lunedì 31 marzo 2014

Il volto della Storia nella memoria televisiva

di Vincenzo D'Alessio
 

Ieri sera, venerdì 28 marzo, la trasmissione “Sconosciuti” in onda sulla Rete 3 della RAI ha visto come protagonista la storia del professore Rolando Lambiase, già insegnante di lingua e letteratura inglese negli istituti scolastici statali anche di Montoro Inferiore, che dopo un breve percorso di lavoro nelle Ferrovie dello Stato è felicemente approdato all’insegnamento.
Pochi ricordano però la raccolta di poesie che il Nostro realizzò nel 1990, quando insegnava a Montoro Inferiore, presso le edizioni “Il Salice ” di Potenza che reca il titolo: La terra trema ( nove anni dopo), con la prefazione del professore emerito don Michele Ricciardelli. L’agile volumetto proponeva le poesie scritte da Lambiase dopo aver vissuto la terribile esperienza del sisma del 23 novembre 1980.

“Le osservazioni introduttive” (prefazione), redatte da monsignor Michele (Michael) Ricciardelli al testo, sono la testimonianza di autorevolezza letteraria che ha profuso al lavoro di Lambiase il valore della testimonianza storico/civile. Scrive il prefatore: «(…) Si pensi al sottotitolo , “nove anni dopo”. Sta proprio qui il merito del Lambiase, aver cioè saputo aspettare nove anni (come insegnavano i latini, tempus omnia revelat), per offrire a noi lettori, spesso migliaia di chilometri lontani da quell’avvenimento del 1980, una visione attuale e vissuta del terremoto, orchestrandola in ventotto momenti lirici.»

Il volto della Storia ritorna attuale nelle immagini televisive a ricordarci l’impegno degli uomini migliori della nostra cittadina irpina.

domenica 30 marzo 2014

Mario Fresa. Ex Libris (3)



