lunedì 31 dicembre 2007

Archivio in «Carta sporca»

Ciao a tutti,
le pulizie di fine anno hanno portato questa piccola novità: «Carta sporca» (www.davidenota.splinder.com) sarà da oggi in poi da me utilizzato, e da voi utilizzabile, come "archivio" dei miei interventi sulla poesia.
Sono già consultabili on line i seguenti brani:

La carne [settembre 2004]
Oltre il privato [maggio 2005]
Per una poesia del margine [settembre 2005]
Lo stile della conversazione [settembre 2005]
Pasolini dopo Pasolini: gioventù incivile [novembre 2005]
Lettera a Gian Ruggero Manzoni [dicembre 2005]
L'eredità [gennaio 2006]
La posa del ribelle [febbraio 2006]
La poesia come esperienza [luglio 2006]
L'urgenza di sbagliare [novembre 2006]
La resistenza dell'umano [novembre 2006]
Una nuova poesia popolare? [dicembre 2006]
Umanesimo impuro [gennaio 2007]
Orfismo incivile: su Trovatori di Gianni D'Elia [maggio 2007]
Attorno ad un pamphlet anticlericale [maggio 2007]
La linea marchigiana non esiste [giugno 2007]
Questionario su Umberto Saba [giugno 2007]
Johanna Venho, Virtuosi incantesimi [settembre 2007]
Una nuova militanza? [settembre 2007]
Le "Satire cyborg" di Flavio Santi [ottobre 2007]
L'Io-mondo di Enrico Piergallini [dicembre 2007]
Un corpo senza posto: poesie inedite di Simone Lago [dicembre 2007]

Buon anno a tutti!
Davide

sabato 29 dicembre 2007

Nuovi sviluppi per la Poesia

Workshop presso l'Università di Bologna (poi Berlino, Londra, Roma, Parigi)

12 Aprile 2008

Cari tutti, nel farvi i migliori auguri per un sereno 2008 vi anticipo che si sta organizzando (alla follia partecipano Alessandro Ansuini e Luca Paci) una giornata sui nuovi sviluppi della Poesia Italiana Contemporanea che avrà luogo Sabato 12 Aprile 2008 all’interno dell’Università di Bologna. Il modulo sarà simile a quello adottato nella realizzazione del Workshop realizzato lo scorso anno a Bazzano, sempre nel bolognese: una parte di Workshop, prettamente teorica con dibattiti e scambi di testimonianze, pareri, esperienze, ecc. e una parte invece “effettuativa” con letture e performance. Questo di Aprile è solo uno degli appuntamenti in programma, il progetto è infatti su larga scala e coinvolgerà in questo 2008 sicuramente anche Berlino e Londra (e probabilmente anche Roma e Parigi) in un’ottica di lavoro finalmente di respiro europeo. Vi chiederei intanto di segnarvi la data e quanto prima confermare la presenza in qualsiasi modo preferiate (da relatore, a lettore, a semplice “uditore con facoltà di intervento”). Vi chiedo anche la cortesia di girare quanto più possibile questo invito. Grazie
Matteo

http://universopoesia.splinder.com/post/15232652

Riapre il blog di Atelier

Cari amici, riapre oggi il blog della rivista trimestrale di Poesia,
Critica e Letteratura «Atelier». Lo trovate a questo nuovo link:

atelierpoesia.splinder.com

Vi sarei grato se, nei limiti del possibile, poteste aiutarmi a divulgare
la notizia, magari inserendola tra i post dei vostri rispettivi spazi on
line. Sicuro di un vostro aiuto, vin ringrazio sinceramente e vi auguro un
buon 2008.

Massimo Orgiazzi

venerdì 28 dicembre 2007

scuola di poesia 3

poesia e TRASGRESSIONE

la poesia come arte che non può e non deve TRASGREDIRE – idee sulla dissoluzione dell'establishment – la catacomba e il fuoco (la resistenza vera è di altri) :

lapoesiaelospirito.wordpress.com

con ogni bene, sempre
massimo

Padre nostro donami futuro

Grazie ad Antonella Pizzo trovate alcune poesie di Alessandra Conte su

http://antonellapizzo.wordpress.com

e su

http://viadellebelledonne.wordpress.com/2007/12/25/da-breviario-di-novembre-di-alessandra-conte-invito-alla-lettura-di-antonella-pizzo/#more-1859

lunedì 24 dicembre 2007

Come a beato confine

recensione al libro di Stefano Guglielmin pubblicata su «Il Ponte», settimanale della diocesi di Rimini, Natale 2007

LiberInVersi – L’Antologia

(linkati gli autori presenti in farapoesia o Faranews)


Come annunciato lo scorso luglio
, è imminente l’uscita dell’antologia di LiberInVersi, che vedrà la luce editoriale in cartaceo a febbraio 2008. Curata dalla redazione dello spazio/blog, l’antologia, senza mettere la parola fine al processo di mappatura del paesaggio poetico italiano avviato nel 2005, manifesta l’esigenza di ritornare sul materiale raccolto, di operare una scelta e di approfondire la lettura dei testi selezionati. Il testo uscirà in una forma che tenterà di contribuire ad una possibile reazione alla situazione, a nostro modo di vedere, disastrosa in cui versa l’editoria italiana, specie sul versante poetico.
Con questo post si apre anche una sottoscrizione per verificare il numero di persone interessate all’acquisto dell’antologia, che avrà un prezzo oscillante tra i 7 e i 10 euro. Chiunque avesse già intenzione di acquistare una o più copie, potrà scrivere a liberinversi@livecom.it facendone esplicita richiesta e riceverà le indicazioni sulle modalità d’ordine non appena disponibili.
Qui di seguito un’anticipazione del titolo e degli autori scelti e analizzati. A tutti, lettori e autori di LiberInVersi, un sincero augurio per un Sereno Natale e buone feste.
LiberInVersi sospende per il periodo natalizio la sua attività consueta, ma dedica spazio in questi giorni all’antologia. La programmazione convenzionale riprenderà domenica 6 gennaio con i testi di Franco Buffoni.


LEGGERE VARIAZIONI DI ROTTA

L’ANTOLOGIA DI LIBERINVERSI


A cura di

Chiara De Luca, Stefano Guglielmin, Pierluigi Lanfranchi,

Luigi Metropoli, Silvia Monti, Massimo Orgiazzi, Alessandra Palmigiano



FABIANO ALBORGHETTI – CRISTINA ANNINO – CORRADO BENIGNI

ALESSANDRO BROGGI – ANNA MARIA CARPI – BIAGIO CEPOLLARO

CLAUDIO CHIANESE – ANTONIO DIAVOLI – PAOLO FICHERA

GABRIELA FANTATOMATTEO FANTUZZI – ANNA LAMBERTI BOCCONI

ISABELLA LEARDINIFRANCESCO MAROTTALUIGI NACCI

ALFONSO MARIA PETROSINO – LUISA PIANZOLA – ANDREA PONSO

DAVIDE RACCA – MARY B. TOLUSSO

Concorso di poesia - Un fiore di parola -

Finalisti (in ordine alfabetico)

v. qui

(linkati gli autori di cui o su cui potete leggere cose anche in questo blog)

Andata e ritorno (dov’è il mare?) - Acquafredda Pino
Strappi le lettere - Adernò Sebastiano
E noi - Alvisi Dario
Ragazza di Lisbona - Bianchetti Monica
Mostar (1977) - Bianchi Gabriella
Aleppo - Bonomi Cristian
L’ultima volontà ignora il veleno dello scorpione - Burgazzi Riccardo
Azzurra sfida - Capecchi Loriana
E io di tre anni - Casadei Franco
Compagni - Castronuovo Rosario
nelle quattro stagioni - Celli Vincenzo
ospite in collina - Corvese Vanna
Sulla strada - D’Altilia Grazia
Allora, anche. - Di Gianni Lino
Lela improvvisamente - Di Iorio Rosanna
Certe parole - Franceschini Francesco
Un graffio oltre la porta - Galilea Benito
L’orizzonte - Genovese Salvatore
Ci si siede ovunque - Giovannini Eleonora
incontratesi - Grotti Esther
Con qualsiasi nome tu - Guerrina Marco
Biennale 2007 - Giardini Gusmatti Gianna
Destino - Incardona Valentina
Il viaggio di andata - Lalla Michele
Seta di strega - Longo Silvia
La vicina di casa - Loreto Paola
per il nervo inesistente - Mari Lorenzo
Autoritratto di un incapace - Marzii Filippo
Corridoio - Masella Antonio
‘Yo ne mochte hablar parole nuove’ - Milanese Antonio
Il filo - Mocci Gabriele
La nostalgia della luce - Mugnaini Ivano
Pausa - Olivi Terry
Vedi le cose passano come nubi - Pagelli Claudio
Stojan - Penco Sergio
Quello che dici è la mia runa - Ramberti Alessandro
ti prego, come se, come - Sannelli Massimo
qui si muore d’inedia - Saraceni Carla
Holy-days - Savino Mauro
Alla nuca - Tarabella Eleonora
Diagnosi di un amore - Vicaretti Umberto
Hanno occhi scuri, i fondali. - Zinetti Liliana
Bernard Pyne Grenfell (1869-1926) - Zoia Serena

Come dire Buone Feste

Questo è un invito a leggere alcuni miei scritti

Ce ne sono di nuovi nuovi (comunque tutti inediti su carta)

sono ospite in un bel blog che di sicuro sarà molto apprezzato

l’indirizzo è questo: alveare.splinder.com

e si può anche lasciare un messaggio!

