in cui si sente il potente respiro
della storia e del destino.» (Francesco Filia)
In bilico di Marco
Mastromauro (Novara)
Marco Mastromauro è nato a Verbania il
12.7.1957. Vive a Novara, lavora a Vercelli. Ha pubblicato poesie sulla rivista
«Alla Bottega» e, dal 1995 al 1999, ha collaborato al trimestrale di cultura e
arte «Contro Corrente». È autore delle raccolte di poesie: Anime confinate (Milano Libri 1992), Cuba
(Ibiskos 1995), Memorie da un pianeta (Contro
Corrente 1997), Eros, Trinidad e altre
poesie"(Oppure 2000), Fraintendimenti
(ebook, Prospero editore 2013). Sue liriche sono presenti in alcune antologie
come Siamo tutti un po' matti (Fara 2014)
e Rapida.mente (Fara 2015).
«Nella silloge “In bilico” è
espresso il senso di precarietà dell’esistenza umana con le sue zone d’ombra,
con il male sempre in agguato fuori di noi e dentro di noi. Vi ricorre il tema
del mare- elemento primordiale – preso a simbolo non solo dell’ignoto e del
terribile ma anche come possibile apertura al nuovo, al cambiamento. Il tutto
espresso con un linguaggio che si serve a tratti di immagini forti e incisive,
a tratti lievi e quotidiane ma con una loro pregnante originalità.» (Lucianna
Argentino)
«La poesia di In billico è tutta costruita su un’idea
dell’osare, dell’incerto, del tremare finché ci si sente ancora vicini, o di
storie che si sanno come andranno a finire ma proprio per questo sono, poi,
storie da amare fino al midollo perché intrise di umano e di aurore sognate e
vissute almeno una volta in ogni vita. È la grande metafora dell’uomo che
comprende “l’incompiuto di noi, lo
splendore, / il silenzio e il disincanto”.» (Anna Ruotolo)
Il naufragio di Luca
Gini (Vinci, FI)
Luca Gini è nato a Empoli
il 5 marzo 1982. La letteratura è sempre stata la sua passione maggiore, e
nella vita ha fatto tutt’altro. Elementari portate a termine in maniera eccellente.
Medie portate a termine in maniera eccellente, ma con condotta altalenante.
Prima superiore ottima, in seconda comincia a presentare segni di delinquenza.
Non promosso in quarta. Unico caso (umano) che decide di passare da ragioneria
allo scientifico in terza superiore. E solo perché al classico non gli volevano
nemmeno far dare l’esame. Passa l’esame, inizia lo scientifico al quarto anno.
Si diploma con valutazioni decenti nonostante il sommo stupore di tutti. Inizia
due carriere universitarie, ma le interrompe entrambe in maniera rocambolesca,
anche quando i risultati erano ottimi. Per diletto traduce libri. Scrive,
legge, scrive ancora. Ma non lo fa per hobby. Lo fa perché la letteratura è una
delle poche cose che considera sacre. E non ci scherza su, perché sa che è
stata contesa agli inferi e strappata alle tenebre.
«Il tema del naufragio è assai diffuso e assurto a topos antropologico.
in questo caso assume i tratti di una narrazione contemporanea classica. La
forma diaristica, talvolta vicina a quella epistolare, è assonante alla prosa
drammatica e discendente dello Strindberg de "L'inferno".
Apprezzabile la scansione narrativa temporalizzata per creare appigli di realtà
facilitando l'immedesimazione la dove non si è aiutati dalla scansione ritmica.»
(Edoardo Gazzoni)
Immagine convessa di Vincenzo D’Alessio (Montoro, AV) v. pagina del libro
Vincenzo
D’Alessio è nato a Solofra nel 1950. Laureato in Lettere all’Università di
Salerno è stato l’ideatore del Premio Città di Solofra, nonché il fondatore del
Gruppo Culturale “Francesco Guarini” e dell’omonima casa editrice. Ha
pubblicato diversi saggi di archeologia, di storia e diverse raccolte poetiche,
la più recente è La valigia
del meridionale ed altri viaggi (Fara 2012). Nel 2014 vince con Il
passo verde la pubblicazione in Opere scelte (Fara).
La
tristezza del tempo è inserita in Emozioni in marcia
(Fara 2015). Con Alfabeto per
sordi è tra i vincitori del concorso Rapida.mente ed è
stato inserito nell'omonima antologia.
«Ciò che noi vediamo dell’occhio
umano è una forma convessa: è questo movimento del gettarsi in alto - avanti,
in un emiciclo che comprende e introietta tutto - il movimento che appartiene ai versi della raccolta. La
natura, i luoghi, nomi di donne e uomini compilano la storia veduta e mai fino
in fondo capìta “di tutti i viventi” in un’apprezzabile forma e omogeneità
stilistica e di contenuto.» (Anna Ruotolo)
Il peso degli istanti di Piero Saguatti (Bologna) v. pagina del libro
Artisticamente Piero Saguatti nasce cantautore poi scopre la poesia
con i maestri
Rondoni e Lauretano. Antologie:
Briciole di senso (Montedit), Laboratorio di parole (Pendragon), Censimento poeti bolognesi (Giraldi). Nel 2006 un suo articolo è pubblicato
su La Voce di Romagna. Nel 2007 M. Cucchi commenta una sua poesia
in “Scuola di poesia” (La Stampa). Menzioni
Merito: “Acqua” (Farnedi) 2006; “Poesia e Immagine”2011; IV Poesia Scientifica
(Ve); IV Sirmione Lugana; “Sermoneta 2013”; “creatività-Idea donna” (Editsantoro 2010). Segnalazioni: “Iris” (Fi) 2006, “Agape”
(Ve) e ”Il Trebbo” 2007, “Pantani”
(Farnedi 2008); Insanamente” 2011, “Pubblica con noi” 2012 (silloge “Brevi
Rilievi” ed.Fara); Finalista:
Premio “La Panchina” 2009 per
parolieri; Premio “ioRacconto”; XV
ed.“Dell’Arco”. Risulta 1°: “La Lettera Matta”
(Culture Sommerse) – silloge “Senso,
consenso e dissenso”; VII Rassegna “Essere”
Barberino; 2°:“L’abbraccio”
(ed.Farnedi); 3°:
XIII “il Cono d’ombra”
Brendola; IV “S.Benedetto nel cuore”; XIV Premio Istrana; VI ”Letterando” Berbenno; II “Voci dal Vortice” (ed.Sadastor); I ”Tracce Per La Meta”; 4°: II “Amici di Ron”; I G.Valle “Parole
Rubate al Pensiero”.
