mercoledì 31 ottobre 2012

Alla ricerca di un verso aureo



recensione di Paolo Gulfi al saggio di Serse Cardellini inserito in Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole infomratiche


È insolito leggere un testo poetico nel quale la nota dell'autore è così intrisa e densa di significati e di riferimenti extratestuali. Il testo poetico di Serse Cardellini Poesia Aurea edito dalla casa editrice Fara Editore al volume antologico Scrivere per ilfuturo ai tempi delle nuvole informatiche (Rimini, 2012) risulta in ultima analisi un approccio metalinguistico alla poetica dei giorni nostri, e vorrebbe ispirare la contemporaneità introducendo un nuovo metodo di fare poesia. Non è insolito invece la partecipazione di tale scritto all'interno dell'intento programmatico di Riccardo Tristano Tuis, il quale attraverso un vasto programma di elaborazione musicale, ha introdotto la Golden Scale. Tale approccio musicale si avvale «anche di tecniche antiche rivisitate attraverso la moderna programmazione neurolinguistica […] basata sulla matematica dell’8»[1]. Il poeta Cardellini introduce un breve excursus della numerazione che ha portato alla nascita dell'abaco ed alla sostituzione della numerazione romana con quella araba. Il suo intento primario è la strutturazione di una poetica aurea, la quale ritrova nella numerazione fibonacciana il suo impianto numerico-poetico. Come scrive il poeta, l'unico che abbia magistralmente saputo erigere una tale poetica fu Dante Alighieri, il quale nella sua Commedìa ci offre un emblema ancora vivace e splendidamente maestoso. Ma il poeta ci avverte subito dicendoci che tale concezione non si impose nella poetica medioevale e rinascimentale e che, per moltissimi aspetti, è rimasta tacita e inoperata. Il suo intento quindi è l'introduzione, la strutturazione e la nascita in chiave contemporanea di una poetica aurea la quale rispetti le sublimi proporzioni geometriche e divine, «nel tentativo di proporre una poesia aurea dove il verso libero e quello metrico possano convivere nel medesimo spazio, condividendone il tempo»[2]. La poetica si basa sulla serie aurea di Fibonacci e sulle proporzioni del φ, il quale si presenta internato nel verso in multipli e potenze. Sia nell'architettura che nella scultura, nella musica così come nelle arti grammatiche tale valenza ha dato proporzione matematica ad ogni stile conosciuto sin dall'antichità[3]. L'opera è divisa in tre canti, rispettivamente di 34, 55 e 144 versi i quali rispettano, nella struttura e nella metrica la proporzione aurea del φ (ad es. il primo canto è suddiviso in tre stanze da 8, 13 e 13 versi; addizionando i numeri delle prime due stanze 8 + 13 = 21 e dividendo tale somma per il numero di versi dell'ultima stanza 21/13 = 1,615, si otterrà il quasi equivalente corrispettivo della sezione aurea in  φ, cioè 1,618034). Tale schema è rintracciabile in ogni canto e più aumenta il numero dei versi di ogni stanza più il corrispettivo equivalente della sezione aurea verrà rispettato. La poetica dei versi non seguirà tanto il conteggio metrico adottato nella poesia italiana ma seguirà, e questa novità è piuttosto interessante, il ritmo accentuativo del verso, che sarà la base della nuova musicalità poetica. Solitamente nella metrica italiana si è sempre prediletto l'endecasillabo per la duttilità che presenta nell'accentazione in posizione libera, se si esclude l’ultimo accento che cade sempre sulla decima sillaba. In quest'opera verrà prediletto il quaternario piano, verso di arcaica memoria e il novenario. Entrambi verranno collaudati all'interno di un verso inutilizzato nella poesia italiana che è il decatrisillabo (come composizione di un quaternario e di un novenario), rispettando le proporzioni auree riscontrate nella serie numerica di Fibonacci. Un aspetto molto interessante dell'approccio poetico elaborato da Serse Cardellini è un qualcosa che nella poetica contemporanea è internamente presente, ma che nell'intento del nostro poeta viene estrapolato in quanto centro pulsante della poetica aurea. Si tratta del phrēn (cuore, mente, diaframma, respiro), noto ai saggi e poeti dell’antica Grecia. Questo plasma alchemico è composto da un totale di 40 versi e potrebbe essere definito il cuore speculativo, strutturale e poetico-mistico della Poesia Aurea. È incredibile notare come, volto a sé, tale centro pulsante sia autonomo dal resto, strutturandosi come una poesia a sé stante, con un proprio intento che chiarifica parallelamente la poesia aurea annunciata. Del resto l'abilità di un poeta non consta soltanto nello scrivere versi di notevole bellezza ma vi è più nella sua capacità di veicolare un messaggio, il quale in ultima analisi ci dia quel divino, di cui la parola è stigma.  Un ulteriore sguardo si deve dare al verso centrale della poetica aurea, l'inutilizzato decatrisillabo, il quale rispetta non solo le proporzioni auree più di qualsiasi altro verso presente in tale poetica ma anche, se per un momento togliamo la cesura fra i due emistichi, la sequenza pitagorica che portò all'enunciazione del famoso teorema.

La Poesia Aurea si pone in apice uno scopo ben preciso: ricostituire la poetica contemporanea partendo da una base alchemico-mistica che riconduca  ad una precisa musicalità poetica. Tale musicalità avrebbe, attraverso l'analisi di Riccardo Tristano Tuis[4], la prerogativa di risvegliare le capacità assopite nel cervello che potrebbero in ultima analisi dare un apporto cosciente alla vita di ogni giorno. Vi è un'antica conoscenza che è andata verso l'Oblio dei Tempi e che solo dall'Ottocento in poi (così come moltissima conoscenza matematica e logica) è stata riscoperta e ripresa in chiave terapeutica e anche scientifica. Oggi potrebbe essere il giorno della Poesia, di riscoprire le sue antiche geometrie e di innovare attraverso la proporzione del numero aureo la propria arte al nuovo secolo ed al nuovo avvenire dei Tempi. Per questo e per altro ancora il nascere di una Poesia Aurea.