Poesia ininterrotta
e vincolo con la morte
Mario Fresa




Nella parola forte della poesia, si ascolta una voce che sempre è ferita dalla incessante contemplazione di un oggetto irraggiungibile (o già svanito, innanzi tempo); una voce che, mimando il torneo mortale della rincorsa di quell’oggetto inaccessibile, s’inchioda alla visione e alla tortura di un’impossibile nominazione di ciò che, disperata, rincorre. 
Il poeta consegna il suo sguardo al tempo chiuso delle parole che, mostrandosi, imprigionano la scena delle immagini nel recinto invalicabile di ciò che è stato per sempre, e che non potrà mai più cambiare.
La parola poetica è sempre vicina all’emergere di una rottura, o alla tensione di un altrove irraggiungibile. È una parola che s’immerge nell’inversione simmetrica di una voce che tutto grida, senza quasi farsi udire (la poesia è letta; se è ascoltata, essa è sempre diretta alla mancanza assoluta del silenzio). 
I versi dicono ciò che è stato (ma non ciò che si è perduto); e dicono ciò che tocca la vertigine di una lingua che s’arresta sulla soglia del visibile e del nominabile (ma non ciò che può essere formulato, o descritto, con il linguaggio schematico e riduttivo della quotidianità). I versi nominano, allora, ciò che si riconosce dell’ombra misurabile degli eventi, o dei suoi grumi segreti, delle sue maschere ricomposte nei confini di una scena in cui tutto è già avvenuto (e in cui tutto sembra indescrivibile, perché rovesciato nel segno oscuro di un’uscita definitiva dal tempo). Nello spazio trasparente delle immagini, la parola poetica irrompe come sintomo di sconcerto e di malattia, comparendo come voce nascosta di un’acuta separazione, o di una lontananza, o di una privazione, o di un’assenza. La parola tiene e lega le coordinate sensibili di questa rappresentazione dell’assenza e del già stato; e la poesia s’insinua nella scacchiera delle immagini presentandosi come disturbo, come rovesciamento e trasmutazione patologica delle tracce della Storia. Ma come dire, come comunicare il senso di questo destino grave che condanna il poeta alla continua registrazione di un’assenza? Come disegnare i contorni di un’ombra che avvertiamo solo quando essa è distante, tagliata fuori, già trapassata? La lingua deve dominare lo spazio del senso, fino a uscirne fuori, a cancellarlo, a dimenticarlo. La lingua deve farsi altra, rovesciarsi in un discorso impuro, in una trasversale deviazione. Ecco il segreto della lingua-ombra (lingua della memoria e dell’incanto, del tempo tagliato e obliquo; lingua dell’aritmia e dell’immaginazione) creata da Sebastiano Aglieco nel suo più recente, bellissimo libro di poesie, Compitu re vivi (Il Ponte del Sale, 2013). La scrittura di Aglieco interroga i segnali del tempo, diventando essa stessa simulacro di immortalità e di atemporalità. Il dialetto reinventato (ricostruito a partire dagli echi della memoria dell’infanzia) si trasforma in rituale della ricerca e dell’errare, e nella messa in posa di un’interrogazione trasfigurata e dolente; il verso diventa figlio disperato di una richiesta, movendosi nelle regioni oscure del debito, della soggezione, dell’afflizione, della colpa (ed è la colpa del ricordo e dell’attesa, della speranza e della stessa richiesta, formulata come un’alta preghiera).
Magica e misterica è la lingua altra usata da Sebastiano Aglieco. Negli eventi estremi che essa racconta, vedi mostrarsi una dolcezza antica, fermata nella vertigine di uno sguardo retrocesso alla dimensione di un tempo indiviso, inesorabilmente infranto (e, per questo, inteso come eterno, interminabile). Così, la parola s’identifica, allora, con il tempo sottratto al tempo della memoria, traducendosi in lingua rinnovata (e in una risurrezione dello sguardo): e la poesia si sottrae allo spazio della sua voce, diventa ininterrotta, battente, non più figlia della mancanza, non più voce della separazione. Ma vedi pure, in questi versi, lo sfinimento ch’è dato dalla gioia di chi, a un tratto, sa riconoscere il destino di ognuno, custodito nel dovere finale di accettare l’esistenza come perdita e rimozione, come spazio di un precipitare e di un finire che non ha senso né conclusione, e che già appartiene al tempo astorico del divino. La vita è, così, acquisita in anticipo dal silenzio del non essere, dalla catastrofe salvifica della morte.
Accogliendo la luce di questo taglio culminante e decisivo che ribalta la vita nella rifiorita superficie di una rinascita inaspettata (coincidente con la perdita di sé, con lo sprofondare nell’aperto labirinto della morte), il poeta dice a se stesso: «Guardo le foglie nel margine / la luce che alimenta e che abbandona. / Ecco: toccàti, sfiorati sulle labbra. / Così è la parola che vi mostra al mondo nella / luce brevissima, nel suono che / non deve niente alle cose. / Questo il canto delle foglie che ascolto / mentre muoio al tempo senza / rimpianto, senza pianto». 
Il soggetto non si appartiene più, e aspetta, nel silenzio del suo distacco, di essere nominato, al di là del suo tempo.










In alto,  una sequenza fotografica di Eadweard Muybridge.







sabato 29 marzo 2014

"Anima di Poesia" è la nuova silloge poetica del palermitano Emanuele Marcuccio


Esce nel Gennaio 2014 Anima di Poesia, seconda silloge poetica del palermitano Emanuele Marcuccio con le Edizioni TraccePerLaMeta. La silloge raccoglie le poesie degli anni 2008-2013, è aperta da una prefazione curata dal poeta e critico letterario, Luciano Domenighini, e chiusa da una postfazione curata dalla scrittrice e critico letterario, Natalia Di Bartolo.
Completa l'opera, una quarta di copertina curata dallo scrittore e critico letterario, Lorenzo Spurio, che all'Autore nel 2013 ha dedicato una monografia.

