martedì 23 dicembre 2014

a Domenico Cipriano



Guardia sto sul tuo dorso

come una cometa di ghiaccio

fino a primavera, pietre e

camini fumosi nel solco

degli anni disperso nelle voci

dai bar: ragionano quaranta

carte tutta una passione

i giovani tornano come

rondini sopra tetti rossi,

nella chiesa vegliano

sogni nel tabernacolo d’argento:

Ripa e il suo testamento.



Natale, 2014

vincenzo d’alessio

lunedì 22 dicembre 2014

Al Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud il Premio CIE della Giuria


 
Ennesimo successo per il Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud. Infatti, per la sua meritoria battaglia a favore della letteratura e della poesia del Sud la Giuria della XI edizione del Premio Internazionale “Giovi - Città di Salerno” ha conferito al Centro irpino il Premio CIE del Centro Internazionale di Etnostoria di Palermo. Il Premio è stato ritirato dal Presidente del Centro Peppino Iuliano, dal Direttore Scientifico Paolo Saggese, dai componenti del Centro Alfonso Nannariello e Raffaele Stella, il giorno 20 dicembre prossimo a Salerno presso il Teatro “Antonio Ghirelli”, alle ore 18.30.

Ecco la motivazione, firmata dal professore Francesco D’Episcopo dell’Università di Napoli:

«Il Centro di Documentazione per la Poesia del Sud è una benemerita istituzione culturale, che sede nel cuore dell’Irpinia. Essa è formata da intellettuali, poeti, scrittori, critici, che, sulla scia di indicazioni metodologiche ed operative fornite in anni lontani anche da chi scrive, si sono proposti di fare squadra, per creare una mappa, il più possibile completa, come auspicava Salvatore Quasimodo, dei poeti del Sud organizzando in tal senso un periodico festival-reading, dedicato alle diverse regioni poetiche meridionali. Il Centro si è fatto, in tempi recenti, promotore di una mozione didattica di particolare rilievo legislativo, per il pieno reinserimento nei programmi scolastici dei nostri grandi poeti meridionali.
Dunque, poesia, ma anche impegno militante a difesa del territorio, che rischia di essere oltraggiato non solo culturalmente, ma anche criminalmente, attraverso infiltrazioni, che ne offendono l’ecologia e la bellezza. Il centro ha avuto sempre la intelligente coscienza di affiancare la sua intensa attività culturale con un’altrettanto fervida promozione editoriale, per non disperdere, ma testimoniare nel tempo, un impegno, da affidare soprattutto alle future generazioni meridionali.»
 

Del resto, il Premio, che si aggiunge al Premio Basilicata ritirato il 18 ottobre scorso, è frutto di un lavoro corale, che si sta compiendo da anni e che ha sino ad ora presupposto una ricerca oscura e una militanza meritevole, di cui sono stati protagonisti altri intellettuali tra cui Alessandro Di Napoli, Salvatore Salvatore, Alfonso Attilio Faia, Franca Molinaro, Anna Maria Renna, Vincenzo D’Alessio, Raffaele Della Fera, Antonella D’Addazio, Antonietta Gnerre, Generoso Picone, Gianni Festa.
Il Premio è stato indetto nel 2000 dall’Associazione Culturale “I Castellani” di Giovi – Salerno, che, in considerazione dell’interesse attuale per le culture locali e gli specifici regionali, in collaborazione con il Centro Internazionale di Etnostoria di Palermo, istituto di alta cultura tabellato dal Ministero Beni e attività culturali, è rivolto a studiosi, che, con volumi, saggi, articoli o documenti audio – video, abbiano contribuito alla migliore “lettura” di uno o più ambiti socio-culturali territoriali o precisato scientificamente specifiche tematiche di microstoria/etnostoria.
Si spera, sottolinea il Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud, che il Premio possa dare un ulteriore stimolo alla richiesta di revisione delle “Indicazioni nazionali”, di cui da tempo il Ministro Stefania Giannini ha promesso una modifica, avendo accolto le ragioni culturali e le proposte provenienti dal Centro di Documentazione irpino.

giovedì 11 dicembre 2014

News da Adele Desideri

Gentili lettori, segnalo quanto segue

*Recensione di Daniela Monreale a Adele Desideri, Stelle a Merzò (Moretti&Vitali 2013), pubblicato ne «Le voci della luna», numero 59, luglio 2014. 






*Recensione di Adele Desideri a Carlos Sánchez, Tutto scorre come un fiume, Todo fluye come un río, Lìbrati, 2012, ne Il Quotidiano della Calabria, 26 ottobre 2014. 






Carlos Sánchez, Tutto scorre come un fiume, Todo fluye come un río, Lìbrati, 2012, pag. 153, euro 12