sopra volti, conosciuti in giovinezza.
tra compagni
non fu mai troppa la prudenza
per la sete, di chi vuole salvo il cuore
dal rimorso.
le alture in cui s’annida
l’iniziato, ispirato al santo canto
l’uomo salva
dall’utensile che ammazza.
la misura, tra la mano e la carezza
- sai ho paura -
quello spazio di un per sempre
le stagioni, ritornare a fare miele.
impauriti
- se puoi stringimi al tuo petto -
invecchiamo, ci troviamo impreparati
a pensare
cose simili ad un sogno.
l’ora tarda, quando provi a coricarti
l’imprevisto
troppa brace dentro l’anima
troppe stanze, da svuotare e rimbiancare
- la mia fede -.
il deserto in cui partire
l’alto cielo, geometrie tutte da tessere
poi la festa
labirinto in cui danzare
leggerezza, d’un ascetico avvenire.
rosea croce
dietro bianco e sacro velo
del Risorto, suo divino sguardo amato
mappamondo
della terra tanto attesa
della morte, si dirà che è solo morte.
mio fratello
schizofrenico invasato
pani pesci, li moltiplica e li dona
quasi rido
penso quasi di adorare
del divino, la parola umano stigma…


[1] R. Tristano Tuis, scheda autore, su  http://www.432hertzlarivoluzionemusicale.com/autore.html
[2] S.Cardellini, Poesia Aurea, su http://www.432hertzlarivoluzionemusicale.com/autore.html, p. 2.
[3] Cfr. A. Fabre d'Olivet, Histoire philosophique du genre humain, ou L'homme considéré sous ses rapports religieux et politiques dans l'état social, à toutes les époques et chez les différents peuples de la terre, précédée d'une dissertation introductive sur les motifs et l'objet de cet ouvrage (2 volumes, 1824). Réédition: Éditions traditionnelles, Paris, 1966.
[4] R. Tristano Tuis, 432 Hertz: la rivoluzione musicale. L'Accordatura Aurea per intonare la musica alla biologia, Nexus Editori, 2010, p. 74.

lunedì 29 ottobre 2012

Piano di Mori a Cremona 3 nov


 
Sabato 3 Novembre 2012 ore 18.00

SPAZIO TAPIRULAN
VIA VOGHERA 1/A CREMONA


Alberto Mori

presenta il libro



Piano
(FaraEditore)

con  Reading  e  Riflessioni



Il libro  Piano di Alberto Mori è una vibrazione linguistica, un pensiero multilaterale, un suono oscillante della carne, un taglio vivido permanente nella liquidità del nostro vivere. C’è dunque una tensione ossimorica e invasiva, distillata da uno sguardo incarnato in una realtà che il poeta trova sempre sorprendente e, sia pur criticandola, in un certo senso la salva: ce la porge, ce la fa considerare, ci chiede un implicito impegno a trasformarla. Come afferma Maria Grazia Martina alla fine della sua empatica Prefazione, in queste poesie troviamo la “cura appassionata nella ricerca della parola e sulla parola, che Alberto Mori infaticabilmente pondera, plasma e matematizza col gesto nel senso del fare poetico”. C’è in fondo ancora un piano auspicato nei versi di questa raccolta, un quid in cui “L’iperbole si lancia ed intercetta // La litote appena asciugata”, una dimensione laterale in cui è possibile assaporare lo spiazzamento zen del “Tempo organico effato / dalle ombre chete delle posate”. (Maria Grazia Martina)



Alberto Mori, poeta performer e artista,  sperimenta una personale attività di ricerca nella poesia, utilizzando di volta in volta altre forme d’arte e di comunicazione: dalla poesia sonora e visiva, alla performance, dall’installazione al video ed alla fotografia. La produzione video e performativa è consultabile on line sulla pagina YouTube e Vimeo dell’autore e nell’archivio multimediale dell’ Associazione Careof / Organization for Contemporary Art di Milano.Collabora inoltre,con molti fra i più noti poeti contemporanei, italiani e stranieri, per la realizzazione di letture pubbliche, manifestazioni ed eventi dedicati alla poesia.Negli ultimi anni più volte finalista del premio di poesia “ L.Montano” della rivista Anterem di Verona.Dal 1986 ha all’attivo numerose pubblicazioni. Nel 2001 Iperpoesie (Save AS Editorial) e nel 2006 Utópos (Peccata Minuta) sono stati tradotti in Spagna. Per Fara Editore sono stati editi Raccolta (2008) Fashion (2009) Objects (2010) Financial (2011).

Website: www.albertomoripoeta.com

Scheda del libro: www.faraeditore.it/html/siacosache/pianomori.html



SPAZIO TAPIRULAN
VIA VOGHERA 1/A CREMONA
APERTO TUTTI I SABATI DALLE 16 ALLE 19

INFO: 328.1766536

WEB: http://www.tapirulan.it    http://www.facebook.com/pages/Tapirulan <http://www.facebook.com/pages/Tapirulan/15952349465>
http://twitter.com/tapirulan  http://www.myspace.com/tapirulan

venerdì 26 ottobre 2012

Reading di poesia contemporanea a Terni


Accompagnamento musicale di Lisa Mattera
Uno sguardo sulla poesia contemporanea in Umbria attraverso la voce di poeti di spicco nel panorama regionale e sovraregionale, promotori di forme e contenuti che si aprono su vasti orizzonti di pensiero.

A cura di Angela Chermaddi – poeta

PROGRAMMA:

Biblioteca Comunale Terni
Piazza della Repubblica, 1
Caffè letterario, ore 16.30


Giovedì 08 novembre
Anna Rita Manuali incontra il poeta Elisabetta Comastri

Elisabetta Comastri è nata a Perugia, vive ed insegna a Spoleto. È madre di 4 figli e appassionata di lettura, scrittura e cucina.
Ha pubblicato le raccolte di poesie “Il volo”, ed. Morlacchi finalista al premio “Città di Arona” nel 2005 e pubblicato nel 2006 in edizione bilingue italiano-tedesco; “Di pura madre” vincitrice del premio letterario “Città di Leonforte” 2010. Vari suoi scritti sono stati antologizzati da varie case editrici.
Amante del teatro ha fatto parte di compagnie teatrali spoletine. Ha tenuto lezioni e corsi di formazione sulla poesia presso l’Università di Perugia e presso circoli didattici umbri e nel 2009 è stata insignita del premio Talegalli dalla Associazione Amici di Eggi – Spoleto, quale riconoscimento per la sua attività di scrittura e per il contributo alla vita cultura le della sua città.


Giovedì 15 novembre
Fausto Dominici incontra il poeta Sergio Pasquandrea

Sergio Pasquandrea è nato a San Severo (FG); da quasi vent’anni vive a Perugia dove insegna Lettere in un Liceo e collabora come ricercatore con il Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell’Università per Stranieri.

I suoi testi sono stati pubblicati in varie antologie. Ha pubblicato la plaquette “Topografia della solitudine: Diario newyorkese” all’interno del volume collettaneo Pubblica con noi 2010 (Fara Editore). I suoi interessi comprendono anche la musica e le arti visive: Collabora come giornalista e critico con il bimestrale musicale Jazzit e con i blog Nazione indiana e La poesia e lo spirito. Come pittore ha esposto a Perugia presso l’atelier DidasKalia e con l’associazione cultura le Il Corimbo.