Ciao
giovanni

venerdì 21 dicembre 2007

nato postumo

di Vincenzo Celli


nato postumo
forse nemmeno

rimango imbalsamato
al vetro invalicabile
di un silenzio nervoso

il cane con tre zampe
mi fissa poi riprende
a litigare con la strada

porto i segni
del tempo che frusta
lasciando tacche sulle braccia

e tu che non sapevi
che non hai mai saputo
delle cose che fa la neve per non morire
delle cose che ho fatto io
per sentirne il sapore sulla punta della lingua

Concorso "Con gli occhi di ieri e di oggi" 9-2-08




(cliccare sulle immagini per ingrandirle)

Premio Letterario Internazionale di poesia "Con gli occhi di ieri e di oggi"
Settima Edizione 2007/2008 Scadenza: 09 febbraio 2008
INFO:
E-mail: associazionesanmichele@virgilio.it
Telefono: 338.7626298
sito: www.associazionesanmichele.net
La partecipazione è gratuita;
Il Premio Letterario è aperto anche agli Italiani nel mondo.
1^ sezione - riservato agli adulti domiciliati in Italia e a quelli di origine italiana domiciliati all’estero.
2^ sezione - riservato agli studenti delle scuole elementari, medie e superiori del territorio nazionale e a quelli di origine italiana domiciliati all’estero, iscritti alle scuole equiparate.

martedì 18 dicembre 2007

Invito agli insegnanti (e non solo)

In relazione all'annosa questione: docenti sì, docenti no?
vi invito molto umilmente a leggere il post "Lavorare come docente" nel mio blog www.sequestocosmo.wordpress.com
Saluti
Francesco

lunedì 17 dicembre 2007

Fariani sulla «Mosca di Milano»

Sul numero 17 appena uscito della «Mosca di Milano» sono recensiti alcuni autori pubblicati da Fara:

Massimo Sannelli
William Stabile
Gëzim Hajdari

La sezione Macroscopio della rivista è del resto ricca di succose recensioni e ve ne si può trovare anche una mia (non so quanto succosa) a Il non potere di Davide Nota.

Su Voci d’osteria di Franco Loi

Mondadori 2007

recensione di Guido Monti

Poesia metafisica l’ultima raccolta di Franco Loi Voci d’osteria.
Metafisica che viene dalla strada polverosa di ogni giorno dalla quale come un sussulto, un borbottio, si leva la voce polifonica di tanti uomini accartocciata, dimessa o dismessa, a volte disfatta.
Dicevo poesia metafisica perché registra letteralmente “l’oltre” di queste voci dalla matrice terrosa sanguigna, verso l’interrogativo ultimo dell’esistere.
Si badi interrogativo quasi mai diretto ma sempre sotteso e parlante nel complesso nodo della vita che può manifestarsi sotto forme diverse, come per esempio nello scorno delle relazioni famigliari, «Io alla mia donna, voglio un sacco di bene. / È il suo carattere che è di gran puttana… / … una volta l’ho strozzata con le mie mani, / e un’altra l’ho abbrancata per un piede / e fuor dalle finestre d’un quinto piano / l’ho fatta penzolare come un bambolotto… /» o nel sesso, travestito a volte da sentimento, che viene come gesto d’impulso e oscuro e che traversa ogni uomo santo o meno.
«Io il mistero dell’amore non l’ho mai capito… / … ne bacio una e voglio bene a un’altra… / nello stringere e fingere mi prende una specie di dolore, / una puttana di pensieri, un cane che sbava, / la voglia di scappare, una troia di tormento… /… e quando non ci sono le donne, tira la rapa / nel letto e ti si spezza il sentimento… / tu va a capire l’enigma che è l’uomo! / …»
E questo stesso farsi e dirsi esperienziale, che macera e parla nei corpi, è la domanda di tutte queste voci «L’ho vista nuda, mi ha tirato l’uccello. / Adesso è lì morta, e l’aria sembra giocare / sul corpo di lei, tra quelle lenzuola e le mani, / e io ci cerco tra quel muovere dell’aria, / con la voglia di niente, il mio sognare.»

La terra quindi come luogo ontologicamente interrogativo e dove intanto il buio s’espande sul fare degli uomini incapaci di ritrovarsi.
Quasi che sotto gli occhi del lettore, passassero in filigrana poesie tutte con una invisibile domanda: esistere forse per nulla? perché esistere?
«Si vede la luce nel nascere, ma poi ci perdiamo / ché nella vita non troviamo più la luce… / dentro nel marcio, nel fondo del buio noi nuotiamo, / come i pesci morti, gli stronzi, le cose da buttare…»

Loi registra il battito sincopato nervoso di queste voci, la temperatura interna del loro dire, che quasi come un rantolo si spande nella melma, nel sottosuolo di ogni giorno, s’espande per darsi una più totalizzante esclamazione, l’esclamazione che canta la canzone urlata e aggrovigliata e non sentita dalla società contemporanea.
«Se parlo da solo quando cammino, / non è che sono coglione o imbalordito, / ho qualcosa da dirvi e nessuno altro / mi viene incontro per ascoltare lo sfogo…»
Quel “nessuno”, è lo stampo della società d’oggi, nessun ascoltatore che abbia la misura dell’ascolto.

Il poeta poi nel registrare questo dialogo convulso, collettivo, è come se prendesse nota anche del tono malandato, direi disperato della sua stessa voce testimone di questo tempo muto.
«Milano si consuma nel triossido / e tra queste case che paiono morte agli uomini, / c’è solo il vento a muovere i panni che pallidi / stanno alla corda come i rami ai pomi / che aspettano la pertica che li tiri giù /… / soltanto me nessuno chiama giù. /…»
Società avanzata, che per paradosso ha fatto scendere i suoi uomini sotto terra, realizzando così quello spazio infernale e irredimibile figurato dall’arte: «Si va tra le pubblicità e i bottoni degli uomini / fra il buio degli occhi nel ventre del metro / che sono come il segno di quel che accadrà: / figli delle terra sotto l’acqua del respirare… / Ah quanta notte, … / come si disgrega il mondo nel suo imbestiarsi! /… guardano gli uomini il vuoto che hanno tra le facce… /Ah nero metro, caverna della storia! / Si va senza sapere chi tornerà.»
Collettività tecnologicamente evoluta, nella falsa riga però della fabbrica centenaria, che dettava e detta tutt’ora col suo tempo meccanico, un ritmo agli uomini, una cadenza di sottrazione della vita, dei suoi bioritmi.
«… la fabbrica prima ti mangia e poi ti caga, /… / ti ruba il tempo, ti ruba la coscienza, / il fiato ti ruba, e l’aria, il sentimento… /… /Ma le fabbriche le abbiamo addosso, fin dentro casa, / fin nel letto….tra te e tua moglie…»
È dolente in Loi questa istantanea nitida mai offuscata del vivere d’oggi, questo immiserimento umano senza riscatto «… e quelli che nascono oggi non hanno speranza… / … siamo figli d’un povero Milano pieno di boria, / con la coscienza sporca e la pazienza / di lavorare, chiavare farsi verdi come ramarri… / Ma su, non abbiate paura! Con tanta sapienza / non siamo nemmeno capaci di pisciare, e il nostro essere / si scioglie in un soffio d’aria, in meno di niente… / e il nostro sapere si fa carta ci cesso.»
E questa continua frenesia, col fiato corto, senza direzione senza riflessione addirittura di corsa sino alla bara: «Donne che hanno fretta, uomini che lavorano, / gente che corre e non sa mai dove andare… / Il prima e il dopo, amici, non si può mai dirlo / ché noi balordi siamo dentro il lampo del vivere / e il troppo darsi da fare è figlio dell’ignoranza, / una corsa alla bara nell’affanno del morire.»
E questo aprire il petto dell’uomo figlio delle mai sepolte “magnifiche sorti e progressive”, questo suo gonfiarsi furioso che lo porta ad essere il misuratore del perimetro umano.
Dice ancora Loi: «Se l’uomo misura il mondo, chi misura / il modo di misurare dell’uomo e la misura? /… ché noi nel misurare falsiamo il metro / ché ci piace comunque farci belli nel giudicare… / E allora lasciamo fare ai grandi sarti / ché anche dio ha sempre tanto da fare…»
E forse l’uomo non solo non può misurare ma non può essere misurato per il suo stato di precarietà e finitezza dentro la vita terrena «“Carletto, vieni qua… vieni qua che ti misuro…”/ “misurare cosa, eh? … misurare cosa?”/ “Ti misuro l’ombra della cassa… /che tanto nel corpo non c’è niente da…”»
E ancora i figli dei figli di questo sbigottito andare senza direzione, che assume il verso a volte di una violenza occulta: «Ci sono giovani che tu vedi già morti… / adesso ti vengono addosso anche in metro… / loro, i padroni del tram, la razza nera, / che fanno soldi con gli occhi e ti derubano / perfino l’anima nel tuo letto da sera..»
Violenza dicevo e facile guadagno, facile divertimento, in cui il senso del sacrificio si occulta nel lampo del godere dell’attimo: «Te la ricordi, Gino, la fatica / i giorni del carneval per trovare un centesimo? / Oggi è uno spasso anche a essere mocciosi. / Ma guardali lì, questi stronzi, han tanta figa /… / Non c’è più religione! troppa abbondanza e confusione! /...»
Questa lacerazione, frantumazione dell’orizzonte umano si fa poi più evidente proprio quando il poeta per contrasto, gli sovrappone nitide diapositive di paesaggi marini, «Nel gioco io vorrei come un ciuffolotto / perdermi nell’aria, essere foglia nel volare, /farmi grandi risate e andare nell’acqua nudo / e l’onda è ancora aria nel nuotare / e non siamo più noi, ma corre l’acqua nel vento / e l’aria si fa noi nel suo fiatare», o di luoghi anche cittadini ma traversati per un attimo di natura come la pioggia che informa di lentezza fluviale i viali d’una Milano altra: «Come piove! Come fresca la città nel piovere! / quel verde del camion, l’ombrello che cammina, / la luce del tram che scivola a stento / e io che sogno il fumo d’un amore lontano / … e c’è la luna e tanti uccelli nel cielo, / e un piovere che nel pensiero vien su dal mare,/ un’onda che torna e che lascia il fiele / d’una Milano che dorme senza gente.»