Carlos Sánchez, argentino, da molti anni vive in Italia. Esperto di comunicazione sociale, ha collaborato con diverse organizzazioni internazionali delle Nazioni Unite. Ha pubblicato articoli, racconti, romanzi, libri di poesie e di fotografie, sia nel nostro paese che in America Latina.
Tutto scorre come un fiume (Todo fluye come un río) è una raccolta di liriche bilingue (composte dall’autore in italiano e in spagnolo) ispirata al principale tema eracliteo - pantha rei - inteso come modo di essere, di pensare, di agire e di scrivere.
Un traboccare di versi surreali, visionari - o altrove naturalistico-veristi - comunque sempre malinconici, si raggruma nella pagina di Sánchez, e conduce il lettore in un mondo domestico claustrofobico, metafora angosciosa della quotidiania, solipsistica prigionia di moltitudini di individui che abitano nelle piccole e grandi città dell’Occidente postmoderno: “Dico a Gardelito di far silenzio/ e non mi sente/ trilla forte in una gabbia/ che mi fa male/ (…)/ le ali che si rompono/ in uno spazio ridotto./ (…)/ Riparàti sotto uno stesso tetto/ viviamo senza dirci tutto./ Fischio e lui canta/ cammino sul rumore/ del suo volo/ vola sul rumore/ dei miei passi/ così ci liberiamo/ dall’ossessione/ degli spazi aperti.//”.
Non manca poi, nel viluppo delle fantasticherie versificate di Sánchez, una veemente denuncia - segnata da una serena, ma ferma ironia - di quanto sta accadendo nel nostro pianeta, afflitto da una globalizzazione priva di criteri etici e morali: “I sedentari sono diventati nomadi/ i nomadi continuano ad essere nomadi/ tutti scappano dalle invasioni barbariche/ e non rimangono territori esenti/ da tanta terribile catastrofe intelligente./ Gli dèi competono/ i vulcani eruttano/ i deserti si estendono/ i fiumi straripano/ i mari si ritirano/ oppure invadono quello che rimane/ il lavoro è un lusso/ l’intolleranza regna/ nelle menti più bianche/ l’uguaglianza è una metafora/ la dignità una licenza poetica/ il futuro una palla di cristallo opaca. Non so se menzionare che su Marte/ forse c’è acqua.//”.
E, ancora, risalta la serrata critica di Sánchez nei confronti dell’attacco tecnologico di cui ormai ogni persona è in qualche misura vittima, dell’arroganza della scienza che tutto vuole comprendere, insegnare, dominare: “Mentre noi ci distraiamo nello spiegare l’universo/ passano le ore, i giorni, gli anni e questa vita./ E passano sicuramente senza di noi.//”.
Altri - tra i tanti - sono gli argomenti degni di nota che Sánchez affronta, trasformandoli in un’incessante fluire di oniriche, sofferte, immagini: i ricordi della terra natìa, i viaggi, le conseguenti e variegate esperienze, le speranze e i dolori, la solitudine - “Mi domando perché sanguino/ da tutti i pori/”; una formidabile energia propulsiva che non si piega, una fine intelligenza delle cose, l’ostinazione nel difendere il valore della bellezza; e la poesia quale destino accettato con umiltà d’intenti - “La poesia non è un privilegio/ né un’arma intelligente/ è una querelle/ un ululato forzoso/ civilizzatore/ in questa oscura calamità.//”:
Ma se il lettore, infine, si chiedesse: “Chi è, in realtà, Carlos Sánchez?”, Sánchez stesso rispondebbe, in più luoghi del suo libro, mostrandosi come un uomo, un poeta, che “non riesce a esercitare l’oblio”.
Al pari di “Un equilibrista ebbro/ su una corda allentata.//”, egli - “Italiano di Buenos Aires/ argentino di Folignano/ (…)/ Un oceano intrigante nel mezzo./” - apparirebbe, allora, con le sembianze di un signore in età, che non ha paura della morte, e che della vita scrive: “(…) l’ho inventata/ a immagine e somiglianza/ di me stesso/ dio non ha avuto nulla a che vedere/ in questo assunto.//”.
Giacchè Sánchez, l’incredulo, “viene da lontano, viene da più tempo” - come Papa Bergoglio. E, con “i pugni al cielo, le mani vuote”, non si arrende, pur lasciandosi trascinare, con pacata temerarietà, nel fiume eracliteo, per raccontare, della complessa tristezza dell’esistere, le disillusioni, il necessario perdono, la trama e l’esito - quella fiammella sempre accesa di un autentico - e bonariamente furbo - lieto umore: “Oggi mi ha preso di cantare/ e lo faccio zitto zitto/”.

Adele Desideri



*Recensione di Adele Desideri a Umberto Piersanti, Cupo tempo gentile (Marcos Y Marcos 2012), pubblicata in www.larecherche.it, 11 novembre 2014. 


Cupo tempo gentile
Romanzo
Umberto Piersanti 
Marcos y Marcos

Recensione proposta da LaRecherche.it


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Pubblicato il 11/11/2014 12.00.00

[ Recensione-saggio breve di Adele Desideri ]