Giovedì 22 novembre
Fausto Dominici incontra la poesia di Giuliano Carini

Giuliano Carini (1933–19 ) nato a Sangemini. Ha pubblicato per le edizioni Thyrus nel 1977 la silloge A mani strette e nel 1981 Il Vangelo secondo Zaccheo, romanzo saggio sulla vita di Cristo. È del 1985 La quinta stagione che raccoglie due silloge, una che dà il nome al volume, l’altra che porta il titolo Come polline al vento. Per la sua opera Carini ha ricevuto vari riconoscimenti culturali, tra cui il Firenze d’oro (1982) per la poesia e il Pantheon d’oro (1984) per la narrativa.



Giovedì 29 novembre
Anna Rita Manuali incontra il poeta Brunella Bruschi

Brunella Bruschi, laureata in Lettere classiche, scrive poesia e critica. Ha pubblicato le seguenti raccolte poetiche: Gioco d’attesa ed. Umbria, Testi Pretesti Lineature ed. Fonema, Il bistro
e la sabbia ed. Thyrus, Drama ed. Tracce, primo premio Nuove scrittrici 2000, Deep Focus ed. Guerra, Lune Persuase ed. Fara, Befane, maghi, rospi, rane e… altre creature per niente strane ed. Re-Active 2008, A che titolo ed. Morlacchi 2010, Parler de loin ed. Helicon 2010 (raccolta di saggi sulla poesia degli anni ’60). Le sue liriche compaiono in numerose antologie nazionali. Ha vinto il Premio Internazionale E. Montale 1093, il Premio Nazionale S. Penna 1988, il Premio G. Ungaretti 1982 e molti altri. Nel 2006 ha ottenuto il riconoscimento “Poeta Umbro dell’anno al Premio Nazionale Gens Vibia. Ha collaborato a riviste letterarie e culturali. Nel 2006 ha partecipato al Festival della Letteratura di Mantova: Ha fondato a Perugia da venti anni con altri poeti un’associazione cultura le Il Merendacolo.

giovedì 25 ottobre 2012

Doppia poesia a Parma 28 ott


Su Era farsi di Margherita Rimi

Marsilio, 2012

recensione di Antonio Fiori

In questo strano tempo in cui i poeti credono, per lo più, di non doversi interrogare o di non poterlo fare senza spaventarsene, in questi anni di scoramento, di affrettate e infauste diagnosi sulla poesia, Margherita Rimi non teme di rimettersi in gioco, di rileggersi con lucida pazienza, di ritrovarsi.

Daniela Marcheschi, nella prefazione a questa curatissima autoantologia, parla di “agile semplicità”, di “verità disarmante”, di un percorso poetico trentennale – un farsi – dall’infanzia all’età adulta.

D’altra parte, nella poesia della Rimi, lo sguardo sull’infanzia è primigenio e ricorrente: da quello affettuoso e malinconico sulla propria a quello amoroso e sofferente sull’infanzia che l’autrice ha incontrato nella sua professione di neuropsichiatra infantile.

Addentrandoci nella lettura, scopriamo che ci sono stati anche per lei momenti di ‘sperdimento’: “Che amore è / quello che ci lasciamo / giornate che si scambiano da sole / per tirare avanti // e credere che piano piano /ce ne andiamo / per tenerci insieme”; che ben conosce le insufficienze e i tranelli del linguaggio – “Che rischia la parola / a questa cura storta, a questo tempo in piena” – ma non sfugge mai la ‘drammatica del foglio’ e non rinuncia a confrontarsi con le ‘parole bianche’. La Rimi compone la propria antologia per zolle tematico-temporali, addivenendo ad un indice suggestivo e in qualche modo ri-fondante l’intera produzione. In questo riassemblaggio trova conferme, rivive incontri reali e incontri culturali, riscopre le impronte lasciate dalla vita sulle parole.

Tra le più significative c’è la sezione ‘Pirandelliana’, costituita da dodici poesie scritte tra il 2002 e il 2010: (Parole) “Ascolto parole. // Non so per cosa / mi raccontano // Per cosa / vengono // Per cosa / se ne vanno”; e ancora: (Di sera, un geranio) “Le sere / hanno una prigione. / ‘Bocca di morte’ che fai la paura. // Niente ci salva. Nessuna parola / ci assomiglia”. Ecco, anche per Margherita Rimi, nessuna parola può somigliarci e ‘niente ci salva’, eppure, a differenza di molti autori contemporanei – che qui si fermano o, pur tentando nuove strade, in qualche modo s’arrendono – la sua poesia resta ancorata alla dicibilità della parola, alla sua capacità di rigenerarsi, ridarci – seppur trasfigurati – il tempo e le persone.

Vorrei infine segnalare l’ultima zolla, ‘Carta nivura’, la sezione dedicata ai suoi incontri con le ruvidità e le dolcezze del dialetto siciliano. L’autrice se ne lascia contaminare, accogliendolo nell’altra lingua: (Conza e Sconza) “Comincio a ricompormi / in tanto movimento / Mi pigghia l’aria / Mi sconza u ventu, fino a raggiungere, in Nuvuli”, l’essenzialità dell’haiku: “Nuvuli vasci / scuetanu u mari.”

mercoledì 24 ottobre 2012

Una recensione di Alberto Mori su "Il potere dei giocattoli" (Sentieri Meridiani 2012) di Riccardo Raimondo


Esistono le cose a noi più care e i giocattoli che si rompono.

All'impalpabilità in essenza delle prime, si contrappone spesso la meccanicità artificiale degli altri. Così anche nella vita, qualcosa sublima mentre qualcos’altro, invece, fa scratch e graffia sulla Dj Mixer Consolle dell’esistenza. Entrambi gli aspetti, compongono l’andare
de Il potere dei giocattoli di Riccardo Raimondo.

Qualcosa rallenta intrattenuto e qualcos'altro accelera avvicinandosi, tracciando versi sul composito diagramma esistenziale, sempre ben fibrillante, dove il compito dell’autore è quello di «Portare questa luce fraterna / oltre la notte. Navigare fino all'alba».

Nell'attraversamento, fra le procedure della realtà in dissesto, le subway di un senso sotterraneo, musiche che dai solarium abbronzanti dei Beauty Center evocano già le spiagge marine, il poeta trova viandanza :scrive di ciò che vede e sente.

«Il cameriere fece calare/ i tendoni sulla terrazza/e fu subito ombra a Rabat» – azione visiva con notazione in presa diretta.