Assistiamo qui ad una parola che si quieta, si distende si fa preghiera naturale.
A volte invece è capovolta nei toni interlocutori ed ironici verso un loro impersonale: «Come ce l’hanno imbrattata, Dio, questa nostra vita, / quando sarebbe così bello guardare nevicare / e guardar piovere… / e correre le strade e con gli amici pisciare…»
Il poeta è queste voci che si fanno protesta drammatica nel loro dire di bestemmia, «Che vita sciatta! tra le rondini che si beccano /… Ah madre avara, / che mi hai messo al mondo senza pensarci!» o è la voce essenziale del panettiere che dalla saggezza d’un mestiere antico dice “… / ... noi siamo poeti… piccoli e forestieri… / senza padre né madre... siamo brutta gente… /ai quali il giorno è come la notte nel buco del prestinaio... /…» nasce insomma da tutte queste presenze del mondo e nel mondo e poi ne fa summa nella sua pagina per un dire unico e insieme molteplice.
Franco Loi credo ci suggerisca di percorrere la strada del vissuto, quella più fonda, degli uomini drammaticamente inascoltati perché ultimi di una catena, occorre insomma per intenderla questa vita rigirarla da sotto perché «non basta infilare belle parole, / occorre segnarle con l’olio, e, sacramento, / con l’unghia della vita, e con le noci amare / che abbiamo cagato fuori dal sangue del sentimento.»
Gli spunti di riflessione esistenziale si intrecciano, si parlano e Loi da esploratore di quella sottilissima dimensione che terrena svola verso qualcosa d’altro, dà forma a questi interrogativi, li accende come quando ci parla in una poesia, del sonno umano visto nella sua dimensione doppia di riposo ma anche di abbandono e perdita di quel senso razionale che ci fa essere coscienti alla vita «… / gli occhi chiusi, un peso d’ombra scura / appena sopra il naso, un dimenticarsi la vita… / sta li quieto, poi arriva all’improvviso / e tu senza accorgertene ci sei già dentro… /… non c’è nemmeno il tempo di dire e di sorridere, / già l’aria la respiriamo senza più vedere.»
Questo respirare senza più vedere, è lo stato di pre-morte, è la visione anticipata di quell’esserci finale d’ognuno.
Il tratto poi che imprime nelle poesie finali del libro all’uomo-padre-vecchio è quello di un corpo traversato e consunto dalla vita, dai suoi colpi ed è come se in fondo, nel fondo di quella esistenza, fosse passato senza traccia con la mente fissa a un pensiero o a qualcosa...
«C’è un giornale tra le mani bianche di mio padre / e lui sorride come nel pensarsi… /… e gli occhi guardano qualcosa nel passare del tempo… /… sta lì nel vuoto, è lì come nel ventre / d’un suo soffiare dell’aria e dimenticanze… /… un fiato nella pazienza di aspettare, / una vita che sembra spersa nella mente.
L’uomo-padre visto poi nell’ultimo momento dopo la morte, assume una sembianza in-figurabile come in-figurabile si prefigura la possibilità oramai svanita di capire la dimensione paterna nel farsi della sua storia sociale ed individuale: «Gli occhi sono sciocchi nell’aria dietro la morte, / la mano di palta su un lenzuolo tutto bianco / mio padre guarda il sole come fosse notte… /… Dov’è? cos’è? mio padre? Cosa se n’è andato? /cosa rimarrà di lui nel venire del verde /… sono qui a guardare uno sconosciuto fatto niente / e adagio si perde del padre la mia eterna / fatica di capire l’aria il suo tempo.»
Quell’ “adagio” è terribile piolo che batte e s’incunea nel vero delle relazioni umane destinate a disunirsi, come lentamente, nel chiaro volere-destino umano.

Aiutami a truccarmi di versi mai scritti (Lucetta Frisa)

Analisi del valore del ricordo che come elemento insostituibile di un puzzle è lì al suo posto oppure ce lo mettiamo noi, magari ad anni distanza, magari de-formandolo, o meglio ri-formandolo per adeguarlo al nuovo disegno che il nostro vissuto ha composto (e qui disegno e vissuto sembrano alternarsi nel ruolo di soggetto e oggetto). Il ricordo (non solo mentale, ma anche istintivo, dei sensi) è dunque il permanere più o meno alterato del passato, la memoria che ci dà consapolezza di quel che siamo e quindi ci fornisce la materia dei desideri, della nostalgia, delle proiezione e delle emozioni. Tutto questo viene giocato con una giusta dose di ironia, efficaci understatements e riusciti colpi di teatro: «neurone cellula fibra / appare / appena raschio l'intonaco / ombra tagliata di striscio», «Vorrei cambiare vita / abitudini faccia casa stile /in poche parole: morire.», «Voglio un luogo di pace nella mia pelle. / Nessun luogo è beato – mi dici – / si tratta solo di scegliere tra inferni.»


da L’altra di Lucetta Frisa (Manni, 2001)

**

Dove sta il ricordo
in quale casa
in quale mattone
neurone cellula fibra
appare
appena raschio l'intonaco
ombra tagliata di striscio
e non parla italiano
nessuna lingua di padre o madre.

**

Vorrei cambiare vita
abitudini faccia casa stile
in poche parole: morire.
Ricominciare
con uno scarabocchio stupefatto.

Aiutami a comperarmi abiti nuovi
aiutami a truccarmi di versi mai scritti.

**

Impazzisci, impazzisci –
è una questione di millimetri.
I pensieri sotto il respiro
l'occhio sottoterra
non resistono più di tanto
– se ne vanno.
Che aria tira nella mia nicchia
nel pianto
tra le parole terapeutiche
che aria c'è?
Voglio un luogo di pace nella mia pelle.
Nessun luogo è beato – mi dici –
si tratta solo di scegliere tra inferni.

**

Làsciati andare
spegni la luce
andare dove
dove si va
dopo l'ingresso nei sogni?
Qualcuno veglia ferocemente
o è solo un velo appena mosso.
Non si sa.
Anche i sogni si aggirano in prigione
anche le stelle.
A volte le parole comandano
tra loro si parlano
strappano dalla testa grovigli
e se ne vanno sfondando buchi
– piccoli universi
dove stavo prima di loro.

**

Scrivesse in follia i veri saggi non scrivono sono
la loro parola gli animali non scrivono
sono dentro di loro perfetti nessuno che voglia
cancellare il mondo neppure cambiarlo o rimpiangerlo
una radiografia la sua scrittura
di nervi e sinapsi, il dono vorrebbe
– sacro – di non scrivere quello che non si può.

**

Se avesse un dono
per strisciare biscia a terra
amore avesse come a piedi nudi si va
verso un tempio o gli uomini
Dio avesse
follia avesse
voragine nello stomaco affamato di esistere
esistere anche nel buio con le labbra morsicate
(ricorda solo scene d’infanzia come sogni)
avesse il dono della realtà
e volesse incendiarla
non lasciarla mai illesa, mai in pace
quando era viva con la sua prima parola
la sua prima poesia la sua prima morte
e non così lontana
fatta insensibile dalla malinconia
in una stanza riscaldata.

**

Dobbiamo avere dignità
– perché si parla solo coi morti i folli gli spiriti delle cose
balorde e inutili –
la muta dignità degli animali morenti.

Così si dissero quella sera
incoronandosi re e regina
davanti alla notte.

**

L'oscurità ha le sue mappe di materia
perché allora non parlare della luce
non sa come rispondere per lei è la stessa cosa
perché i vuoti si colmano e ritornano vuoti
secondo i suoi pensosi umori.
Non si chiede più da dove viene
e soprattutto dove andrà:
il futuro è un po' di luce atterrita.
Il cielo del sogno scioglie i nodi
e lei non sa se sta dormendo o veglia
o se follia la culla.

**

Ciò che qui non appare è anche altrove materia
materia la luce che come notte scompare
e il volo radente del nero lunare
prende nella sua scia e si resta muti
sapendo che sottoterra siamo nati
e in mezzo alle parole non c'è fiore.

**

Le nuvole avevano colori le venivano addosso
a volte bianche a volte oro rosso lei si fermò
le bastò un brivido un colpo di vento e grazie disse a voce alta
grazie a voi nuvole entrate con prepotenza nelle mie lacrime.
Non nascerò più, pensava, ora sto nel respiro del colore
di una mente appena morta che deve assestarsi così per secoli
per secoli ragionando in lingua atona bianca.
Non scrisse più. Non seppe più scrivere. Non ricordò neppure l'alfabeto.
Dunque, dicono di lei, che non ebbe più parole.

Solo visioni.


Lucetta Frisa è nata e risiede a Genova. È poeta e traduttrice. Tra i suoi più recenti libri di poesia: La follia dei morti (Campanotto, 1993), Notte alta (Book, 1997), L’altra (Manni, 2001), Disarmare la tristezza (Dialogolibri, 2003), Siamo appena figure (GED, 2003) e Se fossimo immortali (Joker, 2006). Ha tradotto Emily Dickinson, Henri Michaux e due libri di Bernard Noêl (Artaud e Paule, 2005 e L’ombra del doppio, 2007), entrambi per la collana I libri dell’Arca delle edizioni Joker, di cui è curatrice insieme a Marco Ercolani. Collabora a diverse riviste come «La mosca di Milano» e «La clessidra» ed è presente in antologie, tra cui Il pensiero dominante (a cura di Davide Rondoni e Franco Loi, Garzanti, 2001) Trent’anni di Novecento di Alberto Bertoni (Book,2005), Altramarea a cura di Angelo Tonelli (Campanotto, 2006), La poesia erotica contemporanea (Atì, 2006) e Voci di Liguria (a cura di Roberto Bertoni, Manni 2007). In coppia con Ercolani, scrive libri di storie immaginarie e non, come Nodi del cuore (Greco&Greco, 2000) e Anime strane (ibidem, 2006). Con i suoi racconti per ragazzi collabora al quotidiano «Avvenire». Tra i diversi riconoscimenti, i più recenti sono il Lerici-Pea, 2005 e Angeli nel cielo del Cilento, 2007, entrambi per l’Inedito.