   Umberto Piersanti è nato, nel 1941, a Urbino - “dove vive e insegna all’università”.
Ha pubblicato diversi romanzi e prestigiose raccolte poetiche,tra le quali è da segnalare un “trittico” per i tipi di Einaudi. “Autore di film”, saggista,“operatore culturale, organizza eventi spesso legati alle radici della sua terra d’origine”.
Cupo tempo gentile, romanzo autobiografico, narra le vicende del giovane Andrea Benci, che - nell’autunno del 1967 - si avvicina al Movimento studentesco di Urbino e vi rimane attivo -madissidente e accusato di decadente, reazionario revisionismo - fino a dopo il termine della formazione universitaria:nellesueintime aspirazioni c’è, infatti, la volontà di costruire un “tempo più gentile”; proprio mentre, invece, il cupo tempo della violenza della sinistra eversiva e delle stragi della destra neofascita si va preparando.
   La prosa scelta da Piersanti alterna lo sboccato, tribale, linguaggio quotidiano della gioventù degli anni Sessanta-Settanta a un dettato colto, raffinato, prossimo alla saggezza deipiùantichi maestri.Nei monologhi interiori di Andrea, Piersanti tesse poi incisivi, timbrici dialettismi: “il sole scende lento sopra Cartoceto, si posa su una collina tra gli olivi, quasi sguilla giù per la discesa”.
Intensi e ben calibrati si intrecciano i dialoghi,che mettono in scena il clima politico dell’epoca: i disegni oltranzisti e quelli moderati; gli eccessi e i tentativi inutili di porre misura ed equilibrio alle troppe, vuote, paroleinfuocanti il Movimento; i silenzi dubbiosi, perplessi, di Andrea.
   Egli apprezza i temi fondativi della sinistra europea e italiana e critica la società iniqua e ottusa a lui contemporanea, tuttavia lasuaè essenzialmente un’anima da letterato - amante, in primis, dell’arte e della natura. Andrea è un temperato intellettuale di sinistra, e il disagio di appartenere al gruppo degli studenti rivoluzionari si fa presto evidente: “Ahimè, io sono d’un’altra razza, c’è il mare e i campi”…
Andrea vive in bilicotra due opposti universi:il passato - denso di pregiudizialibigottismi,eanche di valori giusti e certi - e il presente,che propone innovazioni culturali e sociali, marischia di perdersi in un’ideologia schizoide, sanguinaria, assolutista.Resta così immerso in un continuum di scettici, cruciali, quesiti, fino a capire, solo all’ultimo, quanto del vecchio mondo è da rifiutarsi e quanto del nuovo è da accogliere: “Stalin campeggiava nei manifestini dei marxisti-leninisti (…) tra Lenin che lo precedeva e Mao che lo seguiva. A lui invece sembrava che quel cammino del PCI verso la ‘democrazia formale’ fosse inevitabile: anche perché, senza quel ‘formale’ così disprezzato dal Movimento, c’era la dittatura, certo ‘del proletariato’, ma pur sempre dittatura. E allora cosa ci faceva lui nel Movimento? Era quell’entusiasmo che lo affascinava, quei ragazzi pieni di speranze, anche di sicurezze”.
   Inoltre, l’educazione affettiva di Andrea è tradizionale, pudica, non ancora del tutto segnata dagli scossoni della rivoluzione sessuale, dalle intuizioni della psicoanalisi.
Le donne sono,per Andrea, sia voluttuosamente invitanti, sia sempre lontane, sempre da conquistare. È distante, Andrea, dalle comuni, che visita solo per mera curiosità: “mettere in comune le cose e i corpi, no… (…) lui non vorrebbe mai che una sua donna gli si rinchiudesse davanti, in una stanza, a scopare con un altro… (…) un po’ di gelosia, sì è umano… santa madonna se è umano… loro sono primitivi, comunismo primitivo”.
Andrea è pure diffidente nei confronti dei gay; lo stesso termine “omosessualità” - accostato magari al concetto di latenza - gli pare “inquietante”. Le sue riflessioni in proposito sono illuminanti: “Ah, questo è troppo, che ci sia qualcuno che vuole andare a letto con i maschi, bene, ma che tutti vogliono questa roba, no, è troppo! (…) a me un maschio nudo mi fa quasi schifo”… “non che la chiesa abbia ragione… però che siano completamente normali…“.
Andrea, invero, non è né rozzo né ignorante, e riconosce alle donne e agli omosessuali di essere gli unicichesanno dare respiro alla “vita”, alle “emozioni”, ai “sentimenti”; ipotizza addiritturacheloro siano, in effetti, “il meglio del Movimento”.
   In particolare, Andrea è affascinato dalla naturachevive e palpita sulle Cesane:ne individua ogni forma, ogni colore, ogni suono; in controluce vi legge le proprie fibrillazioni, le proprie oscurità.
E - nel descrivere quella e queste - Piersanti affonda la penna, come già in moltiprecedenti libri, nella cifra poetica: “era un pomeriggio chiaro di febbraio, la chiostra dei monti luminosa e perfetta; sul Catria intravedevi il verde dei grandi prati appena sotto la neve e il Nerone con le sue costole grigie d’argilla e i boschi verde scuro perfettamente disegnati dentro l’aria. Su, nei muri del vecchio ospedale, l’antico convento di Santa Chiara, erano fiorite le violacciocche, fitte tra le pietre”.
Perché Andrea-Piersanti è figlio di“Ca’ Mandorlo, sotto le Cesane alte, oltre la Torre, verso Scotaneto. Lì c’è la casa dei suoi antichi autunni e delle estati lontane”, la casa dove sono custoditi isuoi più cari ricordi d’infanzia.
Si sofferma allora, Piersanti, sul glicine pasoliniano, opposto all’umile favagello appenninico, nel quale - insieme a Andrea - si identifica: “E per lui il favagello in quel momento era come il glicine per Pasolini: la verità eterna delle cose che nascono, crescono, muoiono e si rigenerano, incuranti del tempo e della storia. Segno di quell’energia, di quella pulsione di vita che sta in fondo a noi, più forte di ogni ragione e di ogni storia”; il “favagello campestre e appenninico, medioevale o quattrocentesco come le pievi sparse per la sua terra”. Tuttavia, se Pasolini “la vita la viveva fino allo spasimo, anche la sua tenerezza era totale e disperata come il dolore e il piacere che lo squassavano senza mai piegarlo”, Andrea-Piersanti “invece sognava l’equilibrio (…) d’una armonia delle sfere, d’alberi e cieli”.
Nella sensualità della natura e della donna Andrea, in realtà, si riconcilia con se stesso, trova requie, e Piersanti vi aderisce con uno stile altrettanto sensuale, fortemente lirico: “Giulia stava nuda e possente alla finestra e lui, lui ci si era stretto da dietro, piccolo e meschino, a quel corpo stupendo che l’aveva accettato e accolto con un fremito intenso e pacato: tra i capelli della donna Andrea scorgeva lì, quasi attaccata, una luna enorme sopra le tenere e struggenti colline umbre”.
Eppure, si riscontra tra le righe vergate da Piersanti, nei pensieri di Andrea, un’insinuante difficoltà a lasciarsi andare lungo i misteriosi percorsi dell’amore, a farsi coinvolgere totalmente dal trasporto affettivo nei confronti della donna: “lui non era come Don Giovanni che le donne le odiava e ingannava, lui era più come Casanova (…) perché ognuna gli piaceva e in qualche modo l’amava, incarnazione di quell’archetipo femminile che aveva lì stampato nella testa (…) le donne gli piacevano senza troppo rancori e contrasti”.
E così Andrea-Piersanti pare ispirarsi a una sorta di sobrio paganesimo, nel quale la natura e il genere femminile sono quasi divinizzati, l’erotismo è un lieto, gustoso, rito festivo, l’ars amandi essenziale nella vita e nella poiesis: “Sì, la fuga, una fuga pagana e carnale (…) era il suo modo di sentire e mordere le cose”.
   Importanti, inoltre, in Cupo tempo gentile, sono gli accenni agli artisti apprezzati da Andrea-Piersanti: rappresentano una concreta, autentica visione critica della letteratura, della pittura, dell’architettura, della musica, redatta dal “più tradizionale dei poeti”.
Aspro, e improvviso, è il commento su Dario Fo: “Lui è sempre preso da ciò che è più a sinistra della sinistra (…) ha fatto il repubblichino da ragazzo, e questa non è una colpa, così giovane… ma un po’ di mentalità assolutistica gli deve essere rimasta dentro, lì, conficcata nel cervello”.
Invece, i poeti prediletti - non quelli dell’avanguardia e dello sperimentalismo - si avvicendano come fossero mostrati nelle pagine d’una pregiata antologiadi classici dell’Ottocento e del Novecento: Verlaine, Proust, Manzoni, Leopardi, Carducci, Pascoli, D’Annunzio, Gozzano, Montale - “quello della Casa dei doganieri e dell’Anguilla, due delle più belle poesie del secolo (…) quelle due liriche equivalogno (un po’ meno, d’accordo) ai vertici di Leopardi, al Passero solitario e A Silvia”.
E poi, “Luzi, Sereni, Caproni, Bertolucci”…
Accurate e moltepilici sono le descrizioni di quadri, affreschi, chiese, castelli, della stessa Urbino,che - nell’inconfondibile tessitura di Piersanti - celebra un commovente, attuale prestigio: “Urbino ha una bellezza segreta e quasi modesta nei suoi interni: però all’improvviso questi s’aprono (…) su scenari grandiosi e stupendi (…) è l’unica città del Rinascimento tutta verticale: i torricini del palazzo, il campanile e la cupola del duomo, il campanile di San Francesco (…) Qui c’è un sapore fiabesco: e poi Laurana, l’architetto, era dalmata e nei torricini si ricorda dei minareti (…) Urbino per come è strutturata non è democratica (…) è nata nella testa di un principe illuminato che ha messo a profitto i suoi guadagni di condottiero mercenario”.
   Ma si avvicina la chiusa del romanzo: Andrea osserva in prima persona - a Milano, e poi a Urbino - la violenza ormai dilagante provocata dalle diverse fazioni di sinistra e di destra. E comprendechedavvero “la rivoluzione (…) vuol dire sangue”.
Andrea se ne distacca, con acuti sentimenti di tristezza, “rabbia e paura”, però anche con la solida certezza delle proprie radici, della propria specifica formazione culturale: “Non lo so se sono un rivoluzionario, ma urbinate, italiano, europeo e occidentale, questo lo sono sicuramente”.
Rimane l’esperienza, rimangono gli ideali e la speranza di preparare comunque un tempo più gentile. Rimangono alcune figure politiche indelebili,tra le quali - non avrebbe potuto non esserci - “el Che”,con i suoi limiti, con il suofascino: “lui è al di sopra della lotta di classe, è come un santo o un apostolo, ma un santo e un apostolo armato, che armato è vissuto e da armato è morto”.
   Allora Andrea fa di nuovo visita al padre e alla madre, e finalmente - dopo tutto quel lungo, cupo  tempo - “è come se (…) fosse ritornato figlio, in tutto, anche nella conoscenza”.
Ed ecco, finalmente, “Andrea si sente a casa”.