«Il
quotidiano diventa attenzione e cura delle piccole cose, riflessione sul sé,
sguardo a volte impietoso a volte compassionevole sull'enigma della propria
vita e della parola che tenta di dirla.» (Francesco Filia)
mercoledì 21 dicembre 2016
Di assenza e silenzi
Voce d’autore in Fare Voci - dicembre 2016 (a cura di Giovanni Fierro)
Angela Angiùli, “sto alla terra come tu alla luce”
di G.F.
“Sai, è strano capire cose nuove al buio del dolore”
È una questione delicata parlare della morte di una persona cara, ancor di più se il gesto di commiato, di uscita dalla vita, è un suicidio.
Per questo Storie di un tempo minore. Il mattino dopo il sabato di Angela Angiùli è un libro prezioso, perché lo sa fare usando la poesia, cercando sempre un continuo dialogo e confronto, con sé stessa, con il fratello che non c’è più, con la vita che tutto contiene e tutto condiziona.
Queste sono pagine che attraversano e incontrano il dolore, sono il luogo dove la spiritualità dalla forza cristiana dell’autrice è ulteriore sguardo e confronto.
Angela Angiùli non cerca nessuna facile consolazione, anzi, un dolore così acuto e inspiegabile diventa anche occasione di ricerca poetica.
Fra silenzi e assenza, fra parole necessarie e presenza che si fa confronto.
“Viaggia con le api ora, la trasformazione staminale,/ perché siamo polline per fecondare/ farina per sporcarsi le mani./ Pane da impastare”.
Dal libro:
I suicidi sono animali interessanti
hanno il becco di un picchio
con cui rompere la scorza della vita
mangiano ossa spellate dalla consunzione quotidiana,
le bucce trovano gustose e pare che gettino il frutto.
Ma io so che hanno la vista lunga
più lunga del desiderio, loro lo sanno attraversare
tarlare il creato fino in fondo
perché il loro frutto non è più qui
ha allungato i rami nel giardino del Vicino.
E loro - lì - se lo vanno a prendere.
***
A Mino
Mio fratello è un tramonto di rose
a cui ha mangiato le spine
uno stormo di uccelli di cui ha preso la direzione
e vola vola e guida l’avanzata
delle stelle sul mare
che tanto ha amato fino a traboccare.
Voleva cavalcare le onde - lui - come un puledro,
ci è saltato sopra con un salto gentile
troppo alto per capire, è arrivato vicino alle Sirene,
ha avuto un bell’ardire.
Veleggia ancora lui dalla spiaggia,
ha mangiato la sua morte, ne ha trovato l’ormeggio
e il coraggio di dire - sì –
ad un mondo nuovo che albeggia.
***
Con l’ostinazione del verme
del tarlo nascosto nel vecchio delle soffitte
non smetto, non lascio, non cedo la presa,
le ganasce alla vita
marcisco, mi secco
tengo il piede diritto, confitto
la zappa alla terra, i calli sul cuore
non lascio la presa
mi annego riemergo
scavando anche il mare,
aro un campo di sabbia
semino il vento di notte
fecondo i sogni,
di giorno ammaestro le foglie
il nascere d’erba
e tutto va bene
e tutto ci sta
ogni cosa avrà un fine,
una cuccia di pane
il giorno arriverà
ti tengo la mano.
Forte è restare.
***
Intervista a Angela Angiùli:
Raccontare il dolore, con chiarezza e delicatezza, come si fa? da che cosa si inizia?
Si inizia da un vissuto di dolore. La chiarezza è arrivata dal lavoro di scavo intrapreso attraverso la parola poetica che è sempre cosa precisa, un bisturi, una chiave. E poi dall'attitudine naturale che ho di rielaborare nei miei pensieri il vissuto quotidiano, attraverso un lavoro di messa in ordine del magma di informazioni che si incontrano in noi, mettendomi alla confluenza tra il mondo interno ed esterno. Inoltre per temperamento, amo le sfide, amo inoltrarmi dove ci vuole più ardore, coraggio, costi quel che costi.
Volevo parlare del dolore, del distacco, del lutto e farlo con tenerezza, lucidità e coraggio, senza nasconderlo, senza “tappargli la bocca”. Desideravo parlarne senza retorica. Nello stesso tempo, lo stesso dolore scottante che ci portiamo dentro necessita di umana delicatezza per non farci ancora del male, di qui una parola che sì, ha scavato nella direzione descrittiva di alcuni stati interiori, ma che si è fatta anche leggera, è scesa dentro e ha cercato di sollevare alla luce. Volevo illuminare quello di cui mai si parla, ciò che noi spesso nascondiamo, che non osiamo dire perché troppo… e portare alla luce qualcosa ci dà sempre la possibilità di pacificarci, di riconoscerlo, affratellarci ad esso e non averne più paura.