3^ di Avvento domenica 16 dicembre 2007

di Ivan Nicoletto

Is 35,1-6.8-10; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11

Le immagini, le situazioni che ci offrono i testi appena ascoltati, assomigliano molto alle circostanze che anche noi stiamo vivendo.
Anche noi patiamo paesaggi deserti e terre aride, minacciate dal surriscaldamento o dagli sfruttamenti della terra. Ci sono molte persone che hanno smarrito la speranza, in balia delle guerre devastanti o impoveriti dai mercati o disorientati dall’ingiustizia dilagante, delusi magari di se stessi, dalle proprie incapacità… Possiamo immedesimarci con lo sguardo dell’agricoltore, descritto dalla seconda lettura, che guarda alla terra, arata e seminata con fatica e dedizione, avvolta ora da una crosta di ghiaccio. Tutto traspira desolazione. Non si riesce proprio ad immaginare un raccolto rigoglioso…
Tuttavia, al cuore di queste situazioni drammatiche e disperate risuona un’altra voce, diversa da quella spossata dallo sconforto. Una voce che riaccende la gioia, la speranza: “Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi… gioia e felicità germoglieranno”. Gli fa eco la lettera di Giacomo: “Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina”.
“La venuta di Dio”, come ce l’attesta tutta la Bibbia, non è mai qualcosa di estraneo alla nostra umanità ma corrisponde a delle fioriture della vita che accadono inaspettate nelle nostre quotidiane esperienze di vulnerabilità e di contingenza, di minaccia. Ogni volta che si creano situazioni gravi, magari prove insostenibili, in cui la vita personale o comune viene messa a repentaglio, insorgono voci di uomini e di donne che instillano in questi deserti del cuore e della storia delle prospettive incoraggianti, arrischiate e fiduciose…
Con il poeta inglese Gerald Hopkins potremmo dire che in ciascuno di noi possono risuonare due echi, che lui chiama l’eco di piombo e l’eco d’oro, l’uno inerente all’altro, come due poli opposti, che convivono.
La prima eco, quella di piombo, grida “dispera!” considera che c’è tutto da perdere, che tutto è segnato da vanità, che ogni sforzo è fallimentare, che tutto è incerto e viene stritolato dalla fatica, dal male e dalla morte, e non vale la pena illudersi di niente… Ma contemporaneamente, mentre tutto è messo a repentaglio e spezzato, risuona l’altra eco d’oro che, invece, grida “spera!” Nulla va perduto, tutto è possibile! Ogni spada può tramutarsi in aratro, ogni bomba trasformarsi in videogiochi. C’è un serbatoio inesauribile di energie non ancora impiegate da investire nella semina e nell’attesa. C’è un’Energia creatrice e amante all’opera, che cova nel tempo, nei corpi, nell’immaginazione, nei cuori, e ciascuno è chiamato ad accoglierla, a farsene tramite perché diventi pensiero, decisione, accoglienza, ascolto, servizio, dono da offrire. E questo non perché viene da noi, ma perché la Sorgente di quella eco, di quella vibrazione luminosa è molto più profonda e ricca di quanto noi possiamo immaginare.
Così il corpo di Gesù si apre senza riserve alla forza creatrice dell’Amore che egli chiama Abbà, e la immette nell’esistenza, la fa fluire attorno a sé, rendendo possibile che i ciechi vedano, cioè che le persone che percepiscono il mondo solo come tenebra e disperazione inizino a percepire dei raggi di luce. Egli opera perché i prigionieri delle proprie gabbie psichiche, mentali o culturali siano liberati. Egli ridona dignità a tutti i rifiutati, gli esclusi, gli scarti delle nostre società. Egli dona la capacità di ascolto a chi è diventato ormai sordo all’invocazione o al silenzio. Egli non spegne il lucignolo fumigante ma lo alimenta di felicità; non proferisce condanne ma beatitudini…
La salvezza, con Gesù, viene nel mondo non come una Presenza giudicante e incombente, che incute timore e senso di colpa, ma come invito ad acquisire fiducia di sé e degli altri come semi che Dio stesso ha seminato; semi di pace e di giustizia, di felicità e di condivisione che egli sparge e coltiva nel tempo con grande speranza.
Dio spera in noi. Si addolora quando invece spargiamo il sangue di Abele. Egli ha una pazienza geologica nei confronti dei tempi lunghi e travagliati delle nostre crescite, evoluzioni, involuzioni, riprese… Egli viene confidando nella nostra accoglienza. Si affida nelle nostre mani perché conduciamo una lotta coraggiosa contro le pulsioni di morte, di distruzione, di violenza e di paura.
Il Signore viene. Inaugura le sue venute come quella di Gesù, che libera dal male e dalle oppressioni. Il Battista stesso, che pure è il suo precursore, pensava che l’inviato di Dio che stava per venire si sarebbe abbattuto sul mondo come una scure sulle radici degli alberi, come fuoco sulla pula, come trebbia sul grano… ma non si sente né si vede nulla di tutto questo in Gesù a proposito di scure, giudizio, tono aspro, fuoco e trebbia… e Giovanni si chiede perplesso: “Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro? È questa la salvezza che si può e si deve attendere?”. Anche lui, il più grande, resta sulla soglia. Dissoda il terreno per l’imprevedibile cosa nuova che Dio compie in Gesù.
Anche ciascuno di noi potrebbe chiedersi se le venute del Signore oggi non ci colgano di sorpresa, ci lascino perplessi come lasciarono il Battista:
Se Dio venisse nella secolarizzazione, sciogliendo le separazioni fra un mondo sacro e un mondo profano?
Se Dio venisse nella morte di Dio come garante dell’ordine morale, politico o religioso; morte di un Dio impugnabile come spada per difendere valori che invece fanno soffrire moltitudini?
Se Dio venisse nelle potenzialità conoscitive che abbiamo acquisto, che ci mettono in grado di sovvertire l’ordine della natura e perfezionare altri mondi?
Se Dio venisse nelle religioni degli altri, mostrandosi incontenibile da ogni religione?
Se Dio venisse nel pensiero diffuso “debole”, segnato dal relativismo e contaminato, per intaccare i punti fermi e i valori non negoziabili per piegarli a compassione sull’umanità abbattuta?
“Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”
Oggi siamo invitati a non cercare le venute del Signore in gesti eclatanti e mozzafiato, ma ad investirci nei miracoli quotidiani che irraggiano carità, vicinanza, gratuità… che tutti possiamo compiere ogni giorno, ogni attimo della nostra vita.

Nono quaderno di poesia contemporanea a Firenze 20 dic

Firenze, Libreria Caffè La cité
(Borgo San Frediano 20 rosso)

giovedì 20 dicembre - ore 19:00

Presentazione del Nono quaderno di poesia contemporanea

Marcos y Marcos

a cura di Franco Buffoni

Leggono:

Alessandro Broggi, Maria Grazia Calandrone, Mario Desiati,
Massimo Gezzi, Marco Giovenale, Luciano Neri, Giovanni Turra


Interviene Cecilia Bello Minciacchi.
Introduzione di Tommaso Lisa


http://www.lacitelibreria.info/
tel. 055 210387
mail: info [at] lacitelibreria [dot] info

giovedì 13 dicembre 2007

Poesia senza adsl a Roma 14 dic

Letture e altro a Pesaro 14 dic

Venerdì 14 dicembre
presso il centro sociale di
piazza redi, Pesaro
(sopra il cinema Odeon)

serata di Jam Session teatrale:
performance di musica, letture, danza
teatro e molto altro…

chi fosse interessato a partecipare
(sia come protagonista sia come spettatore)
ore 22 circa
inizio spettacoli

p.s. nel caso foste interessati,
potreste girare l'email ferri.loris(at)libero.it ad amici… (at) va ovviamente sostituito con @

grazie per l'interesse
a presto
Loris

mercoledì 12 dicembre 2007

Sanchini a Bologna 15 dic

con piacere vi comunichiamo che

Sabato 15 Dicembre 2007
dalle ore 18.00
Presso la sede della Jar Edizioni
Via Zucchini 9/M, Bologna


presenta la mostra

INCISO di Laura Scopa
a cura di Massimiliano Cecconi
Presentazione di Elisabetta Bovina
Poesie di Stefano Sanchini
Performance INCISO n.2
di Laura Scopa
Musicisti: Stefano Mancini, Giuseppe Minaudo, Patrick Rizzi

Poesie di Turra Zan

Sul sito viadellebelledonne.wordpress.com
potete leggere alcune delle poesie di Giovanni Turra Zan (vincitore del concorso Pubblica con noi 2007 e inserite nella antologia dei vincitori appena uscita) assieme ad inediti e ai commenti di Antonella Pizzo e dei naviganti. Buona lettura!

Da “Il Lavoro del Luogo” (Fara Editore 2007)

si taglia il sonno a poco a poco, come
per formare l’uomo notturno, il ladro

per eccellenza. sangue in testa e nel sesso
non si scavalca il dio, pena la malattia
pedaggio alla trascurata età, devota tassa.
il nero di fronte sentivi eccede la forza
assorta.

martedì 11 dicembre 2007

Forse c'è un tempo esatto per tornare (Luciana Manco)

«… nascevo corpo ed aspettavo anima»: che sfolgorante sintesi del percorso umano di ciascuno di noi: «Guardami ancora mentre respiro il tempo. / Che ci minaccia di distanze. / Che torturiamo di assenze. »
Per la forza carnale questi versi hanno tratti comuni con la poetica di Tiziana Cera Rosco, per la vorticosa autoanalisi e l'uso di un linguaggio volutamente quotidiano eppure chirurgico ci tornano alla mente le poesie di Chiara De Luca, per la pietas visionaria e cruda quelle di Loris Ferri. Sono solo suggestioni, echi che rimandano a voci che restano nelle fibre e vengono elicitate da voci affini: forse questi autori, ciascuno a modo suo e con una cifra insostitubile, incarnano nelle loro parole il quid di una realtà non facile, contraddittoria e tendenzialmente atarassica, e ci provocano e ci scuotono e ci dicono che è necessario essere responsabili, solidali; che c'è bisogno di persone che sappiano mettersi in gioco oltre l'asfittico mondo dell'io.


Taglio

Frugavo tra i ricordi di mia madre,
quando ho trovato il sogno di me assente.
Che nascevo corpo ed aspettavo anima.
Che miagolavo al neon ed ero cieca.
Ho simulato spiriti e sentimenti.
Incartati e plastici. Elastici.
Casse di banconote false per comprare mezzo sorriso vero.
Fucili lucidi di mani che hanno sparato a zero.
Poi un taglio sul telo rosso svela gli occhi di un fratello.
Figlio della parola.
Vittima della gola.
Perverso e sacro come un parto.
Scavato e cavo come un pianto.
Stanco e ancorato nel mio porto.
Che cerca silenzi, che cerca conforto.
Che tocca gli addii e li rende lontani.
Parlando di me, tagliuzzando ricordi.
Coriandoli di voli non ancora accennati.
E fiabe da leggere con le dita.
Succhi di ingenua trasparenza da ingoiare.
E sapore di manna.
E prigioni di castelli aggredite dalla tua musica.
Luce artificiale che è verità falsa.
Che svela ogni velo.
E notte senza viso che si inginocchia sul mio grembo.
Guardami ancora mentre respiro il tempo.
Che ci minaccia di distanze.
Che torturiamo di assenze.
Perché ti appartiene il niente e il suo contrario.
Perché cade la pioggia a due passi da qui.
Dove si ferma il torrente.
Ed ogni stilla distilla le lotte e le morti.
Di padri troppo giovani per non lasciare sassi.
Sassi di forza e di coraggio che tu hai scagliato contro il vento.
Non farti portare via la soluzione dell'incanto.
Tienimi dritta nel volo acuto della mia mente e dell'aquila folle.
Piuttosto che lasciarti andare baratterei le dita con le righe.