Il poeta palermitano Emanuele Marcuccio con Anima di Poesia giunge alla sua seconda silloge poetica, dopo la felice esperienza di aforista e di curatore di una ricca antologia, Dipthycha, il cui ricavato è stato destinato a una lodevole causa umanitaria in difesa della ricerca di una malattia grave, insidiosa e poco
conosciuta quale è la sclerosi multipla.
Una raccolta di liriche variegate che spaziano dall’incondizionato fascino verso il mondo classico ad un nuovo e interessante formalismo dove è l’oculatezza sintattica a governare. Sfogliando Anima di Poesia, che si compone di varie poesie di chiaro intento civile, motivate o ispirate da qualche fatto o condizione che riguarda l’uomo in quanto parte del gruppo sociale, il lettore si troverà rispecchiato in molte delle ansie del poeta, che sono quelle della nostra epoca.
Con un registro per lo più asciutto, ma sempre appropriato e propedeutico alla resa in versi della coscienza del poeta, Marcuccio con quest’opera ci affida le chiavi dello scrigno inarrivabile dell’ “anima della poesia”. Un’utopia che si realizza, grazie alla Parola.  (dalla quarta di copertina di Lorenzo Spurio)


Emanuele Marcuccio (Palermo, 1974) ha conseguito la Maturità Classica nel 1994. Si occupa di poesia (ha pubblicato la silloge poetica, Per una strada, SBC Edizioni, 2009, ha ideato e curato la non solita antologia poetica, Dipthycha, Photocity Edizioni, 2013, che lo vede presente con ventuno titoli, in dittico di uguale tema, con altrettante poesie di autori vari) e di aforismi (ha pubblicato la silloge di aforismi e pensieri vari, Pensieri minimi e massime, Photocity Edizioni, 2012).


SCHEDA DEL LIBRO



TITOLO: Anima di poesia
AUTORE: Emanuele Marcuccio
CURATORE: Lorenzo Spurio
Editing Cover Images: Laura Dalzini
Original Cover Photo: Giuseppe Parello
EDITORE: TraccePerLaMeta Edizioni
GENERE: Poesia
PAGINE: 80
ISBN: 978-88-98643-08-0
COSTO: 9,00 €







Info:

venerdì 28 marzo 2014

Sandra Carresi e il suo nuovo libro: "I cristalli dell'alba"

I CRISTALLI DELL’ALBA
La nuova raccolta poetica di Sandra Carresi


E' uscita da pochi giorni la nuova "fatica" letteraria della poetessa fiorentina Sandra Carresi. La nuova silloge poetica, che porta il titolo evocativo "I cristalli dell'alba" è stata pubblicata da TraccePerLaMeta Edizione, l'attività editoriale dell'omonima casa editrice dove la Carresi figura tra i soci fondatori.
Il nuovo libro si apre con una nota critica firmata dallo scrittore, critico letterario e ordinario di letteratura italiana Nazario Pardini che ne rintraccia la suggestività del verso e si chiude con un apparato critico finale ad opera di Lorenzo Spurio dove si sottolinea, invece, l'impronta sociale di varie liriche dove il lettore conoscerà una poetessa forte nei suoi insegnamenti morali che non manca di osservare con disgusto le iniquità sociali del nostro oggi.

Nazario Pardini nella prefazione scrive: 
Una silloge, questa nuova di Sandra Carresi, vivace, intensa, di proteiforme valenza, dove ogni emozione trova corpo in versi duttili e generosi, ora brevi, secchi, ora ampi, aperti; disposti e disponibili a seguire l’ondulazione delle intime vicende. Insomma una silloge che racconta la vita, in tutte le sue forme, le più dolci e le più crude: sottrazioni, scottature, illusioni, speranze, delusioni, rammarichi, quietudini; realtà quotidiane, minuziose, occasionali; slanci onirici; un realismo lirico, comunque, di grande impatto umano, dove è facile ritrovarci, dove ognuno di noi, leggendosi, ascolta un brandello della sua storia. E mi piace iniziare la mia esegesi da questi versi incipitarî che fanno da prodromico avvio ad una voce spontanea, libera, pulita, e architettonicamente movimentata; una voce che sa raggiungere apici di non comune fattura ispirativa.