*Recensione di Angela Passarello a Adele Desideri, Stelle a Merzò (Moretti&Vitali 2013) in Leggere Donna, anno XXXIV, n. 165, 2014. 








*Trasmissione Caleidoscopio n. 664, a cura di Andrea Bobbio, 23 novembre 2014, ore 20.30, 25 novembre 2015, ore 20.30, radio PNR (Nuova Radio Pieve www.radioPNR.it <http://www.radioPNR.it> ). Introduzioni critiche e letture a cura di Adele Desideri e Andrea Bobbio. Lettura poesie scelte da Stelle a Merzò (Moretti&Vitali 2013)

ADELE DESIDERI A NUOVA RADIO PIEVE
La poesia contemporanea è stata la protagonista dell'appuntamento settimanale sulla frequenza 96,400 e in diretta su live streaming multimedia del sito Internet www.radiopnr.it 

Nel Caleidoscopio che è andato in onda alle ore 20,30 di domenica 23 novembre 2014, il conduttore Andrea Bobbio ha proposto alcuni testi poetici tratti dalla silloge Stelle a Merzò, pubblicata da Moretti & Vitali nel 2013. In collegamento telefonico con lo studio, la professoressa Adele Desideri, autrice della raccolta, ha introdotto e letto testi, nei quali si narra "per frammenti lirico - elegiaci una storia d'amore appresa dalla viva voce della protagonista". L'appuntamento è andato quindi in onda il 23 novembre 2014, e il 25 novembre 2014, alle ore 20,30.