Cenerentola

Forse c'è un tempo esatto per tornare.
Gallerie di mostri da deridere per non morire.
Fogli di riviste di ieri sotto gabbie di rimpianti.
Cosa hai lasciato sul soffitto nei tuoi pomeriggi dilatati?
Costellazioni di foto di altri, le loro mutabili espressioni.
Hai chiesto al tuo vicino quante volte ha sentito
il tuo cancello sbattuto sui sogni?
Ho piantato radici senza acqua.
E sono cresciuti dolori.
Ma poi basta il luccichio dei denti
per risanare il cieco addormentarsi.
Si chiama "sorriso" ed è una parola così scontata
questo tuo scavarmi?
Bruciava la chiesa alla mia destra
il giorno del mio battesimo.
Perché sapevo già di buono
quando mi ha morso il desiderio.
Poi ho raccattato braccia ai lati delle strade.
Sapevano solo stringere e sanare.
Non sapevano rialzare.
Non sapevano lanciare.
Da questa piazza alla tua voce
sono arrivata strisciando.
Mille indici puntati ed io sto ancora sparando.
Le piroette e i vortici dei miei capelli.
Le geometrie e gli incastri
degli umani, dei cervelli.
Tu lo senti il gocciolare del vino aspro del tramonto.
Eri ubriaco quanto me quando mi amavi nel sonno.
E rasentavi margini di porto.
Raccogliendo ali di salsedine.
Che durano poco.
Che ardono gli occhi.
Dalle tue labbra ho udito lo schiocco della carrozza.
Il rintocco della mezzanotte.
Il pavimento rotto dalla scarpa.
Cenerentola che uccide le sorelle.
Che tradisce il principe.
Ho sfigurato le visioni e le fantasie.
Ho vibrato di ossa e vene gonfie.
Sono qui.
Se vuoi ingoiare baci liquidi di miele.
La luna è un'unghia.
Devi seguirla.
Sono dietro la più stupida stella.
La più bella.




Genitori pallidi di arte inespressa in espressioni folli.
Sferro pugni al buio che mi risponde in sbadigli.
Due passi indietro ed uno di lato e sono punto a capo.
Nel mio angolo di luce di fiammifero.
Di soffio assassino. Di mani barriera che bruciano. Che amano.
Sai che nei tuoi piedi c’è la rincorsa e il salto a vuoto.
C’è uno sparo a salve.
Sai che ho decimato i miei sì e ne ho lasciato uno piccolo e senza accento.
Sai che ho urlato così forte, un giorno, da rendermi visibile alle stelle e al loro ritorno.
Sai che non hai mai saputo niente.
E che cadono petali di nulla tra le pietre lisce.
E che esserti lontano è tuffarsi a capofitto in un incendio per salvare un sogno.
E che l’autunno promette oro ma seppellisce i mari.
E che ingoio a vuoto quando perdo gli spazi tra le Parole.
Ascolto il disagio della rondine e del gabbiano.
Per avere ali ad uncino che strappano cieli.
Che appigliano nuvole e restituiscono neve ad agosto.
Cinque sensi. E cinque direzioni.
Per disegnare frecce e scordare i bersagli.
Per programmare traiettorie ed inventare tattiche e non azioni.
Perché tu sai. Sì, tu lo sai, che mi si rompono le ginocchia sotto i tuoi sguardi.
Che cado e bramo, e lecco resti.
Che imploro e impreco.
Che scalcio e incasso.
Che la cometa muove la coda.
Come una lucertola.
Senza poesia.



«Viaggi infiniti tra me stessa e il mondo. Restando immobile, muovendomi appena. Visioni rosse di parole in flussi. In una terra di sole, di realtà che ostacola e di fantasia che può tutto. Nella mia mano destra l’intera vita.»

Luciana Manco nasce nella provincia di Lecce nel 1981. Frequenta l’Istituto magistrale, sceglie poi di studiare Lettere Moderne, facoltà che abbandona poco dopo preferendo Servizio Sociale. Lavora come promoter, ma quando può scrive. Vincitrice, tra gli altri, del concorso Coriandoli 2006, organizzato da Fonopoli e la Fondazione Eni Enrico Mattei, per la giuria popolare.

Premio Fili di parole e altro…

Dopo il successo della Fiera Più Libri Più Liberi che ha significato anche
la possibilità di conoscere molti degli autori e dei lettori che ci
seguono e ci supportano, mi fa piacere comunicarle insieme agli auguri di
un Buon Natale e felice 2008, le ultime iniziative dell'anno.

Per chi scrive:

- Premio Fili di Parole, scadenza venerdì 21 dicembre 2007. In palio la
pubblicazione nelle nostre collane di poesia e narrativa. Montepremi: 600
euro. Bando completo su www.giulioperroneditore.it in home page

- Cerchiamo "Narratori nati negli anni'80" per un progetto letterario
unico che partirà da gennaio. Info a redazione@giulioperroneditore.it

foto e impressioni

della premiazione della rassegna letteraria in cammino con Gesù

lunedì 10 dicembre 2007

Concorso "Città di Sant'Anastasia" 15-2-08

VI EDIZIONE 2007/2008


Premessa

La Sesta Edizione del Concorso Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia” è promossa, sostenuta e organizzata direttamente dall’Associazione “INCONTRARCI” di Sant’Anastasia, essendo venuto a mancare il patrocinio economico dell’Amministrazione Comunale. L’Organizzazione, dopo vari ripensamenti e valutazioni ha ritenuto alla fine di dare continuità al Concorso stesso per contribuire, come nelle passate edizioni, alla diffusione della poesia sul territorio, premiando e gratificando non solo Poeti già affermati a livello nazionale, ma anche per incoraggiare e sostenere tangibilmente tutti coloro, specialmente le voci locali e i giovani esordienti, che si accingono ad iniziare un percorso culturale e poetico.
L’Organizzazione prende atto con rammarico dell’attuale indisponibilità da parte dell’Amministrazione Comunale di Sant’Anastasia a patrocinare e sostenere il progetto della sesta edizione, augurandosi che per le future edizioni ci possano essere di nuovo i requisiti per la diretta promozione e contribuzione economica del progetto.
Per questo motivo, l’Organizzazione ha dovuto rivedere alcuni punti del Regolamento, introducendo suo malgrado una quota di partecipazione, per quanto minima.
L’Organizzazione si augura che le adesioni a questa sesta edizione del concorso siano comunque numerose, fidando sulla serietà finora dimostrata, sull’imparzialità e competenza della Giuria, e naturalmente sulla comprensione dei Partecipanti.
Un vivo ringraziamento quindi a tutti coloro che vorranno ancora onorarci con la loro adesione. Buona partecipazione a tutti!
Regolamento

Art. 1 – L’Associazione “IncontrArci” di Sant’Anastasia (Napoli) indice e promuove la Sesta Edizione del Concorso Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia”, al quale potranno partecipare tutti i cittadini residenti in Italia o all’estero (purché l’elaborato sia in lingua italiana).

Art. 2 – Sono previste due sezioni:
• Sez. A – Elaborati in lingua italiana a tema libero, inediti e mai premiati, di massimo 50 versi ciascuno.
• Sez. B – Elaborati in lingua italiana o vernacolo napoletano, ispirati al tema: “L’ambiente e il territorio vessuviano”, inediti e mai premiati, di massimo 50 versi ciascuno.

Art. 3 – E’ possibile la partecipazione ad entrambe le sezioni con al massimo 2 (due) elaborati per ciascuna sezione, da presentare in 6 copie, di cui una soltanto dovrà riportare in calce: generalità complete dell’autore, data e luogo di nascita, recapiti telefonici ed eventuale indirizzo di posta elettronica, indicazione della sezione prescelta, dichiarazione di autenticità e dichiarazione che l’opera è inedita e non è mai stata premiata in altri concorsi alla data della presentazione. E’ gradito ma non necessario un breve curriculum letterario dell’autore.

Art. 4 – Si richiede un contributo di partecipazione di Euro 10,00 (Dieci/00), da versare su c.c.p. nr. 63401236 intestato all’Associazione “IncontrArci”, con causale: iscrizione concorso Città di Sant’Anastasia VI Edizione.
E’ possibile partecipare ad ambedue le sezioni del concorso versando un’unica quota di iscrizione.
Fotocopia del versamento dovrà necessariamente essere allegata agli elaborati.

Art. 5 – Il plico contenente gli elaborati e la ricevuta del versamento dovrà essere spedito al seguente indirizzo: SEGRETERIA DEL CONCORSO NAZIONALE DI POESIA “CITTA’ DI SANT’ANASTASIA”, CASELLA POSTALE APERTA, 80048 MADONNA DELL’ARCO (Napoli), entro il 15 febbraio 2008 (farà fede il timbro postale di partenza), od anche alla Sede del Circolo “IncontrArci”. Evitare le raccomandate.
E’ possibile, ma solo in casi eccezionali, l’invio per posta elettronica all’indirizzo info@circoloincontrarci.it. In questo caso il partecipante dovrà inviare in forma ben leggibile anche la fotocopia dell’avvenuto versamento.
Gli elaborati non saranno restituiti. L’Organizzazione non risponde di eventuali disguidi postali o mancati recapiti.

Art. 6 – Sono previsti i seguenti premi:
• Per la Sez. A: 1° premio Euro 500; 2° premio Euro 300; 3° premio Euro 200.
• Per la Sez. B: Targhe ai primi tre classificati.
Saranno inoltre conferiti altri riconoscimenti consistenti in manufatti in rame dell’artigianato locale, pubblicazioni e altro materiale offerto dall’Ente “Parco Nazionale del Vesuvio”.
Per la sez. A non saranno attribuiti premi ex–aequo.
Sarà estrapolata una graduatoria a parte per tutti i partecipanti giovani e ragazzi, e per i partecipanti locali, ai quali sarà conferito un particolare riconoscimento. Tali graduatorie non precludono il partecipante giovane o locale a poter eventualmente meritare i premi e i riconoscimenti previsti per le due sezioni principali A e B.