In queste pagine c'è il pane, e il gesto dell'impastare, del mettere assieme, che torna molte volte nel libro; e non c'è un milligrammo di rabbia... cosa significa la presenza dell'uno, e l'assenza dell'altra?
Ammetto di avere sempre avuto un rapporto privilegiato con il pensiero della morte, non mi ha mai spaventata e non provo rabbia verso questo momento della vita. Non dico che questo mi risparmi dal dolore, dal soffrire cocente e urlante, dalle domande sull'assurdità di certe morti, dal peso del limite umano, eppure, quando diamo a tutte queste voci il diritto di esistere in noi, qualcosa si incontra e si pacifica, smette di collidere e urtarci. La morte, come il dolore, diventa un evento necessario, naturale, legato al nostro essere creature viventi in continua trasformazione, proprio come la creazione che ci circonda. Poi la mia formazione cristiana credo abbia aggiunto una particolare densità a molte immagini presenti nelle poesie, alcune di ispirazione esplicitamente evangelica. Credo che il Vangelo sia una grande scuola di umanità e di liberazione dall'angoscia di ciò che non possiamo controllare… che ci sfugge. Ho imparato da questa scuola di umanità a mettere insieme agli altri il mio grido e a non sentirmi più sola, da mia nonna il gesto familiare dell'impastare, che è gesto di trasformazione di più componenti, di più solitudini per farne qualcosa di buono, di commestibile, qualcosa che crea convivialità, che sfami la vita. In fondo anche la morte di una persona crea convivialità se ci si pensa bene, la messa in comune dell'affetto di tanti, dei ricordi, di parole mai confessate prima per intero. Basti anche solo pensare a come i riti funebri nell'antichità fossero sempre accompagnati da gesti vitali quali il cibarsi, offrire il cibo sulle tombe dei defunti o ai presenti durante il funerale. Come dire: nell'uomo c'è un seme capace di generare sempre altra vita e altri frutti. Inesorabilmente.
La prima parte, pur essendo un cammino nell'assenza di una persona cara, è anche un'immersione nella vita, nella sua fragilità, nel suo essere abbraccio, nel suo essere fiore e frutto. Può essere questa una lettura possibile?
Sì certo, il senso di vita possibile che trapela dal libro, quasi di forza irresistibile che ci trascina oltre la nostra momentanea cecità, piuttosto che di desolata rassegnazione, non è mai senza un cammino di convivenza e dialogo con la componente dell'assenza, del dubbio, dell'insofferenza. Non ci sarebbe né cammino, né crescita, né scoperta dell'altro nella sua alterità, né comprensione in noi di una realtà, come la morte, o peggio la morte cercata, come nel caso del suicidio di mio fratello, se non ci lasciassimo sconvolgere.
Ma è proprio da questo sconvolgimento, da una deflagrazione che ci fa “a pezzi” che possiamo rompere le nostre scorze, le nostre visioni unilaterali del mondo e aprirci a nuove visionarietà, all'inaspettato. Io trovo sia bellissimo lasciarci sorprendere dalla visionarietà che può nascere in noi, dallo sguardo diverso, più lungo, più profondo e comunicante, in noi e fuori di noi.
La seconda, invece, cerca un altro dialogo, un ascolto, un'altra presenza con cui parlare, poter dire. quanto è necessario tutto questo?
La prima parte del libro l'ho intesa come un dialogo con l'evento morte e la sua deflagrazione in me, dialogo con tutte le sue componenti e dialogo d'amore con questo fratello diversamente vivente con cui cercare di interagire in forma nuova, con altri sensi. La seconda invece è un insieme di riflessioni intime sulla condizione creaturale di fragilità, sui processi che hanno attraversato la mia mente, il senso di inadeguatezza alla vita che ogni tanto ci coglie, le ossessioni, la solitudine… Sono dialoghi con me stessa, con le creature, la natura che si fa maestra di vita, in un crescendo di possibilità, di fili che si intrecciano e ci permettono la presa di piccole certezze di felicità, nonostante tutto “Ho un destino di carezze/ finirò nel Bene – lo so –”. Come indica chiaramente l'incipit dell'ultima poesia del libro.
Credo che questo continuo dialogo interiore espresso attraverso il linguaggio poetico, possa farsi voce comune, condivisa, possa far compagnia alle nostre mille voci interiori, aiutare a unificarci. Per questo la poesia non è solo voce di un uomo ma si fa voce di tutti, quando prova a percorrere sentieri dove la parola scava nell'umano.
E c'è anche una 'invocazione' al silenzio. Ma quale è questo silenzio cercato?
Il silenzio è la mia grande amicizia, lo frequentavo già da bambina. In realtà più che di silenzio bisognerebbe parlare di silenzi, al plurale, perché ogni silenzio ha una sua voce, una movenza diversa.
Dei silenzi, amo il fatto che ci aprono ad un sentire altro, più completo, totale dire. Il silenzio è, in realtà, solo una diversa maniera di comunicare e di ascoltare il mondo che ci circonda, ma anche la chiave per raggiungere le nostre voci più profonde. Uno strumento di conoscenza, imprescindibile se si vuole accedere alla parola, anzi, se si vuol "accendere" le parole che continuamente ci raggiungono nel vivere, ma che diventano sciatte, logore, senza spessore, quando rimangono accatastate le une alle altre nell'ammasso di informazioni e di chiacchiericcio da cui siamo investiti tutti i giorni. Per cui davvero, ritengo che il silenzio sia intimamente legato alla scrittura, all'uso della parola e alla scrittura poetica nel suo specifico, oltre che essere esigenza di igiene necessaria ad ogni essere umano.