SANDRA CARRESI è nata a Firenze. Cresciuta con un padre splendido che usava il condizionale, ha frequentato la scuola Giovanni da Verrazzano a Firenze, conseguendo il diploma di Segretaria d’Azienda con il quale all’inizio degli anni ’70 ha avuto modo di trovare lavoro in un Borsettificio il cui prodotto veniva spedito prevalentemente all’estero, in America precisamente. Ci è rimasta fino al 1976. E’ in pensione dal 2011 e si dedica alla scrittura, in particolare alla poesia. Molte delle sue poesie e racconti sono state pubblicate sul sito letterario Racconti Oltre e sul suo blog personale.
Per la poesia ha pubblicato:  L'ombra dell'anima (Ciccio Urso Editore, 2012); Dalla vetrata incantata (Lulu Edizioni, 2011) e Una donna in autunno (Ilmiolibro, 2010). Ha pubblicato anche varie raccolte di racconti tra cui: Ritorno ad Ancona e altre storie (Lettere Animate Editore, 2012 - insieme a Lorenzo Spurio); Non mi abbraccio, mi strizzo… (Ilmiolibro, 2009); Battiti d’ali nel mondo delle favole (Ilmiolibro, 2008 - insieme a Michele Desiderato, riedito nel 2011 con TraccePerLaMeta Ediz.)



Scheda del libro:


Titolo: I cristalli dell'alba
Autrice: Sandra Carresi
Prefazione: Nazario Pardini
Postfazione: Lorenzo Spurio
TraccePerLaMeta Edizioni, 2014
Pagine: 100
ISBN: 978-88-98643-16-5
Costo: 10€



Info:

Giovanni Dino su Appunti di poesia di Rosa Elisa Giangoia in Chiare e vive testimonianze del nostro tempo

Antologia a cura di Alfio Arcifa

recensione di Giovanni Dino

Scheda del libro di Rosa Elisa Giangoia





mercoledì 26 marzo 2014

LA GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA a Montoro (AV)


di Vincenzo D’Alessio (G.C. “F. Guarini”)

La classe seconda sezione D dell’Istituto Comprensivo “Michele PIRONTI” di Montoro, in Irpinia, in collaborazione con la Casa Editrice FARA di Rimini, ha celebrato la Giornata Mondiale della Poesia, indetta dall’UNESCO nel 1999, anche quest’anno. L’argomento, suggerito dagli stessi alunni, rispecchia l’inquieta situazione geopolitica del nostro pianeta e riprende le parole del nostro Presidente della Repubblica: “la Pace non è un dono è una conquista”. Aderendo a questo invito i giovani studenti hanno commentato, cantato, ripensato, la Lauda di San Francesco, nella scrittura originale del XIII secolo, la quale ai giorni nostri ha preso anche il titolo di Fratello Sole Sorella Luna.
L’educazione alla Civiltà della Pace è tema sempre presente nella scuola statale, attraversata da tempo da movimenti violenti come il bullismo, l’indifferenza, l’in- sofferenza verso i più deboli e gli immigrati. L’accostamento è arrivato quest’anno anche dalla nobilissima figura del passato di questa terra che è Michele PIRONTI, eponimo dell’Istituto scolastico, in occasione del bicentenario della nascita: era a nato a Montoro il 23 gennaio 1814 e morì a Torre del Greco il 14 ottobre 1885. Fu perseguitato durante i moti del Risorgimento e soffrì il carcere duro a Montefusco per amore della Pace e della sua terra.
Giornata piena di impegno e di promesse per il presente. Voci di giovani studenti che lottano per il miglioramento della loro esistenza che lentamente tenta di svincolarsi dai lacci antichi delle sottomissioni. 




giovedì 20 marzo 2014

Meteo Tempi di e con Alberto Mori a Milano 8 aprile




Martedì 8 aprile ore 18,30 
via Tadino, 20 
Milano

Happy hour & reading & performance

Alberto Mori : METEO TEMPI (Fara editore)

Introduce Franco Gallo 
 
http://www.faraeditore.it/nefesh/meteotempi.html



mercoledì 19 marzo 2014

“ascoltare l'omelia delle ossa”: alcune intense poesie di Erminia Passannanti


– ENTE


buio incipiente
l’oscuramento prima
d’inoltrarsi
in un rimescolio di stanze
una casa del buio.


lesioni alle pareti
che cedono. e scorgo
in me l’iride spalancata,
la finestra
sul buio. la mano, l’addome
sopra ogni cosa
vuoto.


ancora credo
nella rotondità
del tatto.


se si potesse
rimanere seduti
nel proprio occhio
sugli scanni del buio


ad ascoltare l’omelia delle ossa,
la sommessa preghiera
delle palpebre


mentre lontano
rotolano le tenebre.
e un solco va all’incessante
participio del buio.