Art. 7 – E’ prevista l’eventuale stampa di un opuscolo con le poesie premiate e le motivazioni. Tale opuscolo sarà distribuito gratuitamente durante la cerimonia di premiazione.

Art. 8. – I nomi dei componenti della Commissione esaminatrice, il cui giudizio è insindacabile e inappellabile, verranno resi noti il giorno della premiazione, che si terrà in Sant'Anastasia in giorno e luogo da stabilirsi (fine marzo / primi di aprile 2008). Soltanto i premiati ed i segnalati saranno tempestivamente avvisati. Gli altri partecipanti potranno conoscere i risultati del concorso sul sito internet dell'Associazione “IncontrArci” e sugli altri siti letterari, oppure telefonando in Segreteria.
I premi dovranno essere ritirati direttamente dagli interessati. Soltanto in caso di seria e comprovata indisponibilità, è ammessa la delega per iscritto. In caso contrario, i premi non verranno consegnati né spediti.
Ai sensi dell'art. 10 della L. 675/96, si assicura che i dati personali relativi ai partecipanti saranno utilizzati unicamente ai fini del Concorso.

Per eventuali informazioni, è disponibile la Segreteria (Tel. 081.5301490) il martedì e il venerdì dalle ore 21.30 alle ore 23.00; e-mail: info@circoloincontrarci.it; gruppoletterario@circoloincontrarci.it; sito web: www.circoloincontrarci.it.

La Segreteria ringrazia tutti coloro che vorranno diffondere la notizia del presente Concorso di Poesia.
ALBO D’ORO

SEZ. A SEZ. B
I Ediz. 2002 C. Di Stefano Non assegnato
II Ediz. 2003 S. Cangiani G. Caso
III Ediz. 2004 A. Saveriano S. Cangiani
IV Ediz. 2005/06 G. Grieco V. Russo
V Ediz.. 2006/07 C. De Mola A. Saveriano

Invito a Trieste a gennaio 08

Carissimi,

Il 12 gennaio a Trieste ci sarà il III Trieste International Poetry
Slam (200 euro il premio; info@ammutinati.com ).

L'11 gennaio, probabilmente, ci saranno le selezioni del concorso.
L'Associazione "Gli Ammutinati" non può spesare nessuno tranne gli
autori stranieri (4/5) invitati per l'occasione. Tuttavia qualcuno
potrebbe essere interessato.

Per partecipare alla selezione che si terrà al Club Tetris (con cui
collaboriamo) di Via della Rotonda a Trieste (ore 21 di venerdì 11,
con tutta probabilità), bisogna spedire al max 4 testi a
info@ammutinati.com entro e non oltre e la data (infausta) di
mercoledì 19 dicembre, S. Fausta.

I testi vanno copiati direttamente sulla mail, e non in allegato che
se no ci vuole una vita ad aprirli! Va bene se spedite pure una breve
bio di max 5 righe e, per chi ce l'ha, un web link a pezzi sonori in
rete o un file audio leggero/compresso se allegato.

Per la selezione non ci sarà posto per tutti (pensiamo ad un max di
20-30 autori con 5-6 posti a disposizione per la finale di sabato).
Entro Natale verrà spedita una lettera privata agli autori scelti per
la selezione.

Siccome l'Associazione è costituita in massima parte da persone con
gravi disturbi psichici, si è pensato anche di ammettere alla
selezione dello slam chi spedirà le informazioni richieste tra le
23:57 e 30 secondi del 31 dicembre 2007 e le 00:02 e 30 secondi del 1
gennaio 2008.

Tranne gli stranieri invitati dall'Ass. Gli Ammutinati che
concorreranno con il testo in lingua originale e con la traduzione, e
che probabilmente saranno subissati in finale dall'italica poesia,
tutti gli altri autori si contenderanno la finale e il premio.

Quindi, se siete interessati... mandate la mail con tutte le info richieste a
info@ammutinati.com e fate promozione dell'evento copia_incollando
questa mail e spedendola ad altri poeti.

Buone feste,
Gli Ammutinati

Nel lurido cemento di provincia (Loris Ferri)

Poesia impegnata, quella di Loris Ferri, in sintonia, per quanto dotata di un animus proprio e di uno stile già bene identificabile, con quella di altri sodali della Gru, quali, ad esempio, Stefano Sanchini e Davide Nota. In Loris ci sembra più marcato l'uso di immagini evocative, a tratti pregne di echi classici sapientementi inseriti in contesti assolutamnete attuali: «sarò felice solo quando, / la Notte-Sorella / avrà l’eterno silenzio delle civette…», «pioggia. il folle ticchettio del cielo /
dalle grandi acque. sento l’aurora / invernale che appesantisce i cuori.»; «… è triste il passo / dei vetturini, che sconci vagano / per la falce paludosa dei vicoli.»
C'è anche in Loris un sarcasmo denunciante e un tono in qualche punto da invettiva, ma quando è venato da un tocco sopeso di pietas (virgiliana?) risulta particolarmente efficace: «dunque non avete mai visto, / piccole scene di vita quotidiana?» ci chiede il nostro proponendoci uno sguardo anche crudo della nostra realtà,«così io credo, miei cari, non abbiate mai sentito / l’urlo dell’Apocalisse umana, / questa luna oscurata, dalle dinamo ai nèon.»


Jesus Christ blues

Ehi! fratello, battezziamo le nostre anime
alla sporcizia! battezziamo le nostre orecchie
al canto funebre! Ehi, fratello del diverso
battezza le parole, sotto un’altra luce

così che la polvere sia lodata solo
dagli strozzini del verso…
……………………………………
……………………………………

faccia a faccia con la morte, fratello
battezza l’iride folgorante delle pupille
impoetiche, e come dono avrà luce
la qabbalah dei miserabili…

Io, sarò felice solo quando
questa voce e la voce dei vinti
zittirà in un sol colpo
lo squallido ronzio del macchinale…

sarò felice solo quando,
la Notte-Sorella
avrà l’eterno silenzio delle civette…

sarò felice solo quando,
anche tu lo sarai e così
viceversa, in eterno…

sarò felice solo quando,
il dèmone maestoso degli esuli
diventerà per tutti
un quadro di dolore e misericordia…



pioggia. Il folle ticchettio del cielo…

pioggia. il folle ticchettio del cielo
dalle grandi acque. sento l’aurora
invernale che appesantisce i cuori.
la riva delle cose, il rubinetto d’acqua

primordiale. di sera, è triste il passo
dei vetturini, che sconci vagano
per la falce paludosa dei vicoli.
sopra le teste, penzola grigio l’orizzonte

come un vuoto pendaglio e a nulla vale
affondare annoiati nell’eschimo
come cani infreddoliti. già le vene
possiedono, in corpo, tutto il gelo del mondo…

novembre. dentatura di cane, soffio del nord
polmone secco dell’anno! penso a me, a voi
alla nostra ironica similitudine; così come tutto è
in due parole: fumo e abbandono…




avete mai visto, miei cari, due piccoli corpi umani…


I

avete mai visto, mie cari, due piccoli corpi umani
a vederli così, due giunchi incurvati sulla tovaglia
uomini vecchi, a cui qualche dio maledetto
ha fatto posto, al pari di marionette sconce

su questo mondo, per seguire il tempo e la fatica;
allora! li avete mai visti starsene chini,
l’uno corroso dalla cecità, le mani tremanti
e vecchie rughe come solchi tra gli incavi della mano

e dita giallastre, usurate dal tabacco; l’altra
sacco di ossa e giunture, non più bella
neppure più donna, ma ossa-scheletro
in avanti, come spezzata la schiena dal peso

dell’era, e le orbite infossate e scure da piccola
cornacchia? li avete mai visti, in faccia alla Morte
vestiti di vecchie bluse di lino e ciabatte
ormai consunte, affannati e pietosi, stanchi

ancora più stanchi alla vita, starsene a scrutare
come ironiche talpe, sul piccolo tavolo di una cucina
nel tiepido calore di una casa vuota
strappare a fatica, l’eterno cartoccio delle bollette?

pittura di genere, signori, pittura
del genere umano…


II

dunque non avete mai visto,
piccole scene di vita quotidiana?
non avete mai visto, miei cari,
nei piccoli centri, fuori città, sulle campagne

i giocatori di carte e i bari, starsene intere giornate
nelle taverne, sotto luci bianche da obitorio?
l’oceano di vino e un mare di cenere, sbuffando
come pipe umane il fumo amarognolo, e fare segni

con gli occhi, al pari di maschere e i visi paonazzi
a giocarsi per un peccato di insana vita
per il più puerile dei piacere umani,
una parte insapore, di paradiso?

pittura di genere, signori, pittura
del genere umano…


III

avete mai visto, miei cari, ardere la notte
come un pugnale di piaceri furtivi,
e scovare tra gli avventori, una voce
inconfondibilmente caucasica, di donna

prostituta fra le sacre logge dei distributori?
le avete mai viste con i seni aperti, e piantate
come lance, lungo logore serpi di luci?
di un male che mortale infetta

su di un selciato, i fioriti occhi?
pittura di genere, signori, pittura
del genere umano… dove lo sdegno rifiuto non è
che l’assopito rimpianto del brivido…



IV

e la musica che dai corpi si eleva
o l’eresia, compagna di una vita,
ai soli che il tormento il sonno cessa
muove rotta, al firmamento delle vertebre…

così io credo, miei cari, non abbiate mai sentito
l’urlo dell’Apocalisse umana,
questa luna oscurata, dalle dinamo ai nèon
o la notte tiranna di indicibili sogni;

la grande e magnificente alienazione
dell’architettura cittadina, non più alberi
se non lezzo dai bidoni e semafori, lungo
la grande arteria di ciottoli che conduce

al luogo-inferno, al cuore prefabbricato
della periferia, tra due ali in fila di case
popolari, che l’occhio a perdersi vede
il suo destino solo, che annega nel grigio

cosicché terra e cielo portino
lo stesso segno appassito d’inverno,
lo stesso torbido segno
di grigiore umano!