L’autrice:
Angela Angiùli è nata in provincia di Bari nel '71. È laureata in lettere moderne ed ha seguito corsi di perfezionamento in didattica della scrittura e prevenzione del disagio adolescenziale. Vive da molti anni con la sua famiglia a Bolzano, dove insegna. Nel 2015 ha vinto il 2° posto al premio biennale di poesia religiosa “San Sabino” Torreglia (Padova). I suoi componimenti sono presenti nell'antologia dell'Ottava Edizione del Premio “Parola e Mistero”, Proget Edizioni. Alcune sue poesie sono apparse nella raccolta di autori vari “Parole dell'anima” (ed. Appunti di Viaggio, 2015 Roma). Partecipa alla rivista poetica internazionale on-line Dichtkunst. È vincitrice della decima edizione del premio Mario Luzi 2015 nella sezione "Poesia nascente" con la raccolta inedita Storie di un tempo minore. Il mattino dopo il sabato. La Silloge Per il tuo amore non tacerò è tra le prime 10 opere vincitrici per il concorso "Pubblica con noi" Fara Edizioni 2016, ed è presente nella raccolta di autori vari La luminosità dell'ombra.
(Angela Angiùli, Storie di un tempo minore. Il mattino dopo il sabato, Fara 2016)
giovedì 15 dicembre 2016
Nuvole sparse: Stefano Sanchini
La
nuvola e il cielo
Il
desiderio dell'acqua si eleva al cielo
in
forma di vapore sottile e leggero,
ammira
l'opera e cerca il sentiero
nel
vento per donare altrove il velo
di
nubi nel fresco d'ombra e speranza
alle
terre aride alle gole arse al seme
che
attende il bacio per l'abbondanza
di
fiori e di frutti la pioggia non teme
l'altezza
ma si getta senza timore
a
impastare la terra a nutrire sorgenti,
la
nube sotto è tempesta sopra è calore
del
Sole, del cielo gli azzurri accoglienti
e
dissolta la nuvola l'acqua non muore
eterna
e pura negli occhi degli innocenti.
(inedito)
La
bellezza è l’ape che sul fiore si posa.
Come
potrebbe essere bella la rosa
se
gli altri fiori fossero nulla?
L’umanità,
tanti neonati nella culla.
La
bellezza si manifesta in molteplici forme
ma
la bellezza è di sostanza uniforme.
(Da
“Il villaggio”, Sigismundus editrice, 2016)
UN GRASPOL DE UA
inediti di Adeodato Piazza Nicolai
UN GRASPOL DE UA
Il Battista ci spronava a spianare
le vie del deserto poiché il Redentore
bussava alle porte del nostro cuore…
ringraziamolo ed ascoltiamolo…
incantato. Sei veramente la maga del verso
breve, pregno di perle rare e cristalline che
infiammano di luce. La tua voce è l’antica
“cetra” che pizzica gli occhi di ogni lettore
lasciandogli il pegno che nulla al mondo
saprà né potrà cancellare. La musa ti ha
benedetta. Continua a sussurrarti i suoi
progetti. Mia dolce amica, ancora Grazie
“forever and one day…”[1]
LA NUOVA GERLUSALEMME REDUX
God bless America … c’è sempre chi perde e chi
Caro Alessandro e carissimi amici poetesse e poeti,
mi rallegro per la buona novella che annuncia i vincitori del concorso poetico di quest'anno. Quando la poesia parla con la onesta dei sentimenti vince sempre la musa.
Grazie a te Alex per continuare a spronarci a dare del nostro meglio e grazie a tutti voi fratelli e sorelle artisti e compagni di viaggio nella vita dell'essere e del divenire. Per colui che crede e anche per tutto loro che non credono
nella magica natura del Natale, possa tuttavia il nascente bambino portare PACE NEL CUORE, AMORE PER TUTTI, E TANTA MA TANTA GIOIA PER OGNI NAUFRAGO SALVATO DALLE GRINFIE DEL MARE NOSTRUM E DONATO A VITA NUOVA.
Con affetto,
Adeodato Piazza Nicolai
p.s. Allego alcune poesie per il piacere di condividerle e basta... Grazie
mi rallegro per la buona novella che annuncia i vincitori del concorso poetico di quest'anno. Quando la poesia parla con la onesta dei sentimenti vince sempre la musa.
Grazie a te Alex per continuare a spronarci a dare del nostro meglio e grazie a tutti voi fratelli e sorelle artisti e compagni di viaggio nella vita dell'essere e del divenire. Per colui che crede e anche per tutto loro che non credono
nella magica natura del Natale, possa tuttavia il nascente bambino portare PACE NEL CUORE, AMORE PER TUTTI, E TANTA MA TANTA GIOIA PER OGNI NAUFRAGO SALVATO DALLE GRINFIE DEL MARE NOSTRUM E DONATO A VITA NUOVA.
Con affetto,
Adeodato Piazza Nicolai
p.s. Allego alcune poesie per il piacere di condividerle e basta... Grazie
UN GRASPOL DE UA
Il Battista ci spronava a spianare
le vie del deserto poiché il Redentore
bussava alle porte del nostro cuore…
ringraziamolo ed ascoltiamolo…
Amelia cara, dalla prima
volta
che ho ascoltato la tua
poesia
“un graspol de ua” ti ho
voluto tanto
tanto bene. La sinfonia di
due cori
che volevano cantare in
sintonia
nella propria lingua
materna (tuo il
Padovan e io in Ladin-Cadorin).