«Sii come il bimbo / che vaga per la campagna / nella speranza di scoprire / un nuovo colore di lucertola» – traslazione di un desiderio che sente l’energia di conservare lo stupore vivente della bellezza ricercata.

Il potere dei giocattoli si amplia via via nella lettura con una riflessione sempre più articolata nelle figure poetiche, sorrette anche da inserti di citazioni prese da altri poeti, e sempre funzionali a integrare il sentimento sotteso, il quale prosegue con moti oscillatori e ondulatori la sua sismica esistenziale. Fra oblio e memoria. Caos ed ordine provvisori.
Poi, in maniera quasi ineluttabile, subentra come marea il flusso dell’abbandono lirico.

Il friabile grumo d’infinto allora si liquefa. L’amore prende forma e sembra guarire questo viaggio.

Il potere dei giocattoli ha il suo senso originario nell’aver percepito il peso e la gravità artificiale del mondo e tentato il passaggio della poesia. In questa tensione protratta per tutto il componimento, anche nella misure continuamente variate dei versi, il poeta offre
la sua Terra Santa. Mentre Alda Merini ha tenuto fede al suo inferno e ha condiviso con tutti gli esseri la sua magnifica ossessione di vita e poesia, Riccardo Raimondo fugge, svola, va ad abbracciare e a chiedere a chi ama l’energia per un viaggio ulteriore.
Sarà dolce salpare nuovamente dal porto d’umanità restituita in poesia.

Alberto Mori



Per acquistare il volume andate a questo link

Per leggere un'anteprima del volume
su Giocattoli (biblioteca di poesia) andate a questo link







Riccardo Raimondo, classe '87. Poeta, narratore, critico. Studia Lettere Moderne. Da dicembre 2011 è accademico corrispondente presso l'Accademia degli Incolti (Roma, accainco.it). La sua prima raccolta di versi è "Lo Sfasciacarrozze"(A&B 2009). La sua seconda raccolta è "Il potere dei giocattoli" (Sentieri Meridiani 2012, a cura di Daniele Maria Pegorari, prefazione di Sebastiano Aglieco, copertina di Elisa Anfuso). Ha lavorato con diversi artisti a spettacoli e istallazioni, cercando un continuo dialogo fra la poesia e arti di tradizioni diversissime (la musica acustica ed elettronica, la video-arte, i fumetti, le sculture animate, le marionette, il teatro-poesia, la fotografia), sperimentando sempre nuove strategie della creazione. Collabora con diverse riviste e webzine nell'ambito della critica d'arte, letteraria e di costume. Per maggiori info: www.riccardoraimondo.com


Su La neve di Francesco Filia


Fara Editore, 2012

recensione di Vincenzo D'Alessio

kairosFrancesco Filia è un poeta meridionale, nato a Napoli dove attualmente vive. Ha pubblicato, come vincitore del concorso poetico bandito dalla casa editrice Fara di Rimini, la seconda raccoltadi poesie che reca come titolo: La neve. La raccolta si compone di ventinove frammenti e un frammento finale, tutti datati come un diario. Infine compaiono le note esplicative dei luoghi e degli eventi storici contenuti nei frammenti.

La prima raccolta del Nostro recava come titolo: Il margine di una città (2008) e, gran parte dei temi trattati in questa prima raccolta, sono ripresi in questa. La radice che affonda nella memoria personale,  e in quella collettiva, è la città di Napoli.

I frammenti di Filia possono somigliare, a mio avviso, agli anelli concentrici che formano la parte interna di un albero mentre si accresce e, alla sua morte, mostra a chi guarda l’età, le stagioni vissute, i dolori che lo hanno accompagnato mentre si levava dalla terra verso il cielo, in mezzo a tanti suoi simili. Nel nostro caso l’albero è il poeta, la terra la sua città, la memoria le sue radici. Gran parte del racconto poetico è pervaso dalla necessità di svuotare il dolore del vivere in una città che non è quella desiderata, sognata, vera.

La quotidianità uccide in continuazione i sogni del poeta e degli uomini come lui. Assedia i pensieri rendendoli incubi. Rivela un ventre oscuro che risucchia le energie positive della luce in superficie. Ecco che compaiono costantemente nei versi le parole “sangue” e “ i morti”: “ abbiamo nutrito di sangue i morti” (pagg. 20 e 22). Una collera nascosta nel profondo per la serenità negata, per l’impossibilità di godere della pur semplice felicità di un sorriso. Mura, palazzi, case, monumenti e reperti assediano lo sguardo e solo “sulle colline” avviene il miracolo dell’avvicinamento al cielo.

Ho voluto premettere questi temi, cari al poeta e presenti anche nella prima raccolta, per avvicinarmi al tema della “neve” che dà il titolo a questa seconda raccolta: una neve vera o la neve dei sogni? I versi del primo frammento lo rivelano: “La neve, quella vera, non l’abbiamo mai vista / se non nella bocca a nord del vulcano” (pag. 15). Quello che il poeta ci induce a capire, tramite questo evento naturale, è il tema della sua profonda filosofia di vita. La meraviglia, il meravigliarsi di fronte agli avvenimenti, il saper ritrovare la spontaneità in noi, per generare di nuovo la paura per ciò che accade, di fronte alla staticità alla quale ci hanno abituati i mezzi di comunicazione di massa, le città affollate di brusii, di clacson, di urla di sirene impazzite.

Manca l’anima ancestrale che apre la strada alla filosofia dell’esistere, direbbe Aristotele, lo stupore di fronte alla semplicità delle cose, il restare in ascolto della neve che cade, si scioglie, e crea nuova vita. Un lievito che l’uomo di oggi ha perso e Filia lo descrive in modo forte nei versi che seguono: “Ognuno è appeso a quest’eterno presente d’asfalto / e serrande abbassate all’ultimo sussulto del giorno / e al negativo impresso in questo cielo di false promesse” (pag. 17).

L’anafora ricalca perfettamente l’invito, in terza persona, in ogni frammento a prendere coscienza degli avvenimenti: “Raccoglieremo; Non saremo noi; Abbiamo visto; Abbiamo sentito; / Avanziamo”. L’enjambment propone un racconto che si muove sulla lama del verso-prosa per svolgere lo sgomento dei morti: “I morti ci entrano / dentro! (…) Rinascono in noi, ci reclamano, con un conto / da saldare, / una consegna da rispettare” (pag. 32). Il poeta è il viaggiatore accecato dalla città “dal ventre cavo di questa terra spergiura” (pag. 33) che porta il lettore verso la vera identità dei luoghi vissuti: “Bisogna andare in collina o fuori città, sui moli abbandonati / o in alto sui crateri, nell’odore dei gelsomini, oltre muretti / e terrapieni pilastri e cantieri abusivi” (pag. 29) per raggiungere la purezza della neve che cade ancora una volta a meravigliare il bambino-filosofo e a rivelare la purezza dei luoghi.