V

non avete mai visto, miei cari, il vecchio teatro
l’opera in scena, il luogo dove ci disprezzereste
tutti, il piccolo parco, cuore dello spaccio
e il giovane steso in collasso, sulla panca di legno

umano eppure, immobile segretamente di marmo,
intirizzito, l’eroina sembra gli doni la stessa posa
del cristo, nella passione
di chi come dio, è un Angelos

solo, le braccia che accolgono il feretro
non hanno più nulla che si dica umano,
sono il gelido abbraccio dei chiodi
sfaldati in ruggine, che a fatica reggono

le stecche di una panca-tomba, alquanto inferma
sotto il sipario e le orbite di una notte nera…
pittura di genere, signori, pittura
del genere umano…


i ladri, i farabutti, i nuovi vegliardi…

i ladri, i farabutti, i nuovi vegliardi
non girano per strade vecchie, dissestate
a piedi, con le suole rotte e i nasi
gocciolanti, al gelo e ai nèon delle dinamo

di periferia o nel lurido cemento di provincia
non prendono la métro, non dormono
in tende ammuffite, non sbevazzano alcol
scadente, in bettole malfamate

non contrattano marijuana nei parchi
né si vendono l’anima di kashmir
per una birra all’angolo della strada,
non fanno la spesa nei supermercati

non fanno l’amore sino al midollo con la miseria,
piuttosto preferiscono daikiri, nelle lunghe
notti estive, hanno autisti imbellettati
per rotte panoramiche, non contrattano

l’illegalità nelle quattro mura di un prefabbricato
fuori porta, dove divampano oleosi odi
di provincia, ma giornalmente hanno resoconti
dettagliati sugli yatch lustrati, di panciuti banchieri

e starlette e false dive a zonzo in bikini East-Cost;
la legge li autorizza e loro autorizzano la legge
non dormono in dieci, nelle pieghe maleodoranti
di un seminterrato, piuttosto adorano

la propria superba singolarità; non invocano
con i loro santi, in giacca di corvo nera
le puttane all’amplesso sotto i cristalli
nudi del cielo, deliziose stelle piantate

a segno, nel costato nero della notte
ma giacciono, accomodati dal senso comune
senza contrattare, e attendono sotto le quattro
stelle, milioni di Suit-Hilton Yakuzi mondiali

dove ognuno di noi, ha sempre saputo
come ognuno ha sempre creduto di sapere…
i ladri, i farabutti, i nuovi vegliardi come i vecchi
presenziano ufficiali, ai gala di beneficenza

e tessono dai loro falsi occhi, occhi di blatta
lodi angeliche alla madonna; i ladri, i farabutti,
i nuovi vegliardi come i vecchi, sono
dèmoni neri furbescamente divini…


venne l’alba e poi a seguire venne…

venne l’alba e poi a seguire venne
un cielo nero, di corvo, un’ala che preme
la senti? – le strade, il petto, la pelle del mondo
e ritma il tempo oscuro delle vite…

città morfina, città di luci spente
venne l’alba e fu il cielo eroinico
memoriale triste sulla 5 Strada,
qui venne e si sdraiò più di una notte…

la busta l’ago le sigarette e il gin!
simile a un predatore falca maestosa
la notte dei miserabili e senza luogo;
la Notte-Morte, ha già scaldato il fiato…

la Notte-Morte, ha già sbocciato gigli!
la Notte-Morte si fa strada, sogghigna
e attende come le conviene!
il suo grande Sipario-Morte, è stato già tirato!

venne l’alba e poi a seguire venne
l’ala cupa di un cielo nero
come da giorni a quell’ora capitava;
venne e sembrava, portarsi dietro l’era…



Loris Ferri è nato a Fano (PU) e risiede dalla nascita a Pesaro. Suoi testi sono apparsi su riveste (n. 72 di «Tratti»; su «Argo, rivista di esplorazione») e varie antologie: Poet’Astri Theut 2004, nel volume L’arcano fascino dell’amore tradito omaggio a Dario Bellezza edito da Giulio Perrone nel 2006, in Logos edito anch’esso da Giulio Perrone nel 2006 e nell’antologia Poeti Italiani Underground, Il Saggiatore 2006. Un suo testo è apparso su: Il Segreto delle Fragole, poetico diario 2008 edito da Lietocolle. Fa parte della redazione del quadrimestrale di poesia e realtà La Gru. Nei primi mesi del 2008 andrà alle stampe il poema “Corrispondenze ai margini dell’Occidente“ scritto a quattro mani con il poeta Stefano Sanchini e sarà edito per la casa editrice Effigie con postfazione di Roberto Roversi.

Concorso Napoli cultural classic 15-2-08

CONCORSO indetto dall’Associazione NAPOLI CULTURAL CLASSIC
nell’ambito delle attività promosse per l’anno 2008

Art . 1– Sono previste le seguenti sezioni:
A POESIA Adulti POESIA Giovani (dai 18 ai 25 anni)
B NARRATIVA Adulti NARRATIVA Giovani (dai 18 ai 25 anni)
C POESIA Autori Stranieri
D Romanzo per RAGAZZI

A) Poesia a tema libero, inedita, in lingua italiana: presentare tre testi poetici che non superino la lunghezza di trenta versi, in cinque copie dattiloscritte, tutte anonime.
B) Racconto a tema libero, inedito, in lingua italiana: presentare un racconto che non superi le tre cartelle dattiloscritte (5400 battute) in cinque copie, tutte anonime.
C) Poesia a tema libero, inedita, in lingua straniera : presentare un testo poetico che non superi i trenta versi, in cinque copie dattiloscritte, tutte anonime e con traduzione.
D) Romanzo per ragazzi ( 11/14 anni) a tema libero, inedito, in lingua italiana : presentare un romanzo tra le 180000 e 220000 battute spazi inclusi, in triplice copia.

Art. 2- Agli elaborati vanno acclusi, in busta chiusa: generalità, ( per i Giovani dichiarazione relativa all’anno di nascita), indirizzo, numero di telefono, eventuale indirizzo e-mail e titolo delle opere inviate; floppy da 3,5 o dischetto con il file in formato WORD; la dichiarazione firmata di “produzione propria, inedita e mai premiata”;l’autorizzazione all’utilizzo delle opere in manifestazioni collaterali al concorso e alla pubblicazione sul sito Internet www.culturalclassic.it e sull’Antologia del premio senza avere nulla a pretendere come diritti d'autore dalla vendita dell’antologia i cui proventi saranno impiegati per l’organizzazione di eventi culturali. La proprietà letteraria rimarrà dell'autore che potrà utilizzarla in altre pubblicazioni. Saranno escluse le opere non corredate di quanto richiesto (il fac-simile può essere reperito presso il sito).

Art.3 La partecipazione è gratuita.

Art.4 Le opere dovranno pervenire entro il 15 febbraio 2008 (farà fede il timbro postale) alla Segreteria del Premio “Napoli Cultural Classic” c/o avv. Carmine Ardolino – Via II De Siervo , 3/A 80035 NOLA (NA). Sulla busta specificare la sezione

Art . 5 L’operato dei componenti le Commissioni esaminatrici, i cui nomi saranno resi noti nel corso della cerimonia di premiazione , è insindacabile ed inappellabile.

Art .6 PREMI: Per il primo classificato delle sezioni A , B, C è previsto un gettone di presenza. Ad ogni premiato: Targa personalizzata e copia dell’Antologia.
L’opera vincitrice della sezione D sarà premiata con la pubblicazione da parte della Casa Editrice Il Rubino. La Casa Editrice sarà libera di apportare all’ opera premiata le modifiche che si renderanno necessarie per esigenze editoriali essendo l’ opera destinata alla propaganda nella scuola secondaria di primo grado. Riceveranno proposta di pubblicazione anche gli autori le cui opere saranno segnalate dalla Giuria Il premio potrà non essere assegnato qualora nessuna delle opere partecipanti alla sezione D risultasse meritevole.

Art.7 Le opere premiate delle sezioni A, B, C ed una selezione delle opere pervenute saranno incluse in un’Antologia pubblicata da un Editore a spese dell’Associazione e distribuita a livello nazionale.Ogni Autore inserito riceverà una copia omaggio. Le opere inviate non saranno restituite.

Art.8 La cerimonia di premiazione si terrà indicativamente a fine maggio, presso la Reggia Orsini in Nola. Nulla sarà dovuto agli Autori premiati assenti.

Art.9 Informativa ai sensi della Legge 675/96 sulla Tutela dei dati personali. Il trattamento dei dati, di cui si garantisce la massima riservatezza, è effettuato esclusivamente ai fini inerenti il concorso cui si partecipa.

Art.10 La partecipazione al Concorso implica la completa e incondizionata accettazione di tutti gli articoli.

Per info: Anna Bruno 338 8021032
081 5316611

Presentazione poetica Perugia 11 dic

ricevo da Gabriella Bianchi questa locandina di una iniziativa letteraria presso la biblioteca “Sandro Penna”

Concorso "Città della Spezia" 15 feb 2008

È il bando del concorso letterario "Città della Spezia" giunto alla 32^
edizione, la cui scadenza è il 15 febbraio 2008: è disponibile nel sito
dell'associazione www.assnuovaspezia.org

e scarbicabile qui

Novità alla Camera Verde 13 dic

Roma, giovedì 13 dicembre 2007, dalle ore 20:00
presso il centro culturale LA CAMERA VERDE (via G. Miani 20)

Jeamel Flores-Haboud, PLEAMOR
15 poesie tradotte da Giuliano Mesa

collana Felix

+

"Omaggio ai Fiori del Male di Charles Baudelaire: 1857-2007"

Presentazione del libro

SPLEEN / macchinazione per fiori

di Marco Giovenale e Alfredo Anzellini

§

Jeamel Flores-Haboud, PLEAMOR

Quindici poesie tradotte dallo spagnolo da Giuliano Mesa. Collana Felix .

Jeamel Flores Haboud è nata a Lima (Perù) nel 1970. Ha pubblicato tre libri di poesia: Desde los oscuros rincones (Editorial Colmillo Blanco, Lima, 1995); Todo era lejos (PUCP, Lima, 2000) e Ariadna - Arianna (in edizione bilingue spagnolo-italiano, Instituto Italiano de Cultura, Lima, 2002). Alcuni testi di Pleamor sono apparsi sulla rivista «Fábula» (Estate 2006), sul sito http://gammm.org (febbraio 2007) e sulla rivista «La Camera Verde» (novembre 2007). Del saggio En la masmédula y la esencia de la palabra. Oliverio Girondo entre la realidad y el deseo, una parte è stata pubblicata nel 2007 come e-book da Biagio Cepollaro ( http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/E-book.htm) col titolo La ricerca dell'essere. "En la masmédula": temi etici tra Girondo e Lévinas . Il romanzo La rosa del virreinato è in corso di stampa presso Plural Editores, La Paz (Bolivia). Ha partecipato a incontri letterari internazionali. Suoi scritti sono apparsi su varie riviste e antologie in Perù e all'estero, tra le quali En tous lieux nulle part ici. Une anthologie (Le Bleu du Ciel, Paris, 2006).