Al Vecchio Ghetto insieme quasi ogni
anno per celebrare la nostra festa con
poesie: poeti e poetesse
nel piccolo
cerchio condividiamo
le nostre più belle
canzoni e col passare delle
stagioni
ho meglio studiato,capito ed
apprezzato
le schiette tue parole
schiett limpide e
colme di complici significati
che pochi
sanno raccogliere decodificare
e poi
amare. Hai seminato tanta inaudita
bellezza. Non so veramente se questo mio
“Grazie” saprà dirti quello
che scotta nel
cuore di tuo fratello
poeta. Come nessuno
hai esplorato e scavato nel
microsolco
piccolo/vasto, dolce e
sincero come se
sempre il più bavessi colto il più bel fiore,
il più prezioso per poi regalarlo
alla gente.
Soltanto dopo, leggendo i
tuoi versi guidati
da San Agostino, sono rimasto in silenzio, incantato. Sei veramente la maga del verso
breve, pregno di perle rare e cristalline che
infiammano di luce. La tua voce è l’antica
“cetra” che pizzica gli occhi di ogni lettore
lasciandogli il pegno che nulla al mondo
saprà né potrà cancellare. La musa ti ha
benedetta. Continua a sussurrarti i suoi
progetti. Mia dolce amica, ancora Grazie
“forever and one day…”[1]
Copyright dicembre 12, 2016
di
Vigo di Cadore, ore 21,17 –
23,32
[1] Augurio
ebraico antico: “forever and one day” significa letteralmente, “Che tu possa
essere felice “per sempre”, (cioè “forever”) con in più “un giorno”
cioè “one day””: la somma totale diventa l’augurio che dovrebbe durare
“un giorno di più dell’eternità….” .Nota dell’Autore.
I.
vince. “Lavoreremo tutti insieme” proclama l’appena
eletto Presidente degli Stati Uniti ai
cittadini della
nuova Gerusalemme. Putin manda subito
il tele-
gramma a donald duck: “mi auguro che
lavoreremo
bene insieme, per il benessere dei due paesi (s’
è forse
scordato del popolo?) … e sui mercati
internazionali
un movi-mento spietato: un girotondo
fetale.
Ma la Vita vince sempre, sconfigge
anche la morte
del globo stellare. Dal primo scoppio
del teorizzato
Big Bang all’avvento del redux Trump
(un nuovo traghet-
tatore del ciclo umano, infinito)
ridiscendiamo all’Inferno
dantesco girando sempre alla destra
-- accompagnati
non da Virgilio bensì dall’italico
Giuliani … insieme
al novello Comandante Supremo delle
Forze Armate
Americane. Non reciteremo “O Capitano
mio Capitano”
di Whitman. Nel background musicale la canzone
degli Stones sembra inceppata in
ripetizione:“You
can’t
always get what you want…[1]” Povera Hillary,
caduta
di nuovo e per
la terza volta, forse la finale. Telefona
al rivale, ripete sommessa e sconsolata: “Congratulazioni
al vincitore … poi si
ritira di nuovo nell’anonimato.
II.
Chi è Donald Trump? Quello crudo, rude,
male-
ducato, razzista, antifemminista della
campagna
presidenziale oppure un imprenditore
sposato
almeno due volte, fallito sette volte
(?) e resuscitato
più fedelmente della sacra Fenice
veneziana ? “Sarò
il Presidente
di tutti…” ma poi non ha specificato
Dove. Come. Quando e perché … ci sarà
il tempo
la voglia e lo spazio e soprattutto la
resilienza
in Congresso per fare tutto che ha
promesso ? Non
credo proprio. Trump è di destra o di
sinistra? Del
Nord oppure del Sud ? Per il Sole o per
la Luna ?
Corteggerà soltanto la dea Fortuna che
gira sempre
mei suoi casinò. Qualcuna di cui avrà
conosciuto …
informalmente, per usa e getta.
Conta pure l’essere stata
l’eletta per 10 secondi e poi basta:
almeno per lui padre/
padrone in regali poltrone. Donald
Trump farà spesso
il pretendente in cielo o in terra? Ci
sarà più pace
che guerra? Non so. Prego soltanto che
qualche volta
preghi anche lui a qualche divinitas che
lo ascolta:
prima di tutto a se stesso e poi alla
sua moglie/compagna.
III.
A livello subliminale ascoltando il
ronzio delle
multivoci trasmesse dai vari canali
televisivi
sull’argomento delle elezioni
statunitensi pre-
silenziali, dall’inconscio s’è alzato
il sospetto
parallelismo D. T. è troppo vicino all’
E. T.
spilberghiano. Anche l’ultimo è un
alieno?
Può darsi, speriamo di no. Nell’ Address ai
Suoi fedeli ha urlato felicemente: “Sarò di tutti
e di nessuno …[2]”
Ma durante la lunga e sanguinosa
campagna elettorale ripeteva ad nauseam “Faremo
un muro fra il Messico e gli Stati Uniti. Nessun
mussulmano passerà i nostri confini. Donne e bam-
bini saranno protetti ugualmente
(eccetto per certi
diritti costituzionali …). E che ne
pensa del pre-
cetto ideale essere “politically
correct?” Cosa pensa
del dover pagare le tasse statali e
federali? Trump
s’è definito Post Brexit, che
cosa intende ? Uscire
dal girotondo globale ? Non credo le
multinazionali
statunitensi (come il tabacco, la
National Rifle
Association, le Nazioni Unite, le Tribù Farma-
celtiche, etc., etc., ) saranno
d’accordo con lui.