“e se a volte / stringi quelle mani / per lenire dolore // per guarirti / dai segni del cordone ombelicale / che ti caccia nel mondo/ (figlia?) senza più grembo // se a volte/ ti sperdi in quella lontananza/ e ti torci // sei davvero una scintilla / dell’ombra” (in Maria Grazia Cabras, Canto a soprano, Gazebo, 2010, pag. 10)


Auguri di Buone Feste
Adele Desideri

mercoledì 10 dicembre 2014

Intervista a Maria Pina Ciancio, vincitrice del Premio Poesia della Migrazione “Attraverso l'Italia"


http://farapoesia.blogspot.it/2014/11/maria-pina-ciancio-vince-il-premio.html
Storie minime e una poesia per RoccoScotellaro è  il libro vincitore del Premio Internazionale di Poesia della Migrazione “Attraverso L'Italia 2014”. L'intervista che segue si è tenuta in occasione della serata di premiazione, al Ridotto del Teatro Rendano di Cosenza, il 7 dicembre 2014.


D. Tutti abbiamo apprezzato la profondità e la sensibilità delle sue Storie minime. La raccolta sembra essere ambientata in quelli che lei definisce “luoghi dell’anima”, che ripercorre e riporta alla luce seguendo con pazienza una traccia interiore alla quale si somma la sua esperienza personale. Le vorrei chiedere come questa personale esperienza migratoria arrivi a ridefinire la percezione stessa dei luoghi che descrive.


R. La Lucania è la terra del sud dove sono ritornata negli anni ’70 e dove fin da quand’ero giovanissima, viaggio alla scoperta dei luoghi interiori e dell’appartenenza (paesi, vicoli, piazze, fiumare, boschi, calanchi), quelli solitamente trascurati dai flussi turistici e di massa, in un percorso di riappropriazione dell’identità e delle radici. Ecco, credo che quest’esperienza e un grande amore per i nostri luoghi, mi ha consentito di restare e di non ripartire ancora.



D. Lo spaesamento − spiega in un passaggio − ecco cos’è: un tempo in cui le mani non sanno più se stringersi a pugno o fermarsi distendersi a ramo sul cuscino; l’idea residuale che la poesia ammette sembra essere quella di una realtà riconducibile alle cose estranee, quasi dominata da esse. Come queste cose partecipano al suo modo di scrivere?


R. Dopo aver vissuto l’emigrazione degli anni ’70 (come figlia di genitori emigrati all’estero) e il difficile ritorno nei luoghi d’origine, mi sono ritrovata a vivere la nuova emigrazione del 2000 che ha (ri)spopolato i nostri paesi del sud. Uno spopolamento e uno svuotamento di anime e di cervelli questa volta. Questo libro racconta l’emigrazione vista con gli occhi di chi resta e non il contrario, come solitamente accade. Lo “spaesamento” di cui scrivo è lo smarrimento, il silenzio, la dimenticanza, la lotta -a tratti disperata- tra impotenza e speranza, resa e riscatto.


D. La sua attività di poetessa è già ricca e articolata. Come sta cambiando la sua poesia rispetto ai suoi esordi e alle raccolte precedenti? Quali sono i fattori che − eventualmente − hanno indotto tale cambiamento?

R. Le primissime esperienze di scrittura sono state più intime ed ermetiche, poi, la “terra” e il nostro “sud” hanno iniziato ad essere il filo conduttore di tutti i miei scritti. Lo sguardo si è fatto più lucido sulla realtà e sul mondo che ci circonda. Non si può vivere qui senza aver fatto i conti con il sentire collettivo che ci circonda. Né “La ragazza con la valigia” ho interpretato la marginalizzazione sociale ed umana del ruolo delle donne, in “Storie minime” l’emigrazione di ieri e di oggi dai nostri paesi.


D. So che lei è molto attiva nella promozione della scrittura, sia attraverso le sue diverse pubblicazioni e le partecipazioni a giurie prestigiose e sia con l’attività di LucaniArt. Ci vuole descrivere più in dettaglio le attività di questa associazione e il ruolo che ricopre all’interno di essa? In che modo questa attività si lega alla sua idea di poesia?


R. L’Associazione Culturale LucaniArt che nasce nel 2007 dall’incontro di un gruppo di amici con la passione per la letteratura e la poesia ha lo scopo di promuovere e diffondere sul territorio regionale e nazionale l’arte, la letteratura e la cultura lucana, mirando soprattutto alla contaminazione e alla divulgazione delle opere dei giovani talenti nel campo della poesia, del romanzo, dell’arte pittorica e fotografica. Si avvale di un sito web autogestito, dove si condividono esperienze, si promuovono attività riflessione, di confronto e di scambio. Da qualche anno l’Associazione opera anche attraverso un nuovo progetto letterario, la pubblicazione di plaquette letterarie artigianali a carattere conoscitivo e divulgativo di autori lucani e non solo.


D. Nella postfazione di Massimo Sannelli si legge che la sua poesia è riconducibile a uno “stile-passione praticato”, simile alla poetica di Rocco Scotellaro. Che importanza assume sul piano identitario e poetico questo riferimento dichiarato alla poetica del grande scrittore di Tricarico?

R. Potrei dire che Rocco Scotellaro è un poeta che ammiro fortemente, così come altri grandi padri spirituali del nostro sud, ma sarebbe riduttivo. RoccoScotellaro, in quanto figlio della nostra terra lucana è uno scrittore che sento in modo innanzitutto fraterno, per il suo stare “dentro le cose” e per la sua esperienza attiva e di vissuto in questa terra condivisa, che conserva ancora accanto alla modernità, forti tratti di tradizione ed arcaicità.