Uno dei passaggi più belli, proprio perché doloroso e infantile, è il frammento decimo dedicato al sisma del 23 novembre 1980: segnale di morte che la nostra terra ha dato per rinnovare il patto sovrano della sua identità di creatura vivente accanto a noi creature inconsapevoli della caducità del nostro tempo. Francesco Filia realizza in questo frammento una poesia lieve, come la neve, capace di interagire con il lettore infondendo in lui la consapevole partecipazione all’evento drammatico mediante il richiamo dalla memoria della fanciullezza: tempo sospeso di fronte al fragore dell’evento naturale: “Non avevamo capito che il terremoto era appena / iniziato, che avremmo dovuto aggirarci in un fragore / di tubi Innocenti e siringhe di cemento armato / di lavori in corso e doppi turni. Checco ‘o cecof / mi chiamavano alle elementari, per gli occhiali,  / alcuni scherzavano altri picchiavano, io / mi difendevo a denti e graffi a calci nelle palle” (pag. 25).

Bene ha raccolto, l’essenza dell’insieme, la poeta Anna Ruotolo componente della giuria del concorso che di questi versi ha scritto nella sua critica quanto segue: «appare chiarissimo che l’evento atmosferico non è mai una semplice registrazione di grazia: attraverso trenta “frammenti” l’autore ricrea una genesi profonda e insieme genealogia (nel senso dei suoi legami ancestrali non solo con le sue origini pure ma anche con rovescio della (loro) medaglia: cerchi sciolti, fanghi e scale di grigi…) della neve in una terra che non la trattiene e che piuttosto si sveglia nel gelo di fanghi e pozzanghere, una realtà che brucia sin dal primo movimento reale appena dopo lo stupore” (pag. 8).

I resistenti recensito su «Le Monde diplomatique»


v. anche

farapoesia.blogspot.it/2011/05/i-resistenti-napoli-6-mag.html

farapoesia.blogspot.it/2012/06/e-uscito-i-resistenti.html

Autori in Biblioteca a Forlì


      

RASSEGNA INCONTRI CULTURALI IN BIBLIOTECA

Il Centro Culturale L‘Ortica, in collaborazione con la Biblioteca Comunale “A. Saffi” di Forlì,  ha organizzato una rassegna culturale di incontri con il pubblico dedicati a presentazione di libri dalla poesia alla ricerca storica, e con momenti dedicati al teatro e alla poesia straniera.
Il primo appuntamento dedicato alla Poesia è per sabato 27 ottobre alle ore 17 presso la Sala Grande di Lettura della Biblioteca “A. Saffi”, C.so della Repubblica n. 72, Forlì, sul tema “Interscambio poetico fra italiano e dialetto” con i poeti Paolo Pirini e Daniela Cortesi con la presentazione di Davide Argnani e il coordinamento di Renata Penni Dirigente della Biblioteca A. Saffi. Il filologico dell’incontro riguarda la “Lingua madre” (dialetto) e “La madre della lingua” (l’italiano di Dante) con discussioni e letture da parte dei poeti invitati:

PAOLO PIRINI (Forlì 1980) vive tra il suo paese Durazzano (RA) e Bologna, dove studia e lavora. Dopo la laurea in lettere classiche ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento. A 14 anni ha visto pubblicato un suo tema, sul rapporto col padre, inserito nel volume Cari genitori… Cari figli..., (Piemme, Milano 1994). Diverse sue poesie sono state pubblicate sulle riviste letterarie  «L’Ortica» e «Confini»; altre sono state raccolte, nel 2003, nel catalogo La voce delle parole–Tracce, patrocinato dal Comune di Forlì; altre ancora, infine, sono state tradotte in ungherese da András Bistey sul catalogo on line Jászkunság 2003 – Almanach. Nel 2007 alcuni suoi testi sono stati ospitati nel progetto artistico La modernità di Saffo nel vissuto di un artista, ideato e curato da Lorenza Altamore. In collaborazione con l’Università di Bologna ha realizzato un saggio introduttivo alla figura e all’opera di Cesare Pavese di imminente pubblicazione. Un giro di stagione (Manni, San Cesario di Lecce 2010) è la sua opera prima.



DANIELA CORTESI è nata nel 1963 a Forlì dove vive e lavora. Si occupa di svariati lavori che le consentono di viaggiare durante il periodo invernale, soprattutto in Asia. L’amore e l’impegno per la letteratura e la scrittura – poesie e fiabe in particolare – l’accompagna fin da bambina.
Per quanto riguarda il dialetto Daniela è risultata due volte vincitrice al Concorso  “Antica Pieve” di Forlì: nel 2004 con la raccolta Nòta  e nel 2007 con Fura da e’ sintìr, mentre nel 2006 la poesia Pinsìr d’amòr risulta vincitrice al Concorso “Omaggio a Spaldo”. Seguono altri due primi premi al “San Martino d’oro” di Conselice (2009) e al “Centro Sud Faenza” (2010).Oltre alla sua prima opera poetica in dialetto (“Sbadài d’ lus, prefazione di Diana Benini e introduzione di Dino Pieri, Claudio Nanni Editore, Ravenna 2011), per la narrativa ha pubblicato due opere in prosa che raccolgono le sue favole per grandi e piccoli: L’albero ballerino e altre fiabe (Edizioni La Sfera Celeste  di Riccione) e Le fiabe del sentiero verde (Edizioni Il Pontevecchio di Cesena).

   
                                                                               


Una poesia di PAOLO PIRINI

STAGIONI

A guardarlo un solco arato di terra
è già tutto. Lì è la vita e la morte
il calore del sangue e della carne,
ma bisogna nascerci, per saperlo.
Questa terra, questi campi e filari
i miei li han lavorati
fin dal tempo dei buoi e dei padroni

A camminarci pare di sentire
quelle mani e quel sangue,
un amore testardo nella carne
ma fedele come il grano alla terra.
A toccarle poi quelle mani dure
sembra di carezzare quasi il solco
e la carne è la terra
e la terra è il sangue
ma bisogna crescerci, per capirlo

Ritornare vuol dire ricordare
che nella terra tutto cresce e affonda
e che già prima si è stati in quel sangue,
lì tutto nasce e lì t6utto ritorna.
Solo a guardarlo, dice tutto un solco
solo a toccarla, una mano riscalda



Una poesia di  DANIELA CORTESI

FANTÉSUM

Fantésum ad dè pasé
a córar dri a i sogn
i guêadës da e’ bur
ad sta nòta ch’ la n’ vó fnì
e la strénz cun al mân giazêdi
l’élba ch’ la vé so pianì pianì
cóma un zarmói
ch’ e’ vó crédar int la lus.