Riguardo all’inquinamento geopolitico
sembra
convinto che sia una bufala orientale
per continuare
a carbonizzare il loro paese come il
resto del
mondo; esperimentare con balene
giapponesi; cambiare
automobili e altri giocattoli almeno
ogni 6 mesi …
Nel suo Discorso della Vittoria (parla
Donald): “La
nostra non è stata una campagna elettorale bensì un
Movimento Statunitense mai successo dopo la Guerra
per l’Indipendenza del 1876. La libertà tuonò allora
a Filadelfia e suona tuttora nel nostro Paese.”[3]
In neo Presidente ha continuato che gli
USA a livello
locale, statale e federale rifarà le
infrastrutture che
hanno bisogno: ponti, dighe, strade,
scuole, ospedali
ecc., ecc- poi anche aeroporti e altre
strutture. Così
il PIL raddoppierà. Lo stesso vale per
l’occupazione
(un nuovo progetto, modificato da
quello del President
Franklin Delano Roosevelt durante la
Crisi del 1924-
28, seguita dal Black Friday del ’38
con il crollo della New
York Stock Exchange e tante persone
lanciatesi dalle
finestre purtroppo senza “golden
parachutes.”[4]
I sopra-
vissuti hanno imparato a sopravvivere e
lo faremo di nuovo,
sempre di nuovo …
IV.
A livello di rapporti
internazionali/intergalattici voglio
Muraglie con tenaglie agguerrite e
aguzzi cocci con filo
Spinato per qualsiasi immigrato nato
non sul nostro
Terreno (niente Jus Solis e neanche de Sanguinis)…voglio
La razza pura americana (che mito
innocente.fatale !.
E su per le scale del Campidoglio
ascoltanto le oche nel
Concord schittare, stramazzare, cantare
, giocare, ballare
e poi di notte, davanti alla statua
dell’Illinoisiano Abraham
Lincoln, farsi uno spinello, abbozzare
una legge Ad
personam,
andare a letto con la segretaria o
almeno qualche splendida
infermiera di passaggio involontario:
pronta a qualsiasi cal-
vario pur di scalare verso la vetta, ed
oltre il tetto di vetro.
Né Clinton né Trump avranno mai toccato
né leccato una
tenera/dolce puella, sia sposata oppure zitella, ma pur sempre
pronta al suo dovere incivile. Putin ha
subito imbucato un
telegramma per congratularsi con Donald
Trump. Formulerai-
no una nuova asse e/o giocheranno a
qualche partita di bridge ?
Chi azzeccherà il prossimo checkmate
prettamente post
nucleare?
© Copyright Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, 9 novembre (dalle 7,30 alle 13,40)
Ogni Diritto è Riservato all’Autore. Questa opera è
artistica, creativa e fittizia. Qualsiasi riferimento a persone e/o personaggi
attuali è pura-mente causale; mai consciamente intenzionale. (Nota d’Autore).
[1] Nota canzone dei Rolling Stones: You can’t always get what you want…” “non puoi sempre avere quello che vuoi …” [traduzione in
italiano dell’Autore]
[2] Ironia voluta
dall’autore… Nell’originale, “Sarò per tutti o per nessuno….” (NdA).
[3] Donald Trump, “Discorso
della Vittoria” alle presidenziali americane, letto il mattino del 9 ottobre ai
suoi fedeli radunati in un grande hotel di New York. Alcune parole sono state modificate per essere inserirsi
correttamente nel contesto; alcune
brevi frasi sono state “inventate” dalla fantasia dell’Autore.
[4] Per la
correttezza delle date storiche di questi eventi particolari l’autore prega il
lettore di rivolgersi a una buona enciclopedia, per esempio la Treccani. I
“golden parachutes” sono i soldi che le internazionali danno come premio di
pensionamento e/o di mutuamente acconsentita rottura del contratto economico,
ai grandi managers.
IL MARTIRIO DEL BOSCO
Boscaioli postmoderni, come
Attila
mettono a ferro e fuoco,
radono a terra
la foresta; camminando in
Palù Grande
mi sembra arrivata l’apocalisse,
l’inverno-inferno
post-nucleare.
A fatica, la rabbia in
gola, passeggio
tra le macerie: ramaglie,
sterpaglie
pezzi di tronchi come bestie ferite
affogano il sottobosco. Un
macello.
Mi fa ricordare la Grande
Guerra
ma siamo adesso in tempo di
pace:
ferite inutili, assurde,
barbariche
senza alcuna giustificazione.
Perché
quest’ assurdo massacro,
questo disastro
ambientale senza senso e
senza fine,
senza rispetto per la madre
natura
che protegge e sfama la nostra follia?
In questo bosco gli uccelli
sono muti,
supremo domina soltanto il
rombo
di motoseghe e di motocross…
Da bambino ricordo le
nostre foreste
curate, silenziosamente
attraversate
con passo felpato, con
cuore colmo
d’affetto e meraviglia.
Perché questa
incuria e disprezzo, queste
barbarie
incoscienti dell’uomo
moderno?
Non so. Non lo capisco ma
lo
contrasto con ogni battito
del cuore.
La mia speranza persiste,
come
il vento furioso/rabbioso d’inverno.
Copyright Adeodato Piazza
Nicolai
Vigo di Cadore, 18 luglio
2016
GRAZIE A DIO ORA
RIPOSA LA MUSA
Se
mai perdo la fede in te
non
resta niente da fare per me[1]
Ora riposa la Dea Bianca[2]
sogno sveglio ma dimentico
il sogno; basta la notte fonda
di luna e di stelle: sono
lucciole le lampade sulla
Riva della Madonna,[3]
illuminano il cammino
verso chiesa case e cimitero.