D. Infine, quali sono i suoi progetti in ambito culturale e letterario? Ha in cantiere altre raccolte?

R. Mi piace condividere con voi la notizia che dopo cinque anni di silenzio è appena uscita la mia nuova raccolta poetica per i tipi dell’Arca Felice, dal titolo “Assolo per mia madre”.

(a cura di Griselda Doka, Dottoranda di Ricerca presso Università della Calabria)

**

Si è tenuta il 7 dicembre scorso, presso il Ridotto del Teatro Rendano di Cosenza, la premiazione del concorso “Attraverso l’Italia”. L’evento è stato promosso dalle Associazioni Logos Contatto e ONLUS “Passaggi”, con il patrocinio del Comune di Cosenza e del Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione dell’Università della Calabria.

La cerimonia è stata aperta dai saluti del Prof. Francesco Altimari, direttore del Dipartimento Unical patrocinante, e da Caterina De Nardi, Presidente dell’Onlus “Passaggi”. Alessandro Gaudio, membro della giuria, ha illustrato brevemente i criteri che hanno accompagnato la scelta delle opere vincitrici.

La serata, diretta da Mario Benvenuto e da Griselda Doka, si è articolata in più momenti. Ogni vincitore è stato annunciato da una nota biografica e dalla motivazione da parte della giuria, alle quali è seguita la lettura delle poesie per la sezione inediti e di brani scelti per la sezione editi.

Erano presenti a ritirare il premio i seguenti poeti: Fatime Kulli e Vasily Biserov (menzioni speciali sez. inediti); Maria Pina Ciancio (prima classificata per l’edito). A questi si è aggiunta in videoconferenza Arianna Luci, prima classificata per la sezione inediti.

Ognuno di loro è stato invitato a tenere un breve intervento. Un’intervista è stata invece riservata alla poetessa lucana Maria Pina Ciancio, che ha parlato della silloge vincitrice, annunciando la sua ultima pubblicazione Assolo per mia madre per le edizioni L’Arca felice di Salerno.

Seguendo il format della prima edizione, la serata è stata poi arricchita dall’intervento di un ospite, Pierino Gallo, poeta e ricercatore di Letteratura francese, intervistato da Griselda Doka. Il poeta ha ricordato, nel corso del dialogo, l’importanza di alcuni aspetti dell’immaginario poetico della migrazione, evidenziando l’importanza della lettura e dell’ascolto poetico sin da giovanissimi.

L’accompagnamento musicale è stato curato da Tecla Cerchiara e la lettura dei brani da Filomena Minella Bloise, Ciccio De Rose, Rossella Michienzi e Alessandro Senato.

L’evento si è concluso con un omaggio al tango poetico a cura di Mario e Aurelio Benvenuto.

LA VOCE DELLA POESIA

Seminario di espressione vocale, dizione, gestualità
docente: Roberto Sardo, regista e insegnante di Teatro

referente per informazioni e adesioni: Roberto Borghesi, scrittore e operatore culturale

Il seminario, teorico pratico, è rivolto a poeti, autori e narratori di letteratura; si svolgerà con un minimo di 10 ed un massimo di 15 iscritti.
Quota di partecipazione: € 80

Modalità di lavoro:
n° 4 lezioni da 2 ore ciascuna, a frequenza settimanale, dalle 21 alle 23,
nei giorni di lunedì/martedì/giovedì (con suddivisione di 3-5 iscritti per ogni serata).

Luogo: locale privato, via Baracchi, Corpolò di Rimini

Periodo di svolgimento: da metà gennaio 2015

Programma:
- l'espressione vocale, istintiva e guidata
- elementi base di dizione
- il gesto, accompagnare la parola o sottolinearla
- lettura e interpretazione, ritmo

Obiettivi:
- fornire agli iscritti strumenti di base alla lettura delle proprie composizioni
- saper esporsi in pobblico con naturalezza
- comunicare idee, pensieri, emozioni in modo efficace
- evitare gli errori più comuni



Per iscrizioni e info: 
borghesi.roberto57@gmail.com
ideogramma2@libero.it

domenica 7 dicembre 2014

Se non hai il tuo corpo… di Fulvio Segato

4 poesie di Fulvio Segato


Se non hai il tuo corpo,
quando non ne senti il sangue
scorrere, e i tuoi occhi vedono
ma forse si ingannano
e le mani che non prendono
le gambe non corrono,

quando succede
e tutto intorno tace
solo il fiume urla
e le voci sono chiuse
in quegli armadi, 

sotto i tappeti frugati e stinti

sei nella cucina
nell'angolo caldo
che si chiudeva su di te,
la finestra è aperta
su una luce di pomeriggio
incerta e vaga,

in un giorno qualsiasi
di quelli che hai vissuto
che ti ha fatto mangiare
crescere nel silenzio.

Anche agli alberi succede
e ai fili d'erba.

Ad ognuno di loro.


***

Eravamo messi in un posto,
qualcuno rovesciava le tazze
altri le riponevano nelle credenze.
Il tempo faceva di contorno
circondava, andava e ritornava,
sempre sé stesso, sempre tempo.

Eravamo quel posto
il centro, la sua periferia.
Eravamo la sua terra e
le sue coste.
Eravamo il suo centro, 

ora sì,

soltanto ora

lo sappiamo.