FANTASMI

Fantasmi di giorni trascorsi
a inseguire i sogni
guardano ora dal buio
di questa notte che non vuol finire
e stringe con le mani fredde
l’alba che sorge pian piano
come un germoglio
che vuol credere nella luce.

Gli incontri in Biblioteca proseguiranno sabato 10 novembre con la poesia di Enzo Dall’Ara e il suo libro “Vele di sabbia” (Edizioni Istituto Culturale del Mezzogiorno) dedicato a Carlo Bo e illustrato dalla pittrice Lorenza Altamore le cui opere, per l’occasione, saranno esposte al pubblico durante la manifestazione. Sabato 17 novembre incontro con Giovanni Spagnoli che illustrerà il suo saggio dedicato a Felice Orsini, un Romagnolo Terribile (Edizioni La Mandragora-Imola).
Poi, in data da definire, seguiranno incontri dedicati a: Pietro Cimatti a vent’anni dalla scomparsa. Poeta pittore giornalista Rai, forlivese di nascita,  Pietro Cimatti aveva collaborato con Diego Fabbri alla direzione della “Fiera Letteraria”  fra gli anni 50-60. Monica Balzani e Anna Maria Ferro, forlivesi, nel libro “Percorsi assieme” trattano storie incentrate su come si può affrontare la malattia che non lascia scampo. Giorgio Casadei Turroni con Reparto 15: vuoti a perdere, Testo Teatrale tratto da conversazioni con i lungodegenti dell’Ospedale Psichiatrico “L’Osservanza” di Imola. Antonio Piotti e il suo libro Il banco vuoto” sul tema del problema sociale degli “hikikomori”: giovani che si isolano rifiutando ogni tipo di relazione sociale. Irving Stettner l’ultimo poeta underground americano, tradotto da Erio Sughi e presentato da Davide Argnani nel volume “Hurrah!”  edito da Il Foglio Clandestino di Sesto S. Giovanni di Milano e infine: Lorenzo Marotta con il suo coinvolgente romanzo “Le ali del vento” (Vertigo Edizioni). Marotta è ritornato a vivere in Sicilia dopo aver vissuto a lungo a Forlì in qualità di Docente di filosofia e Preside dell’Istituto Melozzo di Forlì. 

Per info: tel. 0543/712600 (Biblioteca Saffi), 0543/092569 (L’Ortica)

martedì 23 ottobre 2012

PREMIO NAZIONALE PAESTUM sc. 30 ott

CINQUANTATREESIMA EDIZIONE 2012


È stata indetta la cinquantatreesima Edizione del Premio Nazionale Paestum per la poesia, la narrativa e la saggistica (2012).

Si può concorrere con uno o più elaborati (poesie in lingua ed in vernacolo, novelle, racconti e saggi) ma ciascuno dei componimenti partecipanti, da inviare in 5 copie chiaramente dattiloscritte, di cui una sola firmata e con l’indirizzo dell’autore, deve essere accompagnata dalla quota di euro 20 (per concorso alle spese di segreteria e di organizzazione). Si consiglia l’invio a mezzo raccomandata.

Ogni poesia non deve superare i 40 versi ed ogni elaborato in prosa deve essere contenuto entro le 4 cartelle dattiloscritte a spazio due. Il tema è libero.

Sono in palio la medaglia del Presidente della Repubblica e di altri organi istituzionali, medaglie d’oro, targhe e trofei messi a disposizione dall’Accademia di Paestum, dalla Regione Campania, dalla Provincia di Salerno, Comuni e Associazioni artistiche e letterarie. Ogni premio è accompagnato da un’artistica pergamena di conferimento.

I premi non ritirati non saranno spediti.

I risultati del concorso e la cerimonia di assegnazione del Premio saranno ampiamente diffusi attraverso i vari mezzi di comunicazione e riportati nella loro stesura integrale dalla rivista Fiorisce un Cenacolo, organo ufficiale dell’Accademia di Paestum, promotrice e organizzatrice del Premio.

Inviare i componimenti entro il 30 ottobre 2012 all’indirizzo: Accademia di Paestum – Segreteria Concorsi Letterari – Via Trieste 9 – 84085 Mercato S. Severino (SA)

Per informazioni: 089.879191 347.6214259
manzi.annamaria@tiscali.it

venerdì 19 ottobre 2012

“Perché scrivere oggi?” Chiari 10 nov

Nell'ambito della Rassegna della Microeditoria che si svolge a Chiari (BS) dal 9 all'11 novembre 2012, è possibile ascoltare e dibattere con un manipolo di giovani (anagraficamente e/o dentro) scrittori che in versi, prose o saggi si mettono in gioco sul tema


Perché scrivere oggi?
sabato 10 novembre 
ore 12.00-13.30
Sala Morcelli

partecipano alcuni autori (Alessandro Ramberti, Davide Valecchi, Eros Olivotto, Giuseppe Caraccchia, Guido Passini, Natascia Ancarani) pubblicati nel volume Scrivere per il futuro ai tempi delle nuvole informatiche (notizie su di loro qui)





e inoltre Daniela Mena, Gianni Bergamaschi e Nino Di Paolo (nella foto qui sotto in una precedente partecipazione alla Microeditoria)



vi aspettiamo!

Piano di Alberto Mori con intervista

post pubblicato in www.rainstars.net/canale/letteratura_poesia/elegiastella
a cura di Meth Sambiase




Piano - di Alberto Mori
artista
Alberto Mori
poeta performer

Alberto Mori, poeta performer e artista, sperimenta una personale attività di ricerca nella poesia, utilizzando di volta in volta altre forme d’arte e di comunicazione: dalla poesia sonora e visiva, alla performance, dall’installazione al video ed alla fotografia. La produzione video e performativa è consultabile on line sulla pagina YouTube e Vimeo dell’autore e nell’archivio multimediale dell’ Associazione Careof / Organization for Contemporary Art di Milano.Collabora inoltre,con molti fra i più noti poeti contemporanei, italiani e stranieri, per la realizzazione di letture pubbliche, manifestazioni ed eventi dedicati alla poesia.Negli ultimi anni più volte finalista del premio di poesia “ L.Montano” della rivista Anterem di Verona. Dal 1986 ha all’attivo numerose pubblicazioni. Nel 2001 Iperpoesie (Save AS Editorial) e nel 2006 Utópos (Peccata Minuta) sono stati tradotti in Spagna. Per Fara Editore sono stati editi Raccolta (2008) Fashion (2009) Objects (2010) Financial (2011) Piano (2012).
Website: www.albertomoripoeta.com

artista
tratte da Piano
Ed al rovesciamento miracoloso discende dal cielo
San Marco del Tintoretto
Arriva tra la folla con la provvidenza del Wonder Man
Accanto lo schermo interattivo dello sponsor
mostra il declivo collinare dell’Associazione Iseo Parapendio
L’asincrono delle scene
viene raccolto simultaneo dalle fotocamere dei visitatori.
Molto preparato: [IperCageSystem]
nelle Chiavi & Martelletti