Quasi mi basta e pure
avanza. Penso ai miei cari
lontani oltre l’Atlantico:
mi mancano tanto.
Copyright 2016 Adeodato Piazza Nicolai.
Vigo di Cadore, 4
settembre 2016, ore 4:00
NOW THANKS TO GOD
THE MUSE IS AT REST
Se mai perdo la fede in te
non resta null’altro
da fare per me[4]
Thank God now the “White
Goddess[5]”
is resting. Awake
I dream but forget the dream.
The deep night is more than
enough; night-flies are lights
lighting up the Riva of the
Madonna[6]that
lightens
the climb toward church
nearby houses and ceme-
tery. It’s more than enough;
I think of my dear ones on
the far side of the Atlantic
and I miss them so much.
Copyright 2016 Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, September
4, 2016. 4:30
a.m.
[Translation of the Italian
original by the author]
[1] Sting: If I
ever lost my faith in you / There is nothing left for me to do, tolto
dall’album “Ten Summoner’s Tales” .
[2] La “Dea
Bianca”, della dottoressa Francesca Diano, è parente stretto della “White
Goddess”
di Robert Graves.
[3] “Riva della
Madonna” – Riva della Vergine Maria, a Vigo di Cadore, che porta
sia alla
chiesa parrocchiale sia alle case
vicine che al cimitero. (NdA)
[4] Sting’ s song: If
I ever lose my faith in you / there is nothing left for me to do, from the
album “Ten Summoner’s Tales”.
[5] “La Dea Bianca”, by the Professoress Francesca Diano, is a close relative of
“The White Goddess”
by Robert Graves.
[6] “Riva della Madonna (Italian) is the “Road of the
Virgin Mary”. It leads people to
the Church of Saint
Martin, the adjacent homes and the faraway cemetery. (NdA)
CARE SORELLE, FRATELLI CARI
CARE SORELLE, FRATELLI CARI
Platone
[Plafone?]: “Al mondo delle idee …
l’anima
desidera
tornare: temuta dall’uomo comune che
scambia
per vera realtà il mondo sensibile; è desi-
derata
dal saggio. Anche a proposito dell’immorta-
lità
dell’anima ritroviamo … l’unione d’impulso reli-
gioso
e di razionalismo. …”[1]
Aristotele “[Aristos]: “Nell’opera Sui poeti e negli studi
di storia letteraria [lui] tenta di
riscattare la poesia dalla
condanna
platonica, mostrando che il carattere mimetico
dell’arte ha un valore positivo, in
quanto fa del- l’arte uno
strumento di disciplina delle emozioni
umane, ed è una
prima
approssimazione alla verità. …”[2]
Caro
fratello Gigi, l’etica/estetica di Platone Aristotele
e
altri filosofi dell’Hellas antica rimangono vivi e attivi per sempre nell’Occidente
e, forse, anche nel’Orien-
te:
mai semplice viverla e praticarla giorno dopo gior-no;spesso e facilmente fallisco, tradito dal
pragma-tismo statunitense ingoiato per più di 40 anni. Non
so
se in Canada lo stesso vale per te ma ti assicuro la Retta Via passa per questi esempi quasi immortali.
Peccato
per l’eterna fragilità dell’homo sapiens et ludens. Noi pseudo/post
modernisti restiamo schiavi dell’infernale globalismo finanziario, dell’ego-
centrismo
che uccide sia fratellanza che altruismo.
Se
dio è morto da tempo, insieme a Frederich Nietzsche, il Dalai Lama è vivo ed
attivo anche se qualche credente non vuole ascoltare, imparare, carpire come i sentieri
stiano sempre più stretti della cruna
d’un ago.[3]
Noi siamo i cammelli virtuali e poco virtuosi. Almeno iniziamo a dubitare del
dubbio e mai assopirsi: noi poco esposti alla luce del multiuni-verso[4]
che bussa alla porta e ci spia durante il nostro
cammino verso l’oltranza …. [5]
Copyright
2016 di Adeodato Pazza Nicolai;
Vigo
di Cadore, 28 settembre, ore 20:37-22:47.
[1] “L’Enciclopedia
della Repubblica”, Volume 16, pagina 280.
[2] “L’Enciclopedia
della Repubblica”, Volume 2, pagina 148.
[3]Credo tutti
conoscano la nota parabola cristoforica. (NdA))
ANDREA DA
CORTA’ MENESTREL
te às capiu ben la storia
del
pungitopo: guidou dai
seguge
d’inverno l’è desto
fin
a l’inferno par saludà
Mefistofél e forse
anche
calchedun autro che lui,
iò credo, cognosea …
Sona cianta
e bala Kelta mago pì brao
de tante
autre n giro pal mondo medo
mato, massa
straco e propro tanto desfato.
Andrea l’é
nasésto te la Tuaza dei Da
Pozàl, che alora dea n’giro col feral,
par insegnàne a ciapà l
fuogo col cuor.
L vien do da Pozale aonde
score ‘ncdora
le àghe dela vera vita, pì
s-cietae sinziera
par contà le so s-cione.
Àle siè de la bonòra iò
‘ncora scolto le S-cionade da l’ Λ al Ω.