***

Le mani che ti frugano, afferrano
serrano con dita e unghie sporche
le tue cose da tempo stipate
dietro le porte, ordinate sulle mensole
che una luce di primavera tiepida
riscalda quando trafila dai rollè,

malsicure mani, che rompono
frantumano buttano all’aria
disfano gli album ordinati,
le polaroid sparse a terra
sempre più gialle

io intanto sono qui,
scrivo per tenere ferma
la riva, per l’abitudine
che ho di declinare verso
l’acqua e la paura di trovare
un letto asciutto, i pesci
incastrati fra i sassi scoperti,
il loro guardare il cielo per
la prima volta,
non potendo dire di quanto
sono belle le nuvole,
così grande è la bellezza
così breve il momento.


***


Quest’acqua qui

Quest’acqua che bevo, quest’acqua qui
circondata dalla tazza è venuta sfaldata
dai cappotti chiari dei monti, in cammino
pendente fra gli abeti - quest’acqua qui
è un denso del cielo, un ritrovo di nubi
e uccelli – è da milioni di anni, dal buio
indiscusso dello spazio, dalle pieghe scure
di un tessuto sporcato di stelle, la stessa
– quest’acqua qui – bevuta da uomini
coperti di pelli da donne rifugiate
attorno al fuoco i nati fra le braccia.

Nel momento della resa
avvicino l’orecchio alla superficie,
l’occhio, e ci guardo dentro
e ascolto
soprattutto ascolto.

venerdì 5 dicembre 2014

Su E la vita che viene di Adelaide Ricci

FaraEditore, 2014

recensione di Vincenzo D'Alessio

http://www.faraeditore.it/html/filoversi/Vitachevienecoverw.jpgHa visto la luce nella Collana Il filo dei versi, la seconda raccolta poetica dal titolo: E la vita che viene di Adelaide Ricci. Raccolta che, per i tempi in cui è stata composta, ha all’interno un’aspirazione (streben) al dialogo con l’Infinito che può assumersi nella filosofia cattolica della Resurrezione dai morti.
L’epigrafe apposta all’inizio della raccolta recita: Respice finem annunciando al lettore che seguire la Nostra nello sviluppo della poetica vuol dire mettersi in ascolto silenzioso, avere il Vangelo come vocabolario dell’esistenza, cogliere le sfumature leggere della Parola ricorrente nelle composizione: “mattino”. C’è infatti una profonda analogia tra parabole evangeliche e composizioni anche se il taglio dei versi è fulmineo “e secco come un ramo” (parafrasiamo i versi di Montale). La sentinella che attende l’aurora per riposarsi dalla lunga attenzione prestata nella notte in attesa dell’alba: “ma appena / in filigrana / del tuo nome / paziente / intreccio il nido” (pag. 73).
Il percorso che la poeta ci invita a seguire non è dei più semplici: la scelta del verso breve pone al lettore una severa attenzione che sovente distacca dal godimento della poesia pura per affermare costantemente il proprio anelito ascetico: “(…) è primavera / sussurro / che è più vivo / chi più spera / chi non domanda / ancora / e non s’arrende / chi vive / per quell’aria che / ci prende / e che ci porta a casa / chiarascura.” (pag.9). “Il polline / fedele” l’umanità che ha Fede senza porsi eccessive domande, che si lega al Mistero, intriso nella nostra stessa natura, che non svela mai completamente le sue trame, nel chiaroscuro della sofferenza terrena, per raggiungere la casa del Padre (e della Madre) alla quale tornare.
I pronomi come “chi ” si fanno strada nel percorso delle composizioni ad indicare una umanità prescelta, toccata dalla luce per non cadere nel terrore di: “È questo l’altro buio / da temere / quello che viene / dallo specchio al sale / con le parole / dentro la ferita” (pag. 16). Le anafore accentuano il rigore del racconto e la fase personale della poetica affiora lentamente dall’universale al particolare attraverso una miriade di richiami alla Natura e alle sue esplosioni di vita.
L’incertezza dell’Umanità in questo secolo è tragica. La parola del Vangelo e delle sue parabole in questa raccolta vengono a portare conforto al lettore che avverte la Fede come punto chiave della propria esistenza e conduce il viaggio rimarcando le parole del Maestro che Adelaide Ricci esprime in questo modo nei suoi versi: “(…) non è tempo / della lotta torva / ma del bastone / nudo / del profeta / alto / verso la strada / sola / in luce / diritta / come il viso / la parola”. La forza concentrata nelle scaglie di roccia disseminate lungo il cammino dalla Nostra scuotono il lettore e lo trasportano in una dimensione alta, fortemente spirituale, capace di trovare la forza di resistere alle malattie generate dalla stessa Umanità in Progresso che mietono miliardi di vittime: dalla Fame alla schiavitù, dalle Guerre alla disperazione, dal rifiuto della diversità alla mancata accoglienza, dal razzismo al nuovo colonialismo, dall’ignoranza alla violenza sulla parte debole del genere umano.
Ben vengano le raccolte poetiche come questa della Ricci a richiamarci al senso vero dell’esistenza e al senso ultimo del fine vita. Ben vegano i suoi versi a risvegliare in ognuno di noi il motivo reale per cui siamo venuti al mondo: essere di aiuto a noi stessi e agli altri, lasciare dopo di noi “un prato verde dove far nascere speranze” altrimenti è inutile accumulare, accumulare e consumare. Cogliamo questo significato nei versi della Nostra a pag. 71: “(…) verrà / segreto / il frutto / e mendicanti / saranno / i tuoi poeti / più felici.”

giovedì 4 dicembre 2014

Concorso di Poesia “Katia Zattoni – Come farfalle diventeremo immensità” (scade il 28 feb 2015)