Suond Design AudioListz

>piano<

Concertato e Discusso

Dall’orchestra

NeoVerbigerante

artista
Alberto Mori, l'arte in continuum, in continuo movimento da un segno all'altro, dalla parola al video, in continua ricerca. Un punto da cui cominciare e un altro in cui puntare la direzione.
Amo la fenomenologia del divenire di ogni cosa ed ogni volta consegnare prospettive incompiute nei miei lavori che vengono affrontati spesso con fermo rigore concettuale iniziale per poi via via aprire e lavorare la materia con i suoi linguaggi.

C'è conflitto tra sperimentazione e tradizione, tra l'inquieto ricercare nuove materie e parole e il patrimonio del già fatto? O immancabilmente, ognuno porta anche nel nuovo un frammento di cultura passata che gli appartiene come assertivo archetipo culturale. E in tal caso, allora è innaturale il nuovo?
Bisogna intendersi sul concetto di “nuovo” che è stato introdotto artificialmente nel ’900 per giustificare le sorti progressive del suo sviluppo tecnologico e che ha mostrato il tragico fallimento di due guerre mondiali e la succesiva consegna del concetto stesso alla replicazione consumista e conseguente reinvenzione dell’oggetto estetico: Pop Art e Poesia Concreta. La sperimentazione ha un altro cammino, poichè lavora con i mezzi e gli strumenti della contemporaneità che riguarda l’accadere in ogni tempo. Si sperimentava anche nella poesia e nell’arte dell’antica grecia ellenistica. La materia dei linguaggi estetici è il campo della sperimentazione ed attraverso la loro interazione possono certamente affiorare zone semantiche lontanissime e convivere attraverso i segni, le azioni, le immagini. Si pensi ad es. a certi lavori di Ezra Pound dove la sinestesia fra il linguaggio verbo visivo cinese e la traduzione in inglese vengono sperimentati come vere e proprie strutture testuali oppure a certa poesia ipertestuale americana la quale in un unico testo attraverso la cliccazione dei versi, modula molteplici percorsi di senso. Ora per rispondere in vertiginosa sintesi alla tua domanda:è naturale l’esistente quando è contemporaneo. La tradizione ed il cosiddetto” nuovo” convivono in questo gesto quando sono presenti, diversamente abbiamo una infinita coazione a ripetere e la dissoluzione in tutto ciò che è il già visto e già detto.

Domanda cronica su Elegiastella. Lo spazio metrico di Alberto Mori. Nella scrittura il canone è da rispettare, inventare o ignorare? Il verso di Alberto è discorsivo, affabulatorio o metrico?
È una direzione. La direzione rispetta già il canone dello spostamento poiché muovesempre da o verso qualcosa ed esso è da intendersi proprio nell’accezione di andare nello spazio urbano od in una zona semantica, esplorare i suoi mezzi di notazione, di ottica percettiva, di consapevolezza che nasce dal fare. La metrica la usano anche gli architetti, i geometri e gli operai ed un poeta ed un artista vive e lavora in un cantiere dove nasce la poesia di tutti gli uomini che lavorano insieme ad un progetto.

Da vari anni, sei uno dei promotori di Poesia a strappo nella tua città. Un buon modo per diffondere la cultura poetica e creare una comunità attiva intorno alla poesia. La piazza, la strada, la via, è un luogo possibile per la poesia, per chi vive nel cuore dell'era telematica?
L’esperienza di Poesia A Strappo è nata nel 1995 e dal 2003 viene portata in varie piazze e luoghi d’Italia sensibili alla poesia, rende pubblica la poesia e dunque crea una relazione spontanea ed immediata con il testo poetico che incontra il passante. E’ un territorio mobile ed aggrega immediatamente dove si colloca la sua comunità e certamente anche coloro che sono già in strada con i loro IPhone la possono subito rendere connettiva con le app fotografandola. L’avatar errante nella rete ed le azioni dei global net reading sono già da oltre un decennio buon mezzo per comunicare poesia, una volta che la presenza dei corpi vive la relazione concreta della condivisone della poesia mentre accade nei luoghi che è poi uno dei motivi per i quali Poesia A Strappo è nata.
a cura di Meth Sambiase

giovedì 18 ottobre 2012

Verso un'ecologia del verso – «soltanto un altro blog?»





Verso un'ecologia del verso – «soltanto un altro blog?»

Verso un'ecologia del verso è un nuovo blog collettivo che si occupa di letterature, arti e filosofie. Ce ne sono tanti: più o meno disordinati, ideologici, politici, divulgativi. Questo blog, invece, nasce con un proposito preciso: dare una risposta efficace a tutti i lettori che non si riconoscono nelle strategie culturali contemporanee.

La cultura vive un momento difficile, di grande crisi economica e umana.
Si vorrebbe piegare la cultura a interessi clientelari, al management dei direttori artistici, alle vanità di questo o quel critico, al baronato di questo o quel editore.

Ma la verità è che la cultura vive di vita propria, libera, e non tollera di essere inscatolata, di essere gestita e monopolizzata. La cultura muore appena viene “recintata”, “allevata”.

Così, da una parte ci sono le lobby letterarie – più o meno potenti, ma sempre con le stesse modalità – che vorrebbero creare vivai di scrittori e critici nella speranza di monopolizzare il piccolo e asfittico mercato.
Dall’altra parte ci sono i lettori, confusi, frastornati da eventi, reading, “incontro con l’autore”, festival, premi, vetrine di ogni tipo.

I lettori hanno una grande responsabilità sul mercato. Sono loro a decidere cosa sopravvive e cosa no. I lettori non devono subire la cultura, ma crearla. I lettori non dovrebbero essere una semplice vetrina, un “parco buoi” (per usare una triste metafora del mondo economico), ma i protagonisti veri della letteratura di ogni tempo. I lettori scelgono, decidono, promuovono.
L’arte della lettura è forse la più difficile di tutte le arti.

Queste strategie culturali hanno allontanato la letteratura dai lettori, la letteratura dalla realtà.