Sautòn te na barca che
sbrissa su la Piave
e ciantòn ‘nsieme la filastroca del neve;
passòn daspò ala fifa dei vecie
finché l rua
par fei da giusto ecuilibrio
tra bocie e vecie che
‘ncora se scònde te calche
ciantòn de ciasa soa
ma, pedo ‘ncora , te chele
guoite senza nissun …
N’sieme fason Al sautiei – I bombui de nessun e
n’tanto vardon la luna tel bus
inte l rù. Iò me
recordo del nostro Pioan
Don Giovanni Maria
Longiarù. L’è descoz sul neve (forse do a Pieve
cussì bel l to Bambin che sogna i dande de Nantelou
anche se l piande l sauta e core?). Se son
fer-
made a bee na palanca a l’”Ostaria
da Pichet”
ma anche a vardàse i rame pì
aute dopo le
taute giavade fora par fei
chel ntin de fuogo
te stua. Calche tosato
volaràe vede na rebe-
gola da fiaba, ntanto nisun
la cognose.
Nveze insieme sienton balà
e galopà i tuoi
Ciavai bianche (come l neve) – i passa visin a
ogni Bar Bianco tel Cadore de Medo. Daspò
sote na luna tonda i
sparisse davoi del Tudaio
e del S-ciavon; i va a lavàse co ‘ntin de
saon,
no sèi davero da aònde che
l rua e chi che ghe
sfrea l mantel, cussi lustro
e pulito.
Te chela nuòte piena de
stele se sente calche
Soritha balà te na bariza, Andrea che strucca
la fisarmonica e l fraca i
botoi del pifero ma-
gico fato da le so man. N’tin
pì tarde rua na
Onbria che fa fadìa a divìde la nuote dal dì.
L’avràe bisuoi de na manèra
col manego dreto
par taià fora n toco de
scuro da na radìs de la lùs
che l’saroio ne manda …
Spariu massa presto la bela
bonora vien l’ora
de dì a ninanana o almanco
te cucia. Andrea caro
te às ciantou-sonou-e-piferou
abastàntha,
bìcete sora la bancia inte
cusina, sciàudete
i pès e la panaa, curate
calche buganza che
te fa mal. Magna chel piato
de minestron e fasuoi
che la to mare te à pareciou tante ore prima e
daspò, finalmente contento,
de te ndormenze
virtuà,l anche lui che sogna
co n mucio de neve.
Copyright 2016 Adeodato
Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, 13 ottobre
2016, ore 7:04 – 8:26.
ODE A COSTAUTA
I.
L’illustre poeta nato nel tardoOttocento
e maturato nei primi delNovecento aveva
già elogiato la beltà del nostro Catubrium.
Oggi vorrei soltanto laudare l’erto splendore
di Costauta comelicensis. Arrocata sull’alto
costone roccioso richiede al viandante uno
sforzo speciale d’amore per accarezzarne
la cima. Di sorpresa volevo salutare l’amico
Lucio Eicher Clere nel nido dov’è nato,
dispiegato le ali e ora fa crescere i suoi cuccioli
fra le radici degli antenati. Salito le scale di
fianco alla loro casa ho bussato al portone.
Non c’era risposta così ho scritto due righe, le
ho infilate nella cassetta postale, mi sono rivolto
alla luce del sole che mi ha abbracciato con gioia.
Illuminava ogni lato di tutte le case arrampicate
sui pendenti di roccia. Io, innamorato di questa
magia, restavo muto ad ascoltare il canto dei larici
e degli abeti. Perfino le mura della contrada stavano
attente all’inatteso miracolo della natura. Ballavano
nel saroio come
diamanti appena scoperti nel ventre
della terra o rubati dalle sabbie del Sahara. Così mi
sono girato verso valle per tuffarmi nel calore delle
foglie arrugginite, fra le braccia del sole che di nuovo
mi richiamava/indorava da ogni lato: dalle pareti
delle case
illuminate, della chiesa e dalla scuola
elementare
(salvata in extremis dai tagli maledetti
dello Stato che
voleva pensionarla troppo presto).
II.
Anche le
muraglie sui fianchi delle strade che annun-
ciano le vite
già vissute e da venire brillavano antici-
pando
l’enrosadira come unincanto di quest’ unica
isola felice. Alcune donne scendevano dalla piccola
piazzola
verso le scuole per andare a votare o “sì”
o “no” al
Referendum nazionale che voleva modici-
care la
nostra Costituzione Italiana. Più tardi, poco
dopo la
mezzanotte, ho sentito che aveva stravinto
la nostra vecchia e stimata Signora,
rimasta inviolata
da ogni volgare
tramaccio dei corrotti poteri
forti;
dai banchieri ladri, con minimi scrupoli e
senza alcuna
pietà. Il
popolo “muto” aveva parlato
chiarissimamente:
la Costituzione per adesso non si ri-tocca. Va bene che
gli altri paesi d’Europa e d’Oltremare rispettino
senza
inficiarsi le scelte votate dal popolo italiano Scusatemi
questo breve e rude depistaggio. Ritorno alla mia
auto.
Riprendo al
contrario la strada che mi porta a Santo Stefano
ma questa
volta ritorno a Vigo di Cadore scendendo per
Costalissoio. L’anello del mio giorno pian piano si
completa. Ringrazio il Signore degli Anelli per questa
splendida
e magnifica giornata. Parcheggio l’auto nel mio
garage
e salgo le
scale (del Ponticello dei miei Sospiri. Entro in casa,
bevo un gelido bicchiere d’acqua nostrana e ringrazio
di
nuovo Costauta
per questo dono inatteso ma tanto sognato….
Copyright 2016 di Adeodato Piazza Nicolai /Vigo di
Cadore,
Domenica 4 dicembre 2016; dalle 19,14 alle 23,54.
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