Parte il II Concorso di Poesia 
“Katia Zattoni 
Come farfalle diventeremo immensità”

http://www.faraeditore.it/nefesh/comefarfalle.html
Dopo l'enorme successo della I edizione del Concorso (v. a lato la copertina dell'Antologia che riproduce un'opera di Alessandra Placucci) siamo felici e orgogliosi di presentare il II concorso dedicato alla cara amica prematuramente scomparsa l’8 Ottobre 2013.
Abbiamo deciso di istituire questo concorso perché Katia amava la poesia, scriveva poesia, ma soprattutto ha fatto si che la poesia entrasse in ogni progetto che portava avanti. I progetti infatti che come Assessore portava avanti erano sempre circondati da quell’essenza di creazione nel trasmettere concetti, stati d’animo, realtà che spesso non vogliamo vedere. Proprio come la Poesia dovrebbe fare. A noi piacerebbe che ognuno dei partecipanti al bando potesse in qualche modo ricevere la grande energia positiva che Katia riusciva a trasmettere, nonché il suo coraggio nell’affrontare un destino che conosceva ma a cui non ha ceduto il proprio spazio. La sua è stata una vita all’insegna della politica e del rispetto civile dell’uomo. Ha unito passione, gentilezza, disponibilità verso il prossimo senza mai negare un sorriso a chi ne aveva necessità. La nostra intenzione è quella di riproporre il Concorso annualmente facendo si che il suo ricordo resti acceso, ma soprattutto che possa essere sempre un arrivederci e mai un addio.
La liberatoria è da stampare, compilare  e scannerizzare o fotografare prima dell'inoltro via mail. Il Concorso necessita della firma originale per la validità.



BANDO
Art. 1 Le Edizioni Fara, il “Davide e Guido – Insieme – Fibrosi Cistica Trust Onlus”
bandiscono la II edizione del concorso poetico “KATIA ZATTONI – Come farfalle diventeremo immensità”.
Tre le sezioni che dovranno attingere al tema della “Liberazione – Guerra - Pace” che possono avere più risvolti sociali non prettamente storici:
sez. A – Poesia inedita (massimo 50 versi);
sez. B – Poesia inedita minori di 18 anni (massimo 50 versi);
sez. C – Prosa poetica inedita (massimo 50 versi);
 
Art. 2 Le opere dovranno essere inviate entro il 28 febbraio 2015 direttamente all’indirizzo elettronico comefarfalle@gmail.com in unico file. Per partecipare al concorso e all’eventuale pubblicazione di alcune poesie scelte all’interno del Quotidiano CORRIERE
ROMAGNA (con cadenza variabile secondo la partecipazione) allegate anche la Liberatoria scaricabile (ce n'è una anche per i minori) all’indirizzo: www.davideeguidoinsiemefctrust.it


Art. 3 Le opere inviate devono essere inedite su carta per un max di 5 testi (l'autore deve dichiarare l'opera frutto della sua inventiva e di sua libera disponibilità).
Art. 4 Non è richiesta tassa di lettura.
 
Art. 5 Il partecipante dovrà allegare o inserire nel messaggio di posta elettronica un breve
curriculum vitae con dati anagrafici, indirizzo tradizionale, e-mail, recapiti telefonici.
 
Art. 6 Premi. Il Premio (per le 3 categorie) prevede 1 vincitore per ogni categoria e consiste in una riproduzione autenticata di un dipinto di Alessandra Placucci (oltre all’inserimento testi nell’Antologia), mentre per gli altri autori scelti il premio
consiste nell’inserimento dei testi selezionati dalla Giuria nell’Antologia dal titolo Come farfalle diventeremo immensità 2 che sarà editata da Fara Editore con gli eventuali adattamenti grafico-editoriali che si riterranno necessari. Gli autori scelti per la
pubblicazione beneficeranno dello sconto speciale del 40% (+ spese di spedizione a parte) sulle copie che volessero eventualmente acquistare. Durante la premiazione ufficiale (vi verrà mandata in tempo utile email con data e luogo dell’evento) saranno consegnati gli attestati di partecipazione ai selezionati.
 
Art. 7 Ogni autore selezionato per la pubblicazione dovrà firmare una liberatoria che gli lascia la libera disponibilità della sua opera (gradita citazione dell'Edizione Fara). Non verrà dunque corrisposto alcun diritto d'autore.
Art. 8 Il giudizio verrà operato insindacabilmente dai Curatori Guido Passini e Gabriele Graziani e dai giurati Federica Fantini, Jennifer Ruffilli, Gaetano Foggetti, Massimiliano Bardotti, Pierpaolo Baingiu, Stefano Bianchi e Vincenzo D’Alessio. I risultati saranno comunicati ai partecipanti via posta elettronica (v. Art. 10).

Art. 9 Qualora si ritenesse non soddisfacente la quantità e/o la qualità delle opere pervenute, la pubblicazione premio potrà non aver luogo.
 
Art. 10 I risultati verranno comunicati ai partecipanti e nel web presumibilmente entro il mese di marzo 2015 (saranno pubblicizzati nel sito www.faraeditore.it, nei blog narrabilando e farapoesia, nella pagina di Facebook del curatore Guido Passini e nei siti della onlus sopracitata www.davideeguidoinsiemefctrust.it e del Comune di Forlì).
 
Art. 11 La partecipazione al Concorso implica l'accettazione di tutte le norme indicate nel
presente bando.
 
Art. 12 Ai sensi della legge 96/675 i partecipanti al concorso consentono a Fara Editore, Corriere Romagna e ai curatori Guido Passini e Gabriele Graziani il trattamento dei dati personali e delle loro opere secondo quanto previsto dal presente bando. Resta inteso che potranno in ogni momento richiedere di essere cancellati dalla nostra banca dati.