Verso un'ecologia del verso vuole indagare il rapporto fra la letteratura e la realtà, nella speranza d'intraprendere tutti insieme un cammino di ricostruzione.


la letteratura e tutto il mondo intorno



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GIOCATTOLI - arti poetiche

Insieme a Verso un'ecologia del verso nasce anche Giocattoli, un biblioteca online dedicata interamente alle arti poetiche contemporanee.
Giocattoli si trova online (www.giocattoliblog.wordpress.com).

Per informazioni su come partecipare al portale web:







mercoledì 17 ottobre 2012

Su la Comedìa commentata da Massimo Sannelli

comediarecenisone pubblicata su «La nuova ricerca», Bari, n. 20, 2011, p. 326
scheda del libro qui





martedì 16 ottobre 2012

Su Nebbie in collina di Raffaele Barbieri

Delta3 edizioni, 2012

recensione di Vincenzo D'Alessio

Nella collana “Pugillaria”, diretta da Paolo Saggese presso le Edizioni Delta3, è stata pubblicata la raccolta di sessantaquattro poesie del poeta Raffaele Barbieri con il titolo di: Nebbie in collina. Sequenza poetica che appare dopo la precedente, presso il medesimo editore, che recava il titolo: L’abito nuovo 1992-1997. In questa prima raccolta poetica spiccano poesie scritte sull’onda delle emozioni giovanili, dell’entusiasmo per l’esistenza, per gli affetti familiari, per l’impegno musicale e la partecipazione civile. Una poetica costruita con infiniti tasselli di esperienze tratti specialmente dalla musica, la cui forma poetica utilizzata maggiormente è la ballata. Il verso giambico che ritroviamo nella seconda raccolta del Nostro, giunto alla maturità, con la piena coscienza dei percorsi esercitati prende spunto dalla poesia La figlia del barcaiolo presente nella prima raccolta: “A me solo / racconta la sua storia / me solo ché / canto l’Amore.”
Il bardo che racconta le sue storie, accompagnato dalla mandola, a cavallo di un modesto asinello, con la bisaccia piena di scritti poetici più che di cibo, sprezzante della ricchezza e dell’altrui indifferenza, migra di contrada in contrada alzando la voce per raccontare le sue storie d’Amore. Vedo così Raffaele Barbieri, e lo dicono bene i suoi versi di questa seconda raccolta: “A noi non è concesso piangere / destinati a stupire dovunque / (…) A noi non è consentito amare / … e io mi chiedo il perché” (pag. 17).
L’anafora di questa poesia “A noi” è la verifica dell’io che compare nella chiusa poetica, del passaggio dal generale al particolare: i poeti, il poeta. Che riprende nella poesia Occhi narranti a pag.28: “Occhi narranti / di gatti randagi / nel buio travalicano / il senso del vero.”
L’anima di un gatto, figura tanto cara ai poeti, affiora nei versi delle ballate popolari che riprendono la vita vera, amata, subìta,rincorsa, sulle “colline” dove il poeta vive e si sposta, appena le nebbie della mente si diradano, alla ricerca di un amore, di una donna / poesia che raggiunga il suo cuore, la sua ispirazione, e finalmente plachi l’arsura dei viaggi, interrotti e ripresi, come raccontano i versi che seguono: “Si ramano i capelli / le signore / a primavera. (…) finte madonne / s’affannano / in cucina. / Il rito del caffè / le accomuna i destini” (pag. 21). Ancora il ritmo diventa grottesco nella poesia Spiaggia d’agosto dove il poeta osserva, snervato , i luoghi comuni: “Voci gracchianti di madri distratte / sotto ombrelloni stampati a fiori. / (…) parlano, fumano, ridono. / Il sole sorride della loro vanità” (pag. 35).
I versi di questa seconda raccolta sono energici, pungenti, sempre veri, per aderenza alla realtà. I sogni trattenuti per una intera generazione sono rimbalzati come i numeri della tombola sul cartellone del tempo: hanno premiato gli “astanti”(parola ripetuta ininterrottamente per l’intera raccolta) e ferito il poeta che componeva strada facendo. Il paesaggio, memore della civiltà contadina, dell’uva, del vitigno d’infanzia, delle donne al lavoro, oggi è pervaso da nebbie che rubano allo sguardo il limite dell’orizzonte e al viaggiatore negano la continuità della sicurezza: “l’anziano viaggiatore / sprovvisto di biglietto. / (…) Si sentì di colpo / cinquant’anni in meno. / Proseguendo a piedi / sorrise alla città” (pag. 92). Nessuna forza, neppure la fine della vita, scoraggia il verso del Nostro. Si scopre continuamente bambino, che riesce a prendere in giro anche il rude “controllore”(metafora della morte),durante il viaggio nel tram.
C’è tutto un mondo che si muove. C’è una forza d’animo che affronta il tema dell’Amore con una delicatezza che sfugge agli uomini: è la perdita della madre che ha generato la sete d’affetto incontenibile nel poeta. La morte ha scalfito, seppure per un attimo, la penna turbolenta del bardo, ha reso la sua voce sommessa: “Madre ho voglia di scappare, / tornare bambino, / tuffarmi nel tuo sorriso di primavera” (L’ultima dal fronte, pag. 15). Una macchia d’inchiostro sulle pergamene nella bisaccia, una macchia nel cuore: ”Non voglio più stare qui, / dove la terra è neve / e la neve è sangue” (ibidem). L’enjambement esprime tutto il dolore della mancanza. Dolore ben nascosto ma che non lo lascerà mai più.

Il critico è essenzialmente un ottimo e attento lettore. S’è anche un poeta, meglio! La critica è la ricerca dell’amore verso la Poesia, condivisa con chi scrive. Le stroncature non riescono a spezzare le penne dei poeti. I critici generano correnti, Apocalisse di pensieri, di idee. Ma l’unica vera corrente è il fiume eterno che ha spinto il primo uomo a sentirsi solo di fronte alla volta stellata del cielo, all’immenso fragore di una grande cascata, alla meraviglia di un fiore che diviene frutto, alla morte di un figlio tenuto tra le braccia. Io so che questo è, per me, “critica”. Come mi ripeteva il maestro don Michele Ricciardelli: “Molto meglio il silenzio, che farneticanti parole, di fronte alla lettura di un testo poetico”. Vorrei per questo citare parte dell’introduzione realizzata a questa raccolta dal valente critico letterario contemporaneo, Paolo Saggese, direttore della stessa collana nella quale è prodotta: “Ma la lotta è sempre solitudine, e perciò può significare sconfitta: (…) Ma domani il poeta si rimette in gioco (Ripartenza), perché vivere di rimpianti, di rancori, di silenzi, significa uccidere la grande Poesia, che c’è dentro di noi” (pag. 13).