LA VITA CONSACRATA


guardami spogliata dei miei beni terreni
che condivido con gli altri il cammino
lungo una strada bianca che si perde,
si perde nei sogni.


vado a testa alta sotto una pioggia di raggi.
la strada è un rifugio possibile.
poco importa che siano mille, le lingue. sposerò
la donna che è in me all’uomo più straniero.
dannati senza terra, con niente da perdere.


all’orizzonte del ritorno questa luce
ci abbaglia, si spande sulle soglie
tra la polvere. al nostro passaggio,
potresti confonderti come una città
invasa da un immenso gregge.




 AL FRANTOIO


Ignoro il nuovo,
ho un occhio storto.
Guardo,
ricordo tutto,
eh, sì
ricordo troppo
le storie dei miei avi.


Con un basto pesante sulla groppa
vengo alla grossa macina
di cui mi dico l’asina.
Fui una stupida,
penso talvolta: sono stata
di qualcuno, appartenevo
a un tarlo, alla mola cigolante
il cui peso apprendevo
scavando in tondo un solco,
a testa bassa.


Avevo costantemente
nella testa quell’odore
di sansa, l’intenso
verde-oliva della pietra,
il volo scomposto delle mosche,
mio padre che assaggiava l’olio
con due dita–fuori di lì,
l’aria era bianca.


Lo chiamano percorso.
Se avessero prodotto
vasellame, sarebbe stato,
quel fosso circolare,
una perfetta tomba per l’oggetto.
Io vi stampavo l’orma del mio zoccolo.


Si riduce, il presente,
a una massa pastosa per il torchio,
anno per anno, un giro dopo l’altro,
e distilla una nenia.
Si decanta da sola, sono stanca.




NON PIÙ ERMETICA


*
Si cercava di starle dietro: se c’era da salire,
arrancavamo su per la collina di pietrisco,
quando precipitava, ne riscendevamo
correndo.


Cos’è questo battere a tempo le mani,
questo disposi in riga all’orizzonte?
È la mia indole, non più ermetica
di tante altre,
ogni mattina a testa bassa, incapace
di evitare quel lieve caro malessere
di estraneità. C’è già qualcuno
dietro la porta.


Ci passano in rassegna
nelle nostre carni bianche,
ci esaminano dall’inguine al calcagno
per quest’estrema magrezza delle rotule:


si infiammano,
a furia di stare inginocchiate.
Alle volte mi andrebbe
di ascoltare la musica, guardare la neve che cade.


**
Un refettorio lurido con un’unica finestra opaca,
le visite mediche, i piedi nudi sul nudo pavimento.
Mi consola il cuscino
a forma di bambino su questo ventre
vuoto,


la stagione dei corvi che volano bassi
nei loro neri abiti, il teso silenzio
nel punto preciso tra le maglie arrugginite del recinto
e il campo sfocato dove segui un fluttuare
di macchie scure sul tuo fondo oculare,
negli attimi di pausa.


Oggi, ad esempio, siamo rimaste ferme.


***
Hanno scavato delle fosse identiche. V’è piovuto dentro
tutto il giorno. Così ho avuto il tempo
di sistemare le mie cose, ripiegare gli abiti,
riporli con cura nell’ armadietto.




IL SENTIERO DELLE MORE


per quelle lente ore in cui
conosceste l’attesa del martirio
su gradini di terra come di chi
da vergine e immolata–voi,


dico a voi che con tenere dita
toccaste le piaghe di un lebbroso
e celaste la chioma sotto un ruvido saio
per chinarvi pietosa
su quel corpo straziato, che
– a vostro dire–palpitava ancora
per quelle ore, io vi porgo la rosa,


unica spettatrice tra tante sedie vuote
morta che fu l’anima sua dinanzi
e le membra vedevo agitarsi nell’aria
e pulsando sgorgare la ferita
là dove le sue reliquie
tengono a coppa il sangue


venite –
aveva, il sentiero delle more,
colpito la sua immaginazione –
ecco i sassi, ecco gli arbusti
che sostennero il rogo
e laggiù, per quella bella santa,
mirate come il rovo ai suoi piedi si crebbe
a formare una croce


io stava come presa da un delirio di voci
e volentieri mi denudava il petto
e me ne andava vagando senza meta
finché qualcuno mi riportava a casa…


Ratto, come di un sogno alato che partiva dal fondo,
fu l’ascendere al cielo nel segno di una spada:
li riconobbi Chien, l’agile sua moneta, vidi steli di ombre.
e l’acqua e il fuoco…


o vergine radice,
altre volte mi ardeva, non comprendendo come,
un dispregio del mondo.