"alla scrittura di Jeamel Flores-Haboud, ricca di invenzioni e neoformazioni verbali, di nodi di senso dati da un funambolismo felice del suono, nominante, non è affatto negata la strada del canto e della clarté amorosa, così come di certa durezza dichiarativa. sono anzi questi i suoi punti di forza" [m.g.]

§

Alfredo Anzellini e Marco Giovenale, SPLEEN / macchinazione per fiori

In occasione dei 150 anni dalla stampa dei Fiori del male, la Camera verde pubblica una serie di immagini di Alfredo Anzellini legate alle poesie; e un doppio testo di Marco Giovenale: la traduzione dei quattro Spleen + una sequenza di sought poems italiani 'inventati' a partire dalle Fleurs.


LA CAMERA VERDE
via G. Miani 20, Roma
tel. 340.5263877

Esiste il tempo a Macerata 12 dic


terminalcircoloarciterminal

Alessandro Seri

ESISTE IL TEMPO
un’ora di poesie lette come fossero un film

Claudia Piccininno flauto traverso
Alessandra Tamburrini pianoforte
Laura Tamburrini violino

MACERATA
MERCOLEDI 12 DICEMBRE 2007 ore 22,00

terminalcircoloarciterminal
via fonte maggiore 27 macerata

Ass. cult. "Licenze poetiche"
www.licenzepoetiche.it

Su L'azzurro del mare


Joker, Novi Ligure 2007, pp. 88, € 12,00

recensione di Mauro Ferrari

È una poesia di leggerezza, quella di Roberto Morpurgo; giustamente, nella densa e centratissima nota di prefazione, Sandro Montalto rende l'andamento di queste poesie – al contempo rapsodico e coeso, frammentato e unificato – tramite l'immagine del caleidoscopio. Sono testi composti di versi brevi e liberi, separati da ampie faglie di silenzio, rese più percepibili dalla non esatta corrispondenza tra verso e sintassi; l'Io di Morpurgo procede per annotazioni che si concentrano sui dettagli minuti che danno però il respiro dell'infinitamente grande. Il poeta, tentato dalla luminosità del mondo, è anche consapevole delle ombre e dei limiti, della percezione ma anche della razionalità del mondo; così nel paesaggio, cantato spesso come energia universale e afflato cosmico, si insinua e a volte prende il sopravvento la nota malinconica, l'emergere del sentimento del tempo. Ne è spia, del resto, il titolo ungarettiano di una sezione, Il dolore e paesaggi; e comunque lo attestano i rapidi ma non rari accenti personali, che piegano una poesia che potrebbe apparire, a una lettura di superficie, come tutta oggettiva e descrittiva: «Come un dio amaro / bevo le gocce / ultime / sospiro» (p. 68).

La tentazione del canto naturale, che se non contaminata si dispiegherebbe, semmai, in una musicalità più orchestrata anche sintatticamente, è quindi temprata dall'esperienza e, diremmo, dalla cultura, a ricostituire un dissidio Natura/Cultura che non ci sembra per nulla alieno dal pensiero del poeta milanese. Quella di Morpurgo è una poesia sia di vista che di visione, poggianti entrambe sulla capacità di concentrarsi su un dettaglio visuale sempre significativo: («Piano / stillava / acqua // da un suo / palmo / la mano», p. 5; oppure: «Alte // non / più / della terra // vecchia già / delle gialle // Le foglie verdi…», p. 13), e in quella percezione, che potrebbe apparire oggettiva e quindi esterna all’Io che sente, la sua poesia instilla un tremore e un dubbio grazie a una fibrillazione del significante che non di rado si allarga alla dimensione cosmica, e giunge al di là dell'esperienza sensibile: «Blu / erano i campi / / schiusi fra due / strade // impolverati e / bianche», p. 18.

Ci sembra infine che il merito più evidente di una poesia che affianca coraggiosamente, in piena autonomia espressiva il versante più filosofico di Morpurgo, autore anche di un recente e pregevole libro di aforismi (Pregiudizi sulla libertà, Joker 2007), sia quello di far percepire la dimensione più ampia in cui si agita e vide l’individuo; un atteggiamento che trapela a tratti, in affermazioni (anche qui latamente ungarettiane) come «Io sto su una gru / di ferraglie a guardare / campagne», p. 77.

venerdì 7 dicembre 2007

Premio Formica Nera 3 apr 08

Gruppo letterario Formica Nera - fondato nel 1946 - c.f. 92131540285
Segreteria: via Dignano 2/A - 35135 Padova - e-mail: formicanera@virgilio.it

Regolamento

1. Il Gruppo letterario Formica Nera promuove - con il patrocinio di Comune e Provincia - la trentottesima edizione del concorso di poesia aperto a tutti gli autori di lingua italiana. Sono esclusi i vincitori delle precedenti edizioni.

2. Si partecipa con una poesia inedita, a tema libero e senza limite di versi, da far pervenire entro e non oltre il 3 aprile 2008 in cinque copie - di cui soltanto una con nome cognome indirizzo e firma dell'autore - al segretario del concorso:
Luciano Nanni
Casella postale 814
35122 Padova.

3.Per spese organizzative si richiede un contributo - in misura libera - da inviare preferibilmente con gli elaborati.

4. Premi: al primo classificato 400 (quattrocento) euro, medaglia d'oro e pergamena. Ai segnalati medaglia d'oro e pergamena. Nel caso di assenza alla cerimonia di premiazione il primo classificato avrà diritto al titolo del Premio senza il corrispettivo in denaro. Per gli altri premi è ammessa la delega.

5. La giuria - il cui operato è insindacabile - sarà resa nota dopo l'assegnazione dei premi.

6. L'esito del concorso verrà diffuso attraverso i consueti mezzi di comunicazione e in internet - www.literary.it/premi. I finalisti riceveranno lettera personale. La premiazione è prevista per il 24 maggio 2008 nella Sala Rossini.

7. Gli elaborati non si restituiscono. La segreteria si riserva la facoltà di pubblicare le poesie finaliste.

8. La partecipazione al concorso implica la piena accettazione del presente regolamento. Per informazioni urgenti tel. 049-603474.

Informativa ai sensi del D. Lgs. n. 196/2003 sulla tutela dei dati personali: ai sensi dell'art. 13 "informativa resa al momento della raccolta dei dati" i dati personali saranno utilizzati esclusivamente per le iniziative promosse dal Gruppo e non verranno diffusi a terzi a qualsiasi titolo; i dati richiesti (nome, cognome e indirizzo) sono obbligatori; con l'invio dei suoi dati l'interessato ne autorizza l'uso e ai sensi dell'art. 7 "diritto di accesso" può richiederne la rettifica o la cancellazione rivolgendosi al segretario del concorso.
La precedente edizione è stata vinta da Gian Gabriele Benedetti.

giovedì 6 dicembre 2007

La poesia di Rivali tra materia e ambizioni metafisiche


recensione di Alessandro Zaccuri pubblicata su Avvenire del 6-12-07, SOCIETÀ E CULTURA, p. 32 (scarica pdf)



Due edizioni in poco più di due anni, con la più recente che accresce e integra l’iniziale. L’indizio, di per sé, potrebbe risultare trascurabile. Considerato che di poesia stiamo parlando, però, il modello che viene subito alla mente è quello di Walt Whitman e del grandioso laboratorio di Foglie d’erba, raccolta-poema continuamente ampliata e rimodulata alla luce di una sostanziale, originaria fedeltà di ispirazione. Una prospettiva che si trova intatta nella riproposta de La Riviera del sangue, il libro che nel 2005 ha segnato l’esordio di Alessandro Rivali, genovese, classe 1977, ormai da tempo attivo in una città vitale e contraddittoria come Milano. In un certo senso, già il titolo del volume può essere inteso come dichiarazione di poetica: una citazione dal XII canto dell’Inferno dantesco, a rivendicare una continuità di ricerca con l’officina della Commedia, il luogo in cui, all’interno della tradizione poetica italiana, afflato lirico e impeto epico concorrono a illuminare un’unica visione, spirituale e terrestre nel contempo. La poesia di Rivali, infatti, non si sottrae alla memoria e al tumulto della Storia, anzi - secondo un procedimento non ignoto allo stesso Whitman ­mira a inglobarne la drammaticità in un canto dalle dichiarate ambizione metafisiche. Indicativa, da questo punto di vista, la sezione posta sotto il sigillo di «Iohannes scriptor», la cui spinta apocalittica è sapientemente bilanciata dalla concretezza - anche toponomastica - delle composizioni che hanno come scena Milano, Genova, la Liguria dell’infanzia e della guerra, con una memorabile ouverture sui caduti della lotta partigiana («In principio era stata un’imboscata»). La dimensione del conflitto, del resto, svolge un ruolo del tutto centrale nell’architettura del libro, che nella sua prima formulazione culminava in «Otranto», quasi un poemetto a sé stante dedicato alla celebrazione degli ottocento martiri salentini decapitati dai turchi nel 1480. Ora, in perfetta continuità con quella struttura, le ultime pagine della Riviera del sangue sono occupate da «Persepoli», una sequenza che chiede di essere letta come anticipazione di un più vasto affresco storico-poetico sul tema della caduta di Bisanzio: «Si accalcavano nella turba / l’ordine dei fiumi / e i piedi disciolti di Babilonia, / chi disegnò draghi sullo smalto / e giardini sempre irrigati / e fughe di stanze senza fine / per una sposa sbiadita dal male». Una poesia che costeggia ed evoca la religiosità, conservandosi tuttavia ben lontana dalla declamazione retorica e preferendo, semmai, l’adozione di uno stile spirituale in virtù del quale ogni materia, non importa quanto profana, è restituita consacrata e redenta allo sguardo del lettore.

Alessandro Rivali
LA RIVIERA DEL SANGUE E NUOVE POESIE
Fara. Pagine 120. Euro 13,00