IL RE, LE PAROLE


A me la vita non piace
e non posso cambiarla.
Mi sforzo allora
di farmela piacere
e qualche volta me ne dimentico,
dico: la vita è bella.


Ma la vita degli altri
mi sta sempre davanti,
mi dà una malinconia immensa.
Perché nessuno riesce a mentire
a me che so mentire
così bene da dimenticare
che sto inventando la vita.


Andrà a finire che perderò
il filo delle bugie
e una cosa nascerà simile
alla necessità di odiare qualcuno che amo
nella speranza che il male e il bene
non mentano più e smettano
di sembrare diversi.




VALÌ


Te ne vai in giro simile a ninfetta
avvolta nella tua minutezza
con ghirlande nastri di carta e cesti
o alla maniera di una principessa futurista
che si proietta in rosee lontananze
così presente eppure inaccessibile
nella tua limpidezza di occhi e gesti e discorsetti
bisbigliati solo a te stessa
ticchettando sulle mie scarpe alte per le stanze
un po’ dolce un po’ altera come dea.
Netta, nella tua luce netta;
sei anni,
cometa, mia cometa
che trascini dietro i tuoi sorrisi
le mie speranze d’oro, come trascini il velo.






Erminia Passannanti © 2000 Macchina, Manni Editore.










ErminiaPassannanti è di nazionalità italiana (Salerno), ha un dottorato di ricerca Ph.D. in Italianistica, conseguito a Londra presso University College London (2004). Ha una laurea magistrale, Summa Cum Laude, in Lingue e Letterature Straniere Moderne, conseguita presso l'università di Salerno, Facoltà Lettere e Filosofia (1988). È docente di ruolo nelle scuole superiori dello Stato Italiano (Cattedra di Lingua e Civiltà Inglese).  Già vincitrice di tre edizioni di premi nazionali di poesia, Laura Nobile” (1993, 1995), Davide Maria Turoldo (2003), nel dicembre del 2011, ha vinto il primo premio per la sezione Saggistica” del concorso di poesia "Franco Fortini" (2011). È lideatrice e la direttrice della Collana di Poesia e Cinema, Transference, della Casa Editrice Joker (It).  Collabora con le riviste accademiche Annali di Italianistica (USA) e Ospite Ingrato. È co-redattrice della rivista accademica La libellula di italianistica (Galway University).Tra le sue monografie critiche: Erminia Passannanti, Sulla poesia di Amelia Rosselli (2005); The Sacred Transgressed (Brindin Press, 2010); Il Cristo dellEresia. Rappresentazione del sacro e censura nei film di Pier Paolo Pasolini (Joker, 2009); Il Corpo & il Potere. Salò o le 120 Giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini (Troubador, 2005); Poem of the Roses. Linguistic Expressionism in the Poetry of Franco Fortini (Troubador, 2005); Senso e semiotica in Paesaggio con Serpente (Brindin Press, 2004); Scrittura saggistica, dizione lirica e traduzione poetica nell’opera di Franco Fortini (Brindin Press, 2004); Vested Voices. Literary Transvestism (co-curato con R. Riccobono) Troubador, 2006). Ha curato la edizione e traduzione di opere in lingua inglese, tra cui: Sylvia Plath. Limite (2006, ristampa 2012); Emily, Charlotte e Anne Brontë, Poesie (Ripostes, 1989); Leonard Woolf, A caccia d’intellettuali (Ripostes, 1990); Hubert Crackanthorpe, Racconti Contadini (Guerini e Associati, 1991, a cura di Franco Buffoni); Ha curato inoltre lantologia Gli Uomini sono una beffa degli angeli: Poesia britannica contemporanea (Ripostes, 1993, con una co-prefazione di Blake Morrison); R. S. Thomas, Liriche alla svolta di un millennio (Manni, 1998), Poesia del dissenso. Poesia italiana contemporanea (Troubador/Joker, 2004